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Antonino Giacobbe, un interessante baritono calabrese

Antonino Giacobbe, un interessante baritono calabrese

Oggi i riflettori sono puntati su Antonino Giacobbe, giovane baritono che qualche giorno fa abbiamo apprezzato al Teatro Alfieri di Asti dove si è misurato col complesso ruolo di Giorgio Germont de La traviata di Verdi. Cosa sappiamo di lui? Antonino, dedicatosi con fervore allo studio della musica, del pianoforte, del canto e della lingua

Oggi i riflettori sono puntati su Antonino Giacobbe, giovane baritono che qualche giorno fa abbiamo apprezzato al Teatro Alfieri di Asti dove si è misurato col complesso ruolo di Giorgio Germont de La traviata di Verdi.

Cosa sappiamo di lui? Antonino, dedicatosi con fervore allo studio della musica, del pianoforte, del canto e della lingua francese, consegue la Laurea di IIº livello in Canto Lirico e la Laurea magistrale in Lingue per la Cooperazione Internazionale. Successivamente si specializza artisticamente attraverso numerose masterclass di artisti di fama internazionale (Salvatore Fisichella, Fiorenza Cedolins, Gabriella Ravazzi, Eva Mei, Federico Longhi, ecc.).
È protagonista di numerose vittorie in importanti concorsi lirici: il Concorso Lirico Internazionale “Fausto Ricci”, il Concorso Lirico Internazionale “Luigi Mancinelli”, il Concorso Lirico Internazionale “Giancarlo Aliverta”, il Concorso Lirico Internazionale “Scuola dell’Opera Italiana”.
Dal maggio 2022 si esibisce con assiduità in opere e concerti in numerosi teatri italiani e stranieri (Teatro Lirico di Cagliari, Teatro Verdi di Trieste, Teatro Marrucino di Chieti, Teatro del Giglio di Lucca, Teatro Comunale di Benevento, Teatro Greco di Taormina, Teatro Puccini Torre del Lago, Teatro Coliseu Porto Ageas, Teatro Mancinelli di Orvieto, Teatro Rendano di Cosenza, Teatro dell’Unione di Viterbo, Accademia Filarmonica di Torino, Teatro Ateneu Bacau, Amici del Loggione Teatro alla Scala, Oppède Festival, Théâtre Le Majestic, Teatro Olympia Valencia, Gran Teatro Falla Cadiz, Théâtre Jean- Dechamps Carcassone, Auditorium Heydar Aliyev Baku ecc.).
Ha collaborato con artisti di fama internazionale, direttori d’orchestra del calibro del Mº Ivan Fischer, Mº Alberto Veronesi, Mº Cyril Diederich, Mº Rico Saccani, Mº Francesco Ivan Ciampa, Mº Francesco Cilluffo, Mº Vittorio Parisi e famosi registi quali Grischa Asagaroff, Mario Pontiggia, Massimo Pizzi Gasparon, Pier Francesco Maestrini, Davide Garattini Raimondi, Fabio Ceresa.
Attraverso queste collaborazioni ha debuttato i seguenti ruoli: Don Giovanni (Don Giovanni, Mozart), Figaro (Il Barbiere di Siviglia, G. Rossini), Germont (La Traviata, G. Verdi), Belcore (L’elisir d’amore, G.Donizetti), Guglielmo (Così fan tutte, Mozart), Marcello, Schaunard, Benoit, Alcindoro (La Bohème, G.Puccini), Baritone Solo (Requiem, J.Brahms), Le Dancaire (Carmen), Sagrestano (Tosca, G.Puccini), Betto di Signa (Gianni Schicchi, G. Puccini), Masetto (Don Giovanni), Dositèo, l’Oracolo (Nerone, A.Boito), Un Mandarino (Turandot, G. Puccini).

Un curriculum di tutto rispetto, diremmo.

Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo e quanto proposto è quello che ci ha raccontato…

Antonino, quando hai capito che avresti voluto cantare? 

Mi è capitato spesso di rispondere a questa domanda. Con convinzione posso dire di non averne memoria, ho avuto sempre questo istinto da bambino. Mi è stato raccontato successivamente anche dai miei genitori di avere sempre avuto questa innata passione, ed attraverso essa ho sempre più conosciuto generi musicali fino ad innamorarmi del modo affascinante con cui l’opera racconta i sentimenti umani.

Credo che un giovane calabrese, se vuole “arrivare” nel mondo della lirica, non abbia vita facile per la situazione socio-culturale della regione. Pensando alla tua esperienza, cosa riferisci al riguardo?

Certamente gli investimenti sulla cultura musicale che si possono sostenere in Calabria sono molto inferiori rispetto ad altre regioni d’Italia, perciò occorre una sfrenata fiducia in sé stessi e una voglia di mettersi in gioco, azzarderei dire raddoppiata rispetto alla media. Per fortuna ho amato e amo molto viaggiare, il più delle volte in auto: dunque ho attraversato molte volte in lungo e largo la penisola per lezioni/masterclass e concorsi di canto, così da potermi proporre nei contesti che potessero aprirmi a un felice futuro artistico. I miei sono stati sempre sostenitivi e hanno sempre creduto in me, aspetto non trascurabile.

Maria Teresa Leva, Oreste Cosimo, Raffaella Lupinacci, Chiara e Aurora Tirotta, Raffaele Facciola’… grandi artisti calabresi che ho il piacere di conoscere e stimare. Oggi alla lista si aggiunge il tuo nome. Cosa è significato per te, da  calabrese, portare la tua terra su un palco d’opera e qual è il valore aggiunto della calabresità?

Tutti grandi artisti che conosco molto bene, con qualcuno di loro ho già avuto modo di lavorare recentemente: indi per cui grazie ad associarmi a loro, grazie di questa attestazione di profonda stima . Certamente per me è un grande orgoglio essere arrivato a cantare in tutte le regioni d’Italia in così poco tempo, porto con me tutti i valori con cui sono cresciuto: umiltà e senso del sacrificio su tutti.                               

A 34 anni ti seguiamo trotterellare per l’Italia. Ora a Trieste per cosa?

Il 2024 è stato un anno molto intenso e anche quello appena iniziato mi sta già dando soddisfazioni, quest’allestimento de “La traviata” mi ha regalato tante emozioni, mentre tra qualche giorno inizierò un’importante produzione di “Gianni Schicchi” al Teatro Verdi di Trieste; per tutto il mese di febbraio e fino ai primi di marzo avrò il grande privilegio di essere diretto dal Mº Ivan Ciampa. 

Parliamo del tuo repertorio. Quali sono i tuoi cavalli da battaglia, i ruoli che ti sono comodi e le grandi sfide per cui ti stai preparando? 

La grande sfida è sempre quella successiva, ogni giorno un cantante lirico si prende cura del proprio strumento, sperando di aggiungere un ulteriore elemento, una sfumatura in più. Nella mia breve carriera ho debuttato sedici ruoli, e posso dire di averli amati tutti, forse vorrei porre sul gradino più alto il bohémien Marcello, il Figaro rossiniano e il Belcore de “L’elisir d’amore”. 

Come hai potuto leggere, abbiamo molto apprezzato il tuo Giorgio Germont. Affiancare Desirée Rancatore, una diva di grande esperienza, misurarti con uno dei personaggi verdiani più complessi per il tuo registro vocale ed essere consci di poche prove… come sei riuscito a gestire tutto questo? E alla fine ne sei uscito soddisfatto?

“La traviata” è un capolavoro sconfinato del gran Maestro Verdi, in aggiunta condividere venti minuti di duetto con un “animale” da palcoscenico come Desirée mi ha stimolato tantissimo, mi ha esposto alla possibilità di essere eclissato, ne ero ben cosciente, ma fin da subito ho goduto della sua arte e mi son lasciato influenzare positivamente. Germont è un personaggio complesso, richiede tanto lavoro introspettivo e di fantasia, nel mio caso si addizionava la distanza sia anagrafica sia esperienziale (il non essere padre). Nonostante tutto il risultato è stato ottimo, attestato sia dal calore del pubblico in sala sia dai Suoi apprezzamenti letti nella recensione che mi ripagano del lavoro svolto, e di essermi confrontato con una sfida sì ardua. 

Oltre alla tua caparbietà e alla tua disciplina, a chi devi ringraziare per i tuoi successi? 

La serenità di aver potuto studiare la devo alla mia famiglia, senza loro nulla sarebbe stato possibile, come detto prima. Non finirò mai di ringraziarli. Quando sono sul palcoscenico è come se cantassi sempre anche un po’ per loro, come segno di estrema riconoscenza. 

Un cantante d’opera impara studiando e impara facendo… e non smettere mai. Quanto è vera questa affermazione e perché?

Si dice “il vero maestro è il palcoscenico”, poiché lì misuriamo il nostro peso artistico. Si può studiare per anni solamente la tecnica del canto e poi ritrovarsi sprovvisti di quella calma interiore ed esperienza per sapersi proporre in modo idoneo al pubblico e alle decine di pressioni cui siamo sottoposti! La tecnica deve essere salda, ovviamente, ma anche le opportunità devono essere offerte a un giovane per poter imparare a gestire le emozioni, affinché poi sia in grado di regalarle. Ecco che lo studio si rinnova e si possono effettuare dei piccoli upgrade. Non a caso Beniamino Gigli non ha mai smesso di studiare. 

Quello sulla voce, oltre ad essere un lavoro artistico di fino, è soprattutto un lavoro su di sé… Cosa sta cambiando dentro di te da quando hai fatto la scelta di cantare professionalmente? 

Ottima domanda, ma non mi stupisce dati i Suoi interessi e le Sue competenze! Questa professione ti deforma, eccome! Lo nota chi mi è sempre stato vicino. La grande musica che ho la fortuna di interpretare parla di sentimenti puri e in modo autentico. Questo significa affinare man mano anche la sensibilità del nostro animo. Ciascun compositore riesce a regalare una nuova sensazione che può portare a un ulteriore arricchimento. Un altro aspetto “deformante” è che quando hai la fortuna di lavorare con forte passione rimani volentieri a lavoro, come un bambino col proprio giocattolo. Perciò le mie abitudini sono cambiate, il tempo libero si è ridotto notevolmente. Nonostante ciò cerco sempre di lasciar vive altre passioni, è giusto che sia così e mi impegno per fare tutto ciò con un certo equilibrio.  

Una specialistica in lingue… un possibile paracadute o soprattutto un modo per espandere la tua cultura e la conoscenza delle lingue?

Inizialmente ha rappresentato l’apertura di “un’altra strada”, un paracadute se vogliamo. I diversi anni di studio, tra conservatorio e università, certamente hanno sottratto del tempo e delle opportunità di farsi conoscere con più celerità. Ciò non toglie che così facendo ho avuto modo di arricchire il mio bagaglio culturale e arrivare più consapevole al momento in cui si è palesata la giusta occasione.

Per cosa oggi ti dai una bella pacca sulla spalla e cosa auguri a te stesso per il prossimo futuro?

Per la mia positiva testardaggine, per i sacrifici e le rinunce per un risultato che non puoi vedere nell’immediato, per il fatto di aver avuto una buona dose di maturità in un’età non proprio indicata, per cui risulterebbe più facile percorrere una via che maggiormente rassicuri. Per il futuro, in virtù di quanto espresso, mi auguro di poter avere l’opportunità di continuare a esprimermi artisticamente: la musica mi rende vivo, è energia pura.

Grazie di avermi voluto incalzare, è stato un piacere!

Grazie a te e buona fortuna! Sarà un piacere riascoltarti.

Annunziato Gentiluomo

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