Oggi i nostri riflettori sono puntati su Gianluca Margheri, recentemente applauditissimo Belcore nell’allestimento de L’elisir d’amore a Dublino. Basso-baritono fiorentino ha debuttato nel 2004 come Demetrius nel Midsummer Night’s Dream di Britten e si è poi specializzato nel repertorio belcantista e mozartiano. Nel 2009 ha vinto il Concorso Internazionale Toti Dal Monte, debuttando come Villotto
Oggi i nostri riflettori sono puntati su Gianluca Margheri, recentemente applauditissimo Belcore nell’allestimento de L’elisir d’amore a Dublino. Basso-baritono fiorentino ha debuttato nel 2004 come Demetrius nel Midsummer Night’s Dream di Britten e si è poi specializzato nel repertorio belcantista e mozartiano. Nel 2009 ha vinto il Concorso Internazionale Toti Dal Monte, debuttando come Villotto nella Vera Costanza di Haydn al Teatro Real di Madrid. Ha lavorato con direttori e registi come Mehta, Conlon, Vick, López-Cobos, Carsen, Pizzi, Dantone e Petrou. Tra i suoi ruoli principali: Bajazet (Vivaldi), Don Giovanni, Guglielmo (Così fan tutte) , Figaro e il Conte (Le Nozze di Figaro), Raimondo (Lucia), Talbot (Maria Stuarda), Escamillo (Carmen), Banco (Macbeth), Lord Sidney (Viaggio a Reims) e il protagonista della Pietra del Paragone. Si è esibito al Liceu di Barcellona, Royal Opera House, Rossini Opera Festival, Opera di Firenze, Opera di Roma. Tra i recenti e futuri impegni: Don Basilio a Montréal, Belcore con l’Irish National Opera, Attila a İzmir, Semele a Lübeck, Leucippo (Zelmira) al ROF e Alidoro (Cenerentola) al Teatro San Carlo di Napoli.


Una carriera intensa, Maestro, ricca di tappe importanti. Ci racconta i momenti in cui si è sentito davvero nel posto giusto al momento giusto?
Sicuramente quando ho partecipato e vinto il Concorso Toti Dal Monte di Treviso. Anche se avevo già debuttato da qualche anno, la mia carriera è partita davvero da lì. È stato il momento in cui ho capito che stavo imboccando la strada giusta.


Quanto conta, e perché, un insegnante per un cantante lirico?
È fondamentale, soprattutto nei primi anni, per costruire le basi solide della tecnica vocale e per imparare lo stile. L’insegnante è come un orecchio esterno a cui fare riferimento, una guida preziosa che ti aiuta a non perdere la bussola.


Affinché si compia la magia del teatro operistico, quali sono le condizioni che, secondo lei, devono verificarsi?
La sinergia totale fra musica, testo e allestimento. E, ovviamente, l’affiatamento del cast fa una grande differenza: più ci si diverte e più c’è armonia fra i solisti, più si crea qualcosa di bello e indimenticabile.

Un bass-baritono toscano o italiano?
Fiorentino, direi! Amo profondamente la mia città e le mie origini.


Maestro, quali sono i ruoli che non si stanca mai di interpretare e perché?
Sicuramente i grandi ruoli mozartiani come Don Giovanni e il Conte delle Nozze di Figaro. Anche se il mio repertorio sta un po’ cambiando negli ultimi anni, sono ruoli che non vorrò mai abbandonare: musicalmente e teatralmente offrono sempre nuove sfumature da esplorare.

Come si sviluppa la competenza scenica per un cantante lirico?
Credo che alla base di ogni buon attore-cantante ci sia una predisposizione naturale al gesto scenico. Poi, certo, con l’esperienza e il lavoro con bravi registi si può crescere, maturare e raggiungere traguardi sempre più importanti. Ma se non hai quella dote innata, è davvero difficile diventare un grande attore sul palcoscenico.


Ogni teatro trasuda della propria storia. Ce n’è uno in cui si sente particolarmente a casa? E perché?
Ci sono molti teatri a cui sono legato, specialmente perché mi ricordano importanti debutti. Ma l’Opera di Firenze ha un valore affettivo particolare: da studente ci andavo a vedere tutte le produzioni, e oggi poter guardare la sala dal palcoscenico è una sensazione unica.

Non si può celare che sia uno dei più bei cantanti italiani del momento, con fascino latino, sex-appeal effervescente e un corpo scultoreo che espone sempre con grande eleganza. Quanto la sua presenza scenica incide sui suoi ingaggi?
Grazie! In realtà mi piace tenere le due dimensioni ben separate. L’amore per lo sport, il benessere e la cura del mio corpo sono momenti dedicati a me stesso, nella mia vita privata, di cui non riesco a fare a meno ogni giorno. È chiaro, però, che questa condizione fisica si riflette anche sulla mia attività di attore e sulla credibilità scenica. Ricordo, ad esempio, quando cantai Rodelinda di Händel al Liceu di Barcellona. Nella versione originale il mio personaggio avrebbe dovuto essere un uomo anziano, goffo e claudicante. Ma quando il regista Claus Guth mi vide, decise di riscrivere completamente la drammaturgia per creare un personaggio più adatto alla mia fisicità. Allo stesso modo, quando mi viene chiesto di cantare a petto nudo, ho sempre un confronto con il regista per capire se abbia davvero senso scenico e drammaturgico. Non accetterei mai di spogliarmi in scena se fosse una scelta gratuita o di cattivo gusto. Anche perché, onestamente, cantare senza camicia non è poi così comodissimo!
Quanto conta, per lei, la cura della propria immagine sui social?
Oggi i social sono uno strumento importante, anche per chi lavora nello spettacolo. Per me rappresentano soprattutto un hobby e un passatempo piacevole, ma anche un’occasione per costruire un rapporto diretto e autentico con chi segue il mio lavoro e ama scoprire il dietro le quinte della creazione di uno spettacolo. È vero che piattaforme come Instagram danno molta importanza all’estetica, e chi decide di utilizzarle deve conoscerne e rispettarne le regole. Credo però che sia importante mostrarsi in modo sincero e coerente con la propria personalità, senza avere timore di condividere anche il proprio lato più artistico o, perché no, un pizzico di sana vanità. L’importante è farlo sempre con rispetto, misura e consapevolezza.
Registra fenomeni di omofobia nel mondo dell’opera, o pensa che nell’arte questa delicata questione sia più sfumata?
Per fortuna non mi è mai capitato di assistere a episodi spiacevoli in questo senso. Quello che però noto spesso, soprattutto nei commenti sui social, è una certa intolleranza verso gli allestimenti moderni. L’arte è sempre stata uno specchio e, a volte, una denuncia della società. Trovo giusto che anche il teatro d’opera si adatti ai nuovi codici del presente. Giudicare tutto con un metro antico e difendere le proprie tesi con rabbia verso qualsiasi cosa si discosti dalla tradizione mi sembra davvero limitante.

Può darci qualche anticipazione sui suoi prossimi impegni?
Al momento sto lavorando alla Zelmira di Rossini al Rossini Opera Festival. Poi avrò delle riprese di Attila di Verdi, un importante debutto in Maometto Secondo di Rossini, e interpreterò Alidoro nella Cenerentola al Teatro San Carlo di Napoli.
Annunziato Gentiluomo



















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