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Vittorio Prato, un baritono brillante made in Italy

Vittorio Prato, un baritono brillante made in Italy

Oggi vi presentiamo Vittorio Prato che seguiamo dagli inizi della sua carriera. Reduce dalle esperienze della Betly di Donizetti a Bergamo e del Demofonte di Gluck a Vienna, si prepara ad altre avventure operistiche. Vittorio, leccese orgoglioso della sua terra, ha intrapreso gli studi musicali con Ivo Vinco, dopo essersi diplomato in pianoforte a Lecce e

_DSC3590-Modifier-1Oggi vi presentiamo Vittorio Prato che seguiamo dagli inizi della sua carriera. Reduce dalle esperienze della Betly di Donizetti a Bergamo e del Demofonte di Gluck a Vienna, si prepara ad altre avventure operistiche.

Vittorio, leccese orgoglioso della sua terra, ha intrapreso gli studi musicali con Ivo Vinco, dopo essersi diplomato in pianoforte a Lecce e in clavicembalo a Bologna. Ha proseguito gli studi con Dmitry Vdovin e attualmente studia con Sherman Lowe. Ha intrapreso una rapida carriera che lo ha condotto sui palcoscenici di prestigiosi teatri e sale da concerto.
Il suo repertorio comprende ruoli brillanti del bel canto italiano quali Figaro nel Barbiere di Siviglia, Belcore ne L’elisir d’amore, Malatesta nel Don Pasquale, Dandini nella Cenerentola, ruoli mozartiani quali Don Giovanni, il Conte nelle Nozze di Figaro e Guglielmo nel Così fan tutte e numerosi ruoli del repertorio barocco.
Ascoltiamo cosa ci racconta della sua esperienza nel magico mondo del bel canto…

Quando e come è nata la passione per la musica e per il canto?
Dico sempre che è stata la musica a rapirmi quando ero ancora piccolo. Dopo le ore mattutine passate nella scuola elementare, raggiungevo mio padre alla _DSC3355-Modifier-ModifierBiblioteca provinciale di Lecce e avevo la fortuna di trascorrere del tempo ascoltando i vinili di Beethoven o di Mendelssohn. Questo è stato il mio incontro con la musica classica. Durante le scuole medie andavo la sera con qualche compagno a sentire i concerti della stagione sinfonica leccese e le opere liriche al Teatro Politeama di Lecce. Poi sono arrivate le partecipazioni in un coro semi-professionale tra i sedici e i diciotto anni e i primi studi con un grande maestro di canto, Ivo Vinco.

Com’è stato l’incontro con un cantante del calibro di Pavarotti?
Del Maestro Pavarotti porto con me tanti ricordi. Il primo incontro è stato nella villa di Pesaro, durante l’estate del 2005. Mi ci portò un amico per farmi ascoltare da lui e, dato che gli ero piaciuto molto, volle darmi la possibilità di fare lezione gratuitamente, cosa che continuò regolarmente per due anni, sino alla sua triste scomparsa. Ricordo che aveva in mente di mettere in scena L’elisir d’amore in veste di regista e mi diceva sempre che avrebbe scelto me come Belcore. Ero prontissimo per quel debutto e ancora oggi sapere di avere avuto in quell’occasione tutto il suo sostegno mi rende molto felice quando canto nel ruolo del sergente.

Da più parti è definito un baritono brillante. Tecnicamente cosa significa?
Quando si parla della voce bisogna tenere presente innanzitutto che è un qualcosa in continua trasformazione, cambia con la nostra età, con lo studio e con la barbiere 0053maturazione.
I primi anni mi sono dedicato maggiormente al repertorio di Baritono chiaro o brillante, vocalità adatta ai virtuosismi del barocco e ai ruoli rossiniani di estrema agilità.
Adesso che la voce inizia ad avere una maggiore evoluzione e sicurezza, cosa che un baritono raggiunge dopo i trent’anni di età, posso affrontare anche i ruoli più lirici, appunto da Baritono lirico o cantabile, vale a dire il belcanto di Donizetti che insiste molto sul legato e richiede un colore più caldo e pastoso, come anche un certo Puccini. alcuni autori francesi di fine ‘800 o determinato repertorio del ‘900.
Sicuramente il passo successivo sarà tra diversi anni verso il Baritono verdiano o lirico-drammatico, facendomi l’augurio di cantare Macbeth o Trovatore!

A chi deve un grazie per essere il baritono che è oggi?
Potrei fare una lista enorme. In primis i miei genitori che mi hanno fatto studiare. Mi sento estremamente grato nei confronti di quei direttori artistici che hanno creduto in me e mi hanno fatto firmare i primi contratti. Quello è stato l’inizio di un sogno: fare della propria passione un lavoro.

C’è un teatro a cui è particolarmente legato? Perché?
L’Operà di Lyon è stato il primo teatro che mi ha accolto e mi ha continuato a invitare con una certa regolarità negli anni in cui muovevo i primi passi nell’opera. Credo che i francesi abbiano un modo tutto loro di trattare i cantanti lirici, con i guanti di velluto, mi verrebbe da dire. Quando ho lavorato a Lione, a Tolosa, a Parigi, a Bordeaux, a Dijon…infatti mi sono sempre sentito a casa. Il più bel ricordo che mi lega a Lione è l’Orfeo di Monteverdi, come protagonista, con la regia di Latella che mi ha insegnato molte cose.

La vita di un cantante d’opera è molto impegnativa. Le prove per un allestimento durano anche un mese, fatto che costringe l’artista a lunghi soggiorni lontano da casa. Come riesce a 555112_10200926014497963_783988682_nconciliare la sua vita professionale con quella personale/famigliare?
La solitudine è la mia migliore amica, lo è diventata per forza di cose. Mi piace stare con gli altri quanto mi piace stare da solo. È sempre strano sentire quei silenzi delle giornate, lontano da parenti e amici, in posti nuovi per lunghi periodi. Poi è vero che, rispetto al passato, ci sono diversi modi per stare più vicini a chi vogliamo: da internet ai telefoni, dalle mail agli sms. Quando si ha la fortuna di lavorare con colleghi simpatici, cosa che mi capita spesso, i giorni passano anche più volentieri! Qualora un domani non avessi più piacere e passione nel vagabondare da città a città, allora mi fermerò e rifletterò sul da farsi. Inutile dire che la vita del cantante lirico è fatta di tantissimi incontri e sono sicuro che essi siano tutti tenuti insieme da un unico filo, collegati perfettamente l’uno con l’altro.

I tagli al FUS e anche la mala gestione di alcuni enti culturali hanno generato una situazione di emergenza generalizzata che ha portato fra l’altro al licenziamento di tutti gli artisti – coro e orchestra – dell’Opera di Roma. Che idea si è fatta dell’accaduto?
1-INDES-GALANTES-127Sicuramente qualcosa deve categoricamente cambiare. Siamo al collasso nella gestione delle risorse culturali, ma non vedo la volontà di risanare. Mi sembra sia più diffuso il desiderio di distruggere quel patrimonio culturale che è la nostra identità. L’Italia non è la pizza, il mandolino e la mafia. Vorrei veramente che un domani un americano o un giapponese pensasse all’Italia come il Paese dell’Opera, della musica, dell’arte, del bello, del vivere bene, del turismo illuminato e anche della buona cucina, scontato dirlo.

Parlava prima di incontri… Quanto sono importanti le relazioni nel mondo della lirica? Vengono prima del talento?
Se per relazioni si intende il savoir faire, è meglio averne, come in ogni ambito professionale! Se il talento non c’è, si viene smascherati presto e il pubblico è il miglior giudice delle nostre performance.

Immagine 6La situazione della lirica fuori dai confini nazionali italiani pare essere diversa. Ci può spiegare in che termini facendoci qualche esempio?
Quello che noto quando vado in Germania o in Austria è che esiste una certa sacralità nell’andare a teatro, che avvicina l’opera a qualcosa di fondamentale per la crescita della persona. Nel contempo, andare a teatro è molto più frequente di quanto non sia in Italia, dove invece la lirica è considerata più un qualcosa per l’élite, per gli snob, per pochi…e pensare che nel 1800 era popolare quanto un concerto rock lo è oggi!
Prendendo esempio dai cugini che fanno opera oltralpe, dobbiamo evitare gli sperperi e gestire i soldi creando eventi che facciano del teatro il centro di attrazione di tanti altri eventi collegati ad esso. Questo porterebbe a riempire i teatri anche col flusso di turismo, ma non solo. Il teatro deve diventare la casa di tutti i cittadini. Bisogna aprire il sipario molto più spesso, magari anche con iniziative che non interessino solo l’opera e la musica classica.

Sappiamo che ha inciso da poco il Demofonte di Gluck, una rarità mai eseguita prima. Cosa ci può dire della sua esperienza e del mondo della 253754_10200926289024826_1416016591_ndiscografia?
Riscoprire un’opera e inciderla per la prima volta suscita sempre una certa emozione. È stato così per La Salustia di Pergolesi, come per I due Figaro di Carafa e per il Demofonte di Gluck. La discografia purtroppo sta attraversando un brutto momento e quindi incidere un disco non è cosa da poco. Il lato esaltante del potersi riascoltare è anche di dare un’ interpretazione personale che resti ai posteri e che resista alle sfide del tempo. Le incisioni che preferisco sono i “live”, perché l’artista si misura con le emozioni del momento senza nulla di artefatto. Purtroppo però negli ultimi anni sono usciti sul mercato sempre più dischi fatti in sala di registrazione, prodotti perfetti, di ottima qualità, ma spesso asettici. Questo modo di concepire l’arte ha cambiato il modo di rapportarsi del pubblico con l’opera; spesso è intento più a ricercare la perfezione delle note anziché il lato espressivo e la verità del canto che, a sua volta, si manifesta attraverso la gestualità.

osman1Se potesse duettare oggi con un soprano o un mezzo-soprano vivente, chi sceglierebbe, perché e in quale titolo?
Con Anna Caterina Antonacci ho già duettato a Parigi nel Segreto di Susanna di Wolf-Ferrari e ripeteremo questa bellissima esperienza a Liegi. La considero una grande artista perché sul palco ha la capacità di ipnotizzare il pubblico col suo canto. Come mezzo-soprano mi sarebbe piaciuto duettare con Elena Obratzsova, che purtroppo ci ha appena lasciati anche se un mito, e lei lo era, vive per sempre.

Se dovesse affiancare un baritono di tutti i tempi, chi sceglierebbe?
Leo Nucci, non ha bisogno di presentazioni! Un duetto virtuale invece lo farei volentieri con Carlo Tagliabue.

GFR_2528Come considera l’esperienza della Betly a Bergamo?
Cantare Donizetti è un privilegio. Poterlo fare nel Festival a lui dedicato è un’ulteriore fortuna. Farlo insieme a tante gente, artisti del coro, orchestrali, tutte le maestranze, sarte, macchinisti, attrezzisti, elettricisti, che nonostante gli sforzi di un momento poco florido ci mettono l’anima per compiere il rito del teatro, questo mi commuove e mi ha messo a mio agio nel cantare un’opera così interessante come la Betly.

Quali sono i subarbiereBARIoi prossimi impegni?
Imminente il debutto al Liceu di Barcellona in Una voce in off di Montsalvatge, scritta anche molto bene per il mio registro vocale. Tra gli altri voglio segnalare Elisir d’amore a Bologna, città nella quale vivo da tanti anni e che finalmente mi “ospita” nel suo teatro, Il segreto di Susanna a Liegi, Così fan tutte a Ginevra e il debutto a Santiago del Chile nel ruolo di Marcello in Bohème.

Il suo sogno nel cassetto a livello professionale…
Non ne ho. Rischio di ripetermi ma è un sogno già tutto quello che faccio.
Annunziato Gentiluomo

 

 

[Fonti delle immagini: Matilde Fassò ph e da teatri diversi, quali Bordeaux, Trieste, Bari, Toulouse, Parigi, Bergamo]

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