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Un “Don Carlo” a Parma realmente interessante…

Un “Don Carlo” a Parma realmente interessante…

Un’ultima recita che gli artisti non dimenticheranno per il Don Carlo di Verdi al Festival Verdi di Parma. Nonostante, infatti, la serata “nera” che mette a dura prova tutto il cast, a causa della defezione in scena di Vladimir Stoyanov (Rodrigo, immediatamente sostituito), e dell’indisposizione del protagonista, José Bros, che ha deciso di continuare comunque,

2528_doncarlo2016_jose-brosUn’ultima recita che gli artisti non dimenticheranno per il Don Carlo di Verdi al Festival Verdi di Parma. Nonostante, infatti, la serata “nera” che mette a dura prova tutto il cast, a causa della defezione in scena di Vladimir Stoyanov (Rodrigo, immediatamente sostituito), e dell’indisposizione del protagonista, José Bros, che ha deciso di continuare comunque, l’opera verdiana al Regio di Parma è stata molto ben accolta dai presenti, che hanno risposto con copiosi applausi all’imponente spettacolo.
Le scene firmate da Maurizio Balò, che cura anche i meravigliosi costumi, sono eleganti e asciutte allo stesso tempo, e si basano su agili movimenti di sfondi. Si fa ricorso anche ai video, nella 1389_doncarlo2016_jose-brosfattispecie a istantanee di cielo e alle fiamme in movimento, per dare dinamicità alla messa in scena. Una lapida commemorativa in marmo con la scritta dorata CARLOS V e una coccarda verde con le strisce dei colori spagnoli apre l’allestimento. Un battente entra in scena da destra mentre altri frati sono intenti a pulire. Piano piano si monta un’area sacra per ricordare il grande condottiero/sovrano, Carlo V appunto, grazie all’ausilio di due ginocchiatoi in marmo. Lo sfondo viene in seguito occupato da due mura di edera fitte e alte con un uscio da cui è visibile il cielo con le nuvole. Entra il paggio che si fa beffe delle addolorate presenti, tutte di nero, che, ad un certo punto, si emancipano dal loro incedere mesto e diventano vigorose e quasi sensuali.
0943_doncarlo2016_coro-del-teatro-regio-di-parma Nel secondo atto il fondo rimane lo stesso, ma, privato della scritta, è ornato da una finestra con una griglia romboidale. Poi la chiesa caratterizzata da un enorme crocifisso che termina con un grande sole. Una prigione stilizzata con maglie diseguali che, dopo la morte di Rodrigo, si dischiudono e lasciano il posto a tre bauli. Nel terzo atto una stanza con una scrivania in marmo e un candelabro con una candela rossa e una mappa in bassorilievo del mondo, per illustrare la grandezza del grande Carlo V. Quindi cinque ginocchiatoi in marmo, tre a sinistra e due a destra e il cielo che fa capolino. Si conclude, come all’inizio, con la lapide con la scritta CARLO V che si dischiude e salva Don Carlo, facendo scomparire.
2537_doncarlo2016_coro-del-teatro-regio-di-parmaLa regia è molto curata e richiedente agli attori che seguono le volontà di Cesare Lievi con dedita attenzione. Sicuramente grande il ricorso al simbolismo. Ad esempio, il secondo atto inizia con l’ingresso di personaggi mitici dai grandi becchi che si scambiano baci e che poi iniziano a dar vita a giochi d’ombra, a dimostrare che dietro quella che si percepisce come realtà si muovono strategie poco chiare oppure che sotto le apparenze si celano grandi passioni. La presenza del crocifisso col sole: sole e croce rappresentano il potere temporale e il cattolicesimo, e comunque il piegarsi del re nei confronti del papa, espressione sottolineata dall’ingresso poderoso dell’Inquisitore con un enorme 2695_doncarlo2016_ievgen-orlovcrocifisso che fa inginocchiare il sovrano, ricordandogli il potere di Dio e il fatto che è lui un mero esecutore della Sua volontà. In corteo Lievi fa sfilare un flagellato in croce, altri due pronti per la ghigliottina, un altro appeso a testa in giù e ancora un carro con legno e libri. La santa inquisizione che miete le sue vittime. E poi, in un suo ingresso, il re Filippo II si distacca da un mantello nero a manifestare a tutti la perversione del suo animo, pronto a sacrificare il figlio, e il video finale con le fiamme che indica sia la passione amorosa sia la flagellazione infernale per le colpe commesse. Il gioco delle spade rovesciate in legno del popolo che diventano croci a simboleggiare la loro2732_doncarlo2016_michele-pertusi ribellione all’oppressione, ma anche il loro ispirarsi al cattolicesimo, che viene sempre prima del potere temporale.
Lievi caratterizza inoltre l’allestimento da un assillante voyeurismo: molti guardano quanto occorre in scena da dietro le quinte, dal recinto di erba, da dietro un’uscita e dall’uscio di una porta. Un modo per esteriorizzare il dramma vissuto e per portarlo in modo più diretto al pubblico. Una maniera per stimolare maggiormente il processo di identificazione degli spettatori che attraverso quegli occhi entrano in scena.
Passando a un’analisi più tecnica, bisogna dire che l’attenzione posta alle diagonali di scena e alla gestione degli spazi è veramente impressionante. Molto delizioso il gioco tra Tebaldo e la principessa Eboli nel I atto. Lei lo avvolge con un drappo giallo e rosso con cui precedentemente lo aveva bendato. Ben costruita la chiosa del primo duetto fra Don Carlo ed Elisabetta: quest’ultima distesa sul marmo col corpo protratto verso d0701_doncarlo2016_marianne-cornettiestra, mentre il primo ai suoi piedi a sinistra, a bloccarla. Vorrebbe scappare, e nel riuscirvi cade a terra esausta: manifesta il suo dramma arrivando a somatizzarlo. Molto intenso l’inizio del terzo atto quando Filippo II è solo, seduto al tavolo e davanti a lui una sedia che occupa Elisabetta, frutto della sua immaginazione, che lo deride, lo schernisce con espressioni del volto chiare, e poi va via. Il personaggio esprime tutto il proprio dramma. È notte e la solitudine e i pensieri si fanno più ingombranti. La postura di chiusura e la fissità del corpo lo rendono quasi incatenato. Un dramma regale, contenuto, contrito: è chiuso in sé stesso e urla il suo dolore.
Ben resa la scena del pentimento di Eboli per aver tradito la sua regina e durante questa si graffia per ripudiare la sua bellezza che maledice. Molto intenso anche il definitivo addio di Elisabetta e Don Carlo: prima sono all’estremità della lapide – lei a destra in ginocchio e lui a sinistra in piedi -, e poi piano piano si avvicinano, mantenendo comunque una certa 0984_doncarlo2016_michele-pertusidistanza che solo alla fine superano unendo i palmi di una mano, in un tocco sensuale, ma assolutamente puro e consapevole dell’inesorabile e definitiva separazione.
Un altro elemento riconoscibile della regia di Lievi è la ricorsività che rende circolare e fluida la drammaturgia: l’abbraccio tra Carlo e Rodrigo sia nel I sia nel II atto e la triangolazione scenica ne sono esempi.
Molto intensa l’analisi psicologica dei personaggi. Il dramma della solitudine, di un’esistenza che non dà ciò che si vorrebbe. Tutti sono incastrati nel giogo di un destino crudele che oppone sempre le regole della vita pubblica a quelle del cuore. È evidente il lavoro fatto dal regista sui personaggi che interpretano intensamente un vissuto pesante e che riescono a restituirlo in modo impeccabile in scena.
2234_doncarlo2016_daniel-orenLa direzione dell’Orchestra del Teatro Regio di Parma è stata ineccepibile. Daniel Oren è stato trascinante, appassionato. La sua bacchetta era decisa e la comunicazione con i musicisti e con gli interpreti è stata completa e assertiva. Tutto il suo corpo trasmetteva l’anelito e il suo entusiasmo che raggiungeva con passione i suoi musicisti buoni esecutori della partitura, che hanno ben accentuato i chiaroscuri e colorato gli assoli e i momenti di maggiore intensità lirica.
Il Coro del Teatro Regio è stato sempre all’altezza del ruolo dimostrandosi compatto, forte e sostenendo con attenzione i solisti.
2528_doncarlo2016_jose-brosIl cast assolutamente valido. Tutti hanno interpretato, attraverso il corpo e la voce, lo spessore dell’opera verdiana, ricca di dettagli e contenuti avanguardistici per l’epoca in cui è stata scritta, ed espressione di un interesse forte del compositore verso il dramma e l’analisi profonda della psicologia dei personaggi.
Il tenore José Bros veste sapientemente i panni di Don Carlo. Interpreta con passione lo zelo del giovane, il suo o2382_doncarlo2016_michele-pertusipporsi alle ingiustizie, il credere nei valori, fra tutti l’amicizia, e l’amore nei confronti di Elisabetta. La sua voce luminosa, i buoni fiati, l’eccellente fraseggio gli permettono di onorare questo ruolo, e mettono in ombra la piccola variazione della partitura a cui è costretto alla fine del II atto.
Molto elegante e intimistica e, a tratti, austera la performance di Michele Pertusi, che raggiunge toni lirici drammatici di grande intensità nell’aria Dormirò solo nel manto mio regal dove esprime tutta la solitudine esisten2275_doncarlo2016_marianne-cornettiziale dell’uomo di potere che realizza che la donna che ama, rivolge verso altri i propri sentimenti.

Onora l’impervio ruolo della principessa Eboli Marianne Cornetti, sempre aggraziata nei virtuosismi e negli acuti, solenne vocalmente. Esprime tutto il dramma di una donna rifiutata che tradisce la sua regina come ultima ratio per avere colui che ama. Nell’aria O don fatale dà tutta se stessa, in un’esecuzione att2770_doncarlo2016_serena-farnocchiaenta e accorata. Forse l’unico suo limite è la mancanza di fluidità nei movimenti.
Intensa la prova di Serena Farnocchia che si distingue per una buona vocalità, agilità, notevole tecnica e grande disinvoltura attoriale.
Robusta e drammatica la vocalità di Gocha Abuladze che ben rende il personaggio di Rodrigo, sostituendo, a primo atto iniziato, Vladimir Stoyanov.
Da segnalare la profondità e la rotondità di Ievgen Orlov e Simon Lim, e in particolare il primo si distingue per volume e per la grande presenza di armonici; la morbidezza di Lavinia Bini; e la chiarezza di Marina Bucciarelli.
Completano il cast, caratterizzandosi da una buona prova, Gregory Bonfatti, Daniele Cusari, Andrea Goglio, Carlo Andrea Masciadri, Matteo Mazzoli, Alfredo Stefanelli e Alessandro Vandin.
In sintesi proprio un emozionante e ben realizzato allestimento.
Annunziato Gentiluomo

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