L’appuntamento operistico di giovedì 17 luglio, al Rendano Arena #Restartlivefest, sezione estiva della Rassegna L’Altro Teatro, a Cosenza, ha presentato dei limiti evidenti, nonostante la risposta del pubblico sia stata nel complesso positiva. Fermo restando che sia apprezzabile e lodevole l’iniziativa che ha portato nella città calabrese nel 2023 La traviata di Giuseppe Verdi, nel
L’appuntamento operistico di giovedì 17 luglio, al Rendano Arena #Restartlivefest, sezione estiva della Rassegna L’Altro Teatro, a Cosenza, ha presentato dei limiti evidenti, nonostante la risposta del pubblico sia stata nel complesso positiva. Fermo restando che sia apprezzabile e lodevole l’iniziativa che ha portato nella città calabrese nel 2023 La traviata di Giuseppe Verdi, nel 2024 Tosca di Giacomo Puccini e quest’anno Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, reputiamo sia indispensabile curare maggiormente la scelta dei solisti, parsa, in particolare quest’anno, alquanto discutibile.


Partendo dal positivo che chiaramente c’è stato, è doveroso annoverare l’assetto musicale. Infatti, spicca l’Orchestra Sinfonica Brutia che ha dato prova di grande compostezza e precisione. La direzione magistrale e decisa del Maestro Nicola Marasco, sempre attento al rapporto tra la buca e i solisti, ha valorizzato la partitura rossiniana, colorandola a dovere. Anche il Coro Lirico Francesco Cilea, istruito dal Maestro Bruno Tirotta, si è dimostrato all’altezza, offrendo un contributo scenico assolutamente significativo e una qualità vocale di tutto rispetto.


La regia di Luigi Travaglio è stata assolutamente tradizionale, anche se si è permesso di giocare in modo personale con le luci, enfatizzando così dal punto di vista emotivo l’allestimento, avvalendosi su dei costumi pertinenti e ben distintivi. Ha saputo ben giocare con lo spazio, distribuito su due livelli, con delle scene semplici e funzionali: nonostante la limitatezza del palcoscenico, è riuscito a far posto anche al corpo di ballo che ha arricchito l’allestimento con dinamicità e ha riprodotto nel II atto la pioggia in modo assolutamente divertente. Da rilevare inoltre alcuni riferimenti locali di Don Bartolo – la tipica esclamazione “focu meu”, la proposta di cantare la Calabrisella e l’incipit di Italia di Mino Reitano -, che hanno immerso nella terra calabrese l’allestimento, e l’uso suggestivo del coro. Assolutamente nella parte di Ambrogio l’attore e mimo Antonio Chiriaco, dalla carica espressiva e dalla mimica veramente particolari. Si tratta di un’altra innovazione molto apprezzabile. Simpatico lo scambio del peluche di Minnie, a evidenziare la bizzarria presente in scena.


Del cast, la parte più carente dello spettacolo anche se tutti si sono distinti per un buon fraseggio, abbiamo realmente apprezzato solo Domenico Colaianni che ha vestito in modo impeccabile i panni di Don Bartolo. Verve scenica eccellente, esperienza, espressività, spigliatezza, naturalità, ottima tecnica vocale, lama argentea e buona proiezione di voce lo confermano la star della serata. Molto ben eseguito A un dottor della mia sorte in cui emerge l’intensa attorialità di Colaianni.


Buona pure la prova di Arturo Espinosa nel ruolo di Don Basilio: grazie alla sua voce pastosa e rotonda, e a un piglio buffo divertente e trasognato, riesce a distinguersi fra i suoi compagni di viaggio. La sua versione de La calunnia è un venticello è piacevole: abbiamo apprezzato la modulazione dal sussurrato al crescendo.


Marta Pluda, a nostra avviso, ha una vocalità troppo scura per il personaggio di Rosina. Infatti non rimane impressa la celeberrima cavatina Una voce poco fa che fugge rapida nonostante i trilli, gli arpeggi, gli ornamenti e le note molto acute che sono resi, in modo soddisfacente, dalla Pluda, dotata di un’interessante personalità scenica.


Pedro Carrillo non offre un’interpretazione di Figaro musicalmente stimolante. Nonostante una buona mimica e una valida presenza scenica, dal punto di vista vocale la sua prova non risulta convincente. La sua voce manca dello squillo che Rossini prevede per il ruolo e, a volte, pare appoggiarsi troppo nel registro centrale, rendendo la sua esecuzione poco dinamica. Il suo Largo al factotum non ha avuto lo smalto che gli si conviene.


È Víctor Jiménez Moral il vero neo dell’allestimento. Il suo Conte d’Almaviva vocalmente è privo dei virtuosismi e delle tensioni emotive del personaggio. Soprattutto negli acuti sono parsi raffazzonati e poco stabili. La partitura prevede caratteristiche belcantistiche lontane da quelle del tenore spagnolo. Soprattutto nel primo atto, dove il personaggio multiforme è molto presente, la sua prova è stata molto carente.


Musicali risultano Silia Valente e Francesco Laino, rispettivamente Berta e Fiorello/Un ufficiale: buono il loro apporto all’opera e in particolare Laino si caratterizza per una rotondità vocale più che dignitosa e per una brillante verve scenica.


Nel complesso dunque uno spettacolo sul quale la direzione artistica avrebbe dovuto operare con maggiore acume. Sarà stato un problema di budget? Ci sono tenori, mezzo-soprani e baritoni calabresi e siciliani che in questi ruoli avrebbero fatto la differenza. In tal caso uno sguardo più locale sarebbe potuto risultare vincente, al di là del blasonare la presenza di un cast internazionale.
Annunziato Gentiluomo

















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