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“Birdman”: i premi Oscar premiano l’autocritica di Hollywood

“Birdman”: i premi Oscar premiano l’autocritica di Hollywood

Valutazione ✰✰✰✰ Il cinema spesso ci regala le migliori opere quando fa autocritica. Quando poi il cinema è quello hollywoodiano, il capolavoro è assicurato. Come non citare “Viale del tramonto” del regista Billy Wilder, ritratto noir di una diva del muto -interpratata in maniera straordinaria da Gloria Swanson– dimenticata dal jet set, oppure, in tempi

locandinapg1Valutazione ✰✰✰✰

Il cinema spesso ci regala le migliori opere quando fa autocritica. Quando poi il cinema è quello hollywoodiano, il capolavoro è assicurato. Come non citare “Viale del tramonto” del regista Billy Wilder, ritratto noir di una diva del muto -interpratata in maniera straordinaria da Gloria Swanson– dimenticata dal jet set, oppure, in tempi più recenti, “Maps to the stars” di David Cronenberg, dove il personaggio principale, Havana Segrand – un’impeccabile Julianne Moore, Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes e miglior attrice ai Premi Oscar 2015- è un’attrice ossessionata nel voler interpretare il ruolo che fu della madre nel remake di un grande film del passato.
Fresco di Oscar come miglior film, in “Birdman” il fantasma del passato di Riggan Thomson (Michael Keaton) è proprio il supereroe alato che ha interpretato regalandogli fama e celebrità, ma non l’apprezzamento della critica. “Lei non e’ un attore, e’ solo una celebrità” riferisce la critica teatrale Lindsay Duncan rivolta proprio a Riggan.
L’attore vuole fare il salto e scrollarsi l’immagine di celebrità superficiale da blockbuster, vuole interpretare, scrivere e dirigere una pièce teatrale nella già cinica ed elitaria Broadway. In tutto _AF_6405.CR2questo dovrà affrontare la sua vanità, il suo senso di inadeguatezza e la sua famiglia disastrata. Ad accompagnarlo in questa impresa un gruppo di attori che si preparano alla prima dello spettacolo,  ognuno portando sul palco il proprio vissuto e i propri problemi. Nel cast Zach Galifianakis interpreta il coraggioso Jake, il produttore, mentre Edward Norton dà vita, con talento puro, all’attore geniale ma inaffidabile Mike Shiner.
I personaggi femminili risultano positivi, spesso vittime dell’Ego di Riggan, come Laura, compagna dell’attore e interpretata da Andrea Riseborough (già splendida Wallis Simpson in “W.E.” di Madonna), l’ex moglie Sylvia (Amy Ryan), e la figlia trascurata e problematica Sam (una wykn4teocviobd9ylgbcbravissima Emma Stone). La lotta continua di Riggan è rivolta spesso contro i suoi fantasmi e alla sua paura di non contare nulla.
Il regista Alejandro González Iñárritu, con una regia superba e piani sequenza camuffati grazie alla maestria del montaggio di Douglas Crise, ha reso il tutto come un flusso narrativo unico, rispettoso della sequenza spazio-temporale.  Iñárritu tenta di distuggere il circo hollywoodiano tramite lo sguardo di quella Broadway tanto snob,  mescola la vita reale di un divo in decadimento con le allucinazioni della sua mente. L’assenza di pause nella narrazione tendono a cancellare ogni tipo di frenesia dal film, anche dalle sequenze più concitate. Tutto sembra scorrere via, lento e inesorabile, proprio come la carriera del protagonista.

Mirko Ghiani

[hitfix.com, primissima.it, mymovies.it]

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