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Vittorio Prato al suo debutto al Teatro Regio di Torino

In una sorta di Prima della prima siamo riusciti a intercettare un baritono brillante che seguiamo dagli esordi della sua carriera e che sta portando la competenza italiana nei teatri di tutto il mondo, imponendosi per il magnifico timbro, per una naturale e sempre pertinente verve scenica e per un’eleganza non sempre scontata. Stiamo parlando di Vittorio Prato, leccese, specialista del repertorio belcantistico, protagonista di opere mozartiane, donizettiane e rossiniane e che sta sperimentandosi in ruoli verdiani e pucciani che sicuramente lo aspettano in un futuro determinato solo dall’evoluzione della sua voce. Siamo riusciti a sentirlo per due battute a…

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In una sorta di Prima della prima siamo riusciti a intercettare un baritono brillante che seguiamo dagli esordi della sua carriera e che sta portando la competenza italiana nei teatri di tutto il mondo, imponendosi per il magnifico timbro, per una naturale e sempre pertinente verve scenica e per un’eleganza non sempre scontata. Stiamo parlando di Vittorio Prato, leccese, specialista del repertorio belcantistico, protagonista di opere mozartiane, donizettiane e rossiniane e che sta sperimentandosi in ruoli verdiani e

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pucciani che sicuramente lo aspettano in un futuro determinato solo dall’evoluzione della sua voce.
Siamo riusciti a sentirlo per due battute a qualche ora dalla sua prima al Teatro Regio di Torino nel ruolo del conte Gil, marito di Susanna, interpretata dalla grande Anna Caterina Antonacci, ne Il segreto di Susanna di Ermanno Wolf-Ferrari in scena da stasera alle 20.00 fino al 27 maggio per cinque recite, con Diego Matheuz e Ludovic Lagarde, rispettivamente direttore dell’Orchestra del Teatro Regio e regista dell’allestimento.

Vittorio

Vittorio, una brillante carriera, la tua che noi seguiamo con grande interesse. Dal 13 gennaio 2015, data della nostra ultima intervista con te, quali sono stati i momenti più significativi e gli incontri più importanti che hanno caratterizzato questi tuoi tre anni?
È vero, già tre anni? Sembra ieri ma ho preso troppi aerei e treni che mi ricordano il contrario.
Questi sono gli anni in cui la voce del baritono matura molto e credo che tutti i semi piantati lentamente negli anni passati stiano portando buoni frutti. Ho continuato a cantare “Il barbiere di Siviglia” (Figaro), “La Cenerentola” (Dandini), “L’elisir d’amore” (Belcore) e Orfeo di Monteverdi ma nel contempo ho fatto il debutto in uno dei ruoli più interessanti per la mia corda: il Don Giovanni di Mozart!

Altro debutto importante è stato il ruolo di Marcello ne “La bohème”, una tra le mie opere preferite che dopo Messina ho portato a Santiago del Chile e a Losanna.

Ho ripreso “Le nozze di Figaro” (il Conte) e “Così fan tutte” (Guglielmo). Una grande sfida è stato il mio primo Verdi come Giorgio Germont ne “La traviata” in Giappone.

E poi la “Messa di Gloria” di Puccini a Bruxelles, i “Carmina Burana” di Orff a Bari e lo “Stabat Mater” di Szymanowski a Bologna.

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Però l’esperienza più emozionante è la registrazione del mio primo CD di belcanto con orchestra e coro, diretti dal Mº José Miguel Pérez-Sierra, specialista nel repertorio. Abbiamo selezionato delle arie varie e interessanti, alcune delle quali inedite e tutte eseguite filologicamente con cabaletta e variazioni. Sarà mio grande piacere riparlarvene dopo l’estate, per l’uscita ufficiale!

Aspettiamo il CD e certo che ne riparleremo. Continuando… finalmente a Torino, in uno degli enti lirici con la programmazione più ricercata d’Italia. Cosa significa per te debuttare nella capitale sabauda?
Ci tengo a dire che il teatro lo fanno le persone e appena arrivato qui sono stato accolto col sorriso: non do mai per scontato questo aspetto! Detto ciò, aspettavo da diversi anni di cantare al Regio di Torino e questa è la migliore occasione,

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con un eccellente direttore d’orchestra, quale Diego Matheuz.
Torino è una città charmante e ricca di cultura, il Teatro Regio è un tempio dal passato glorioso che non ha mai avuto paura di sperimentare. Mi auguro che continui su questa strada e che il pubblico consolidi l’affetto verso il suo teatro. Pensandoci bene… mi resta ancora da provare il famoso bicerin, credo che rimedierò presto!

Parliamo del tuo ruolo, il Conte Gil, di cui conosciamo le difficoltà tecniche e di tessitura richieste…
Mi diverte molto. Il ruolo del marito cornuto e geloso è un po’ un topos delle migliori commedie. Il carattere di Gil oscilla tra l’innamorato tenero, a tratti infantile, e il compare Alfio di “Cavalleria Rusticana”. Tutto è trattato con leggerezza, nonostante una scrittura orchestrale talvolta molto densa, che richiede una voce ben presente in acuto come nei gravi.
La forza di questa operina di Wolf-Ferrari consiste nel suo linguaggio cinematografico, un po’ antefatto della “Guerra dei Roses”, un po’ “Casa Vianello” di primo ‘900. A parte i grandi momenti di conflitto tra Gil e Susanna, in scena il momento più dolce rimane… l’assaggio della chantilly!

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Com’è stato lavorare al fianco di un riferimento dell’opera come Anna Caterina Antonacci?
Sono ormai un po’ di anni che portiamo in giro il dittico “Il Segreto di Susanna/La voix humaine” con un team formidabile, dal regista Ludovic Lagarde e la sua assistente Céline Gaudier, a Bruno Danjoux, l’attore-mimo che è il terzo personaggio dell’opera…
Con Anna Caterina c’è ottima complicità. Una volta le abbiamo fatto uno scherzo durante le prove: cercando per tutta la casa il suo amante “seduttore e fumatore”, mi trovavo un oggetto rosa tra le mani, tirato fuori da un enorme vaso. Non vi dico cos’è, un altro segreto di Susanna che scoprirete solo in teatro!

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Anna Caterina è una persona deliziosa, con la quale ho lavorato con immenso piacere fin dal primo incontro a Parigi nel 2013. La grandezza di un’artista si misura, oltre che dalla voce, anche e soprattutto dall’energia che riesce a esprimere quando riempie i silenzi. E lei è una vera artista.

Abbiamo letto con piacere il pezzo dei colleghi di OperaFashion, dove sei stato definito un “trendy baritone“. La tua bellezza e il tuo portamento sono evidenti e indiscutibili, ma non è scontato il potersi imporre sulla stampa in tal senso. Che ci dici al riguardo? E quanto, a tuo avviso, conta la bellezza a livello professionale per calcare i palcoscenici in particolare d’opera?
Mi hanno definito “trendy” e la cosa mi fa piacevolmente sorridere! Sebbene mi piaccia la modae vestire bene, non sono mai stato vittima della moda stessa. Anche io ho le giornate in cui voglio nascondermi perché mi sento brutto e non voglio apparire!

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Mentirei se dicessi che la bellezza non è un buon biglietto da visita. Al contempo può essere anche la più grande trappola, la prigione del talento, perché quando ci si affida soltanto ad essa si finisce per trascurare tutto il resto. Per fare una metafora, cosa sarebbe una bella cornice senza un quadro? qualcosa di fortemente incompleto. Al contrario, un bel quadro senza cornice resta un bel quadro comunque.
Quando si deve stare sul palcoscenico il valore artistico non si misura affatto con la bellezza esteriore. Un simpatico detto sintetizza tutto così: “è bello ma non balla”. E io preferisco ballare!

Cosa bolle in pentola per i tuoi prossimi impegni?
Torno in Francia con “Il barbiere di Siviglia” al Festival di Beaune, sarò Don Giovanni al NCPA di Pekino per un nuovo allestimento di Kokkos, ci sarà l’uscita del mio cd di belcanto e ancora un altro disco di arie da camera, e ancora il Conte d’Almaviva con la regia di Giorgio Ferrara al Coccia di Novara, oltre naturalmente a tante altre cose interessanti che non vi posso ancora anticipare…
Annunziato Gentiluomo

[Foto di Gianluca Simoni “Vittorio Prato per Missoni”]

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