Siamo tornati a casa decisamente soddisfatti dopo la visione di Norma, il capolavoro di Vincenzo Bellini, al Teatro Regio di Torino mercoledì 23 marzo scorso nella penultima delle sei recite. Tale allestimento ha avuto la potenza di un viatico e ha saputo rendere in modo completo la drammaturgia dell’opera della Sacerdotessa dei Druidi. La regia di Lorenzo Amato, che ha potuto contare sulle meravigliose scene ideate da Ezio Frigerio, sui bei costumi di Franca Squarciapino, sull’eccellente direzione delle luci di Vincenzo Raponi e sugli azzeccatissimi video di Sergio Metalli, è stata molto curata, animata da un’idea chiara. Nulla è lasciato mai al caso e nulla ha reso difficoltosa l’esecuzione canora,…
Siamo tornati a casa decisamente soddisfatti dopo la visione di Norma, il capolavoro di Vincenzo Bellini, al Teatro Regio di Torino mercoledì 23 marzo scorso nella penultima delle sei recite. Tale allestimento ha avuto la potenza di un viatico e ha saputo rendere in modo completo la drammaturgia dell’opera della Sacerdotessa dei Druidi.
La regia di Lorenzo Amato, che ha potuto contare sulle meravigliose scene ideate da Ezio Frigerio, sui bei costumi di Franca Squarciapino, sull’eccellente direzione delle luci di Vincenzo Raponi e sugli azzeccatissimi video di Sergio Metalli, è stata molto curata, animata da un’idea chiara. Nulla è lasciato mai al caso e nulla ha reso difficoltosa l’esecuzione canora, anzi tanto i solisti quanto i coristi sono stati messi nelle condizioni sceniche per potersi esprimere al meglio. Nel
suo essere rispettoso del libretto di Felice Romani, Amato ha saputo apporre la sua firma con criterio e intelligenza, valorizzando l’elemento naturale – il bosco incantato -, la ritualità druidica e il mistero, e trasponendo il dramma in un contesto a temporale.
Una dei protagonisti della serata è stato indiscutibilmente il nocchiero dell’Orchestra e del Coro del Teatro Regio, Francesco Lanzillotta che ha accarezzato con precisione e dedizione la partitura belliniana. I suoi chiari-oscuri sono ipnotici, come i movimenti delle sue mani e della sua becchetta che volteggiava sicura nell’aria per poi fermarsi, puntando verso i solisti, creando un invisibile ponte tra la buca e i cantanti. Bastano i primi movimenti dell’overture “monumentale” e trascinante per cogliere il senso della sua direzione che ha saputo toccare l’anima dei presenti che sono stati avvolti
dalla musica e trascinati in uno spazio fuori dal tempo, ma ricco di intensità valoriale e forti emozioni. Abbiamo seguito con totale attenzione il suo procedere e abbiamo intravisto un “padre” che proietta verso l’immensità i suoi figli (i cantanti) assicurandogli comunque un morbido materasso su cui atterrare. Una cura così evidente nella direzione musicale è la prima volta che emerge così vistosamente
Nel complesso tutto il cast ha contribuito al successo della serata, ma il comparto femminile è stato sicuramente quello che tra tutti è stato balsamo per lo spirito dei presenti.
Il soprano Gilda Fiume ha reso con grande maestria e sicurezza il ruolo della sacerdotessa Norma, un personaggio complesso per una cantante tanto nelle declamazioni, quanto nelle linee di canto. Il
soprano, allieva della Devia, supera a pieni voti la prova e risponde alla chiamata del belcanto belliniano con grande raffinatezza, scegliendo lo stile della sospensione lirica e della limpidezza quando si approccia superbamente alla celeberrima Casta diva. Davanti a tanta maestosità, le perdoniamo se a volte è risultata poco energica scenicamente.
Il mezzo-soprano Annalisa Stroppa è stata un’Adalgisa completa in tutti i sensi. La voce ricca di armonici, ben proiettata, il bel timbro vocale, la valida tecnica, il suo totale calarsi nel ruolo e una verve scenica l’hanno reso radiosa, sempre precisa, pertinente e pronta.
Toccanti le pagine di insieme con Norma dove le due voci si amalgamano in modo perfetto.
Notevole anche la prova del basso Fabrizio Beggi nei panni del druido Oroveso. Una voce rotonda, pastosa capace di riempire la scena e rendere le profondità della partitura del suo ruolo con sicurezza. Il suo è un Oroveso guerriero-capo più che sacerdote e difende questa sua linea con personalità e competenza.
Nel complesso buona la performance del tenore Dmitry Korchak che ha ben vestito i panni del proconsole romano Pollione. Una voce sicuramente luminosa la sua e una tecnica evidente, ma le troppe spinte da tenore di fibra e forza hanno appesantito il suo incedere, rendendolo frastagliato e poco curante dei centri più scuri: è risultata la sua un’esecuzione pulita, ma non sempre armoniosa.
Regolari le prove di Joan Folqué (Flavio) e di Minji Kim (Clotilde): due belle voci.
Il Coro del Teatro Regio, istruito da Andrea Secchi, è stato all’altezza del ruolo fondamentale che ha nella partitura di Bellini, sostenendo i cantanti e riempendo sagacemente lo spazio musicale e quello scenico.
Quindi una Norma coinvolgente, raffinata e capace di emozionare. Uno spettacolo di grande valore!
Annunziato Gentiluomo