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“Bypass”: al TFF32 l’opera seconda di Duane Hopkins

Valutazione ✰✰✰1/2 Scheda Un film di Duane Hopkins. Con George MacKay, Benjamin Dilloway, Charlotte Spencer, Donald Sumpter, Barry Ward, Chanel Cresswell, Felicity Gilbert, Matt Cross, Anton Saunders, Arabella Arnott, Barbara French, Lara Peake, Jason West, Alan Billingham. Musica: Danny Bensi, Saunder Jurriaans; Costumi: Gill Horn; Trucco e acconciature: Alessandro Bertolazzi, Marta Roggero; Genere Thriller, Gran Bretagna 2014. Trama Tim, giovane protagonista del film, appartiene alla classe proletaria inglese. Tim è un bravo ragazzo che deve occuparsi di tante, troppe questioni e trova i peggiori mezzi per farlo, anche diventare un piccolo ricettatore che vende oggetti rubati. Si occupa di tutto…

Valutazione ✰✰✰1/2

Scheda
Un film di Duane Hopkins. Con George MacKay, Benjamin Dilloway, Charlotte Spencer, Donald Sumpter, Barry Ward, Chanel Cresswell, Felicity Gilbert, Matt Cross, Anton Saunders, Arabella Arnott, Barbara French, Lara Peake, Jason West, Alan Billingham.
Musica: Danny Bensi, Saunder Jurriaans;
Costumi: Gill Horn;
Trucco e acconciature: Alessandro Bertolazzi, Marta Roggero;
Genere Thriller, Gran Bretagna 2014.

Trama
BypassTim, giovane protagonista del film, appartiene alla classe proletaria inglese. Tim è un bravo ragazzo che deve occuparsi di tante, troppe questioni e trova i peggiori mezzi per farlo, anche diventare un piccolo ricettatore che vende oggetti rubati. Si occupa di tutto pur di guadagnare, con una famiglia d’origine e un figlio in arrivo da mantenere. Tim è malato, ma non capisce quanto. La sua malattia peggiora quando aumentano le pressioni familiari, tra un fratello spesso in carcere e una sorella in piena crisi adolescenziale/esistenziale. La svolta arriva un giorno, quando si sveglia in un letto d’ospedale. È stanco e confuso, ma sta per nascere suo figlio: un momento di profonda incertezza, anche a causa di “visioni”, si mischia con una speranza. Una vita nuova per il riscatto sociale.

Recensione
bypass 3Duane Hop­kins, videoar­ti­sta e film-maker, punta di dia­mante della New Wave bri­tan­nica, porta al Torino Film Festival un’opera smaccatamente bressoniana, minimalista tanto da distaccarsi dalla narrazione e perdersi nell’estetica dell’immagine. Pur ricordando a tratti il realismo sociale di Gus Vant Sant, cerca consapevolmente di distaccarsene, spesso non riuscendo a ritrarre perfettamente i personaggi, abbozzati perlopiù, ma mai realmente a fuoco.
L’opera, già presentata al Festival di Venezia, scorre comunque in maniera piacevole, seppur con alcuni duanesilenzi forzati e dialoghi scarni. Gli attori si dedicano completamente al film e vengono ben diretti; molto suggestive le riprese di inseguimento, con la camera attac­cata alla spalla del pro­ta­go­ni­sta. Viene in questo modo catturata la natura fisica dell’azione, provocando nello spettatore la stessa pal­pi­ta­zione del pro­ta­go­ni­sta e del poli­ziotto.
Altro riferimento di Hopkins è indubbiamente la filmografia del regista inglese Steve McQueen, accomunati da un’estrema attenzione all’immagine, con primissimi piani e dettagli ingigantiti. Hopkins è un abile regista, capace di sfruttare perfettamente la fisicità e la bravura degli interpreti. Il suo occhio seziona il corpo degli attori in maniera spietata e il sonoro, insistente, ripetititvo e dilatato per tutto il film, sottolinea questa feticismo per i particolari. Purtroppo l’estrema attenzione all’estetica porta la narrazione in secondo piano; un esercizio di ottima forma che lascia perplessi sulla sostanza, scarna e a tratti superficiale.
Mirko Ghiani

[Fonti dell’immagini: casarotto.co.uk, paperstreet.it, ioncinema.com, gettyimages.com]

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