728 x 90

Manuel Amati un tenore italo-pugliese

Manuel Amati un tenore italo-pugliese

Oggi i nostri riflettori sono puntati su Manuel Amati recentemente un pregevole Conte d’Almaviva nell’allestimento de Il barbiere di Siviglia a Savona per la regia di Renato Bonajuto. Manuel Amati è un tenore italiano nato a Martina Franca nel 1996. Si è diplomato al Liceo Musicale “Archita” di Taranto e ha approfondito lo stile e

Oggi i nostri riflettori sono puntati su Manuel Amati recentemente un pregevole Conte d’Almaviva nell’allestimento de Il barbiere di Siviglia a Savona per la regia di Renato Bonajuto.

Manuel Amati è un tenore italiano nato a Martina Franca nel 1996. Si è diplomato al Liceo Musicale “Archita” di Taranto e ha approfondito lo stile e il repertorio con vari maestri. Nel 2018 è stato ammesso all’Accademia Rossiniana di Pesaro e ha debuttato al Rossini Opera Festival. Ha frequentato l’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino e si è esibito in tournée in Italia e all’estero. È particolarmente versato nel repertorio rossiniano e ha interpretato ruoli in opere, come Il barbiere di Siviglia, La Cenerentola e Il turco in Italia. Ha cantato in teatri prestigiosi come il Teatro alla Scala di Milano e il Teatro La Fenice di Venezia. Ha preso parte a festival come il Festival della Valle d’Itria e il Rossini Opera Festival. La sua carriera è caratterizzata da una grande varietà di ruoli e collaborazioni con direttori d’orchestra e registi di fama internazionale

Una carriera, Maestro, che si sta dipanando davanti ai suoi occhi, nonostante la giovane età. Quali sono stati i momenti dove si è sentito nel posto giusto al momento giusto?
Nella carriera di un cantante lirico raramente il momento giusto del debutto di un ruolo e la sua effettiva realizzazione combaciano, ma sicuramente nel mio percorso artistico il posto giusto al momento giusto si è concretizzato con il mio debutto presso il Teatro alla Scala. Il 22 febbraio del 2020 ho avuto la fortuna e sfortuna di debuttare il giorno precedente la storica chiusura dei teatri a causa della pandemia da Covid-19.
La notte di quel debutto tanto importante, e anche tanto atteso per la mia carriera e la mia sfera emotiva personale, è coincisa con un momento storico in cui si è aperta una delle crisi mondiali più grandi degli ultimi decenni, e la chiusura della Scala, il giorno dopo quella performance, la mia unica recita prima della pandemia, ha sublimato quel momento, lo ha incastonato nella memoria dei ricordi e reso sicuramente un unicum nel mio percorso come artista.

Quanto conta e perché un insegnante per un cantante lirico?
Un insegnante, ma soprattutto quella che mi piace definire una guida artistica, è una figura centrale e fondamentale nel percorso di un qualsiasi cantante lirico. Una guida artistica deve essere un punto di riferimento, sia da un punto di vista tecnico-interpretativo sia da un punto di vista pedagogico-professionale; una figura che sappia incarnare lo spirito pratico dell’arte del canto, ma che abbia anche la capacità di supportare il proprio allievo nella sua evoluzione, fornendo tutti gli strumenti necessari per introdurre un giovane artista nel mondo del lavoro. Penso che il maestro debba oltretutto essere una guida anche nella scelta del repertorio e dei vari debutti, e che debba avere la lucidità mentale di consigliare, anche dopo diversi anni di carriera, il proprio discente affinché quest’ultimo faccia le proprie scelte in maniera oculata e meditata.

Affinché si compia la magia del teatro operistico in un allestimento, quali sono le condizioni che, a Suo avviso, devono verificarsi?
Una produzione operistica è caratterizzata da diverse variabili; tra queste le scelte del cast, scenografia, regia e direzione musicale. Secondo la mia opinione, un allestimento di qualità si viene a creare nel momento in cui le risorse umane in campo riescono a trovare la massima sinergia. Il teatro è un luogo fatto da tante teste, e quindi da tante idee e pensieri: la magia del teatro si realizza nel momento in cui si riesce ad avere una visione comune.
La difficoltà più importante in una produzione è sicuramente questa: che tutta la squadra artistica riesca a sposare ogni idea del direttore e del regista. Il centro della riuscita di un lavoro di pregio nasce dall’humus ideale che viene fuori e si fa forma, fatta di suoni e movimenti scenici coordinati, in cui tutti riescono a fare musica e teatro insieme.

Un tenore pugliese o italiano?
Nella mia carriera ho sempre teso a rimarcare la mia duplice natura italo-pugliese. Il regionalismo artistico mi appartiene sotto vari punti di vista: il mio legame con il Festival della Valle d’Itria Martina Franca, dal quale ho mosso i primi passi; l’amore e la passione per la scuola napoletana che ha visto vari protagonisti della storia operistica italiana nascere e muovere i primi passi proprio in Puglia; il legame con Tito Schipa come mio modello assoluto di eleganza e raffinatezza vocale.
Sono un cantante lirico italiano e amo portare la mia italianità (espressione di amore per la parola), la musicalità (quella che Wagner criticava tanto a Rossini) e la scuola vocale del nostro Paese (oggi patrimonio dell’umanità). Tuttavia cerco sempre di mettere in risalto, nel mio piccolo, gli insegnamenti della commedia napoletana – e di tutto il Sud Italia – e di convesso dell’opera comica del ‘700, frutto delle influenze datemi dal mio essere nato in una parte specifica dell’estremo Sud italiano.

Parlando della sua vocalità, notiamo un’agilità naturale e una comodità nel registro molto acuto che la porta al repertorio belcantista più puro. Trova sia un pregio o un limite?
La vocalità di un artista è un processo evolutivo e mai conchiuso o definito una volta per tutte nel tempo.
Parlando del mio caso specifico, oggi il canto d’agilità e il repertorio belcantista rappresentano il centro focale del mio canto nell’hic et nunc; cerco sempre di rispettare le mie caratteristiche senza mai abbandonare, oltre i dovuti rischi, il mio repertorio. Penso che il rispetto di se stessi debba essere alla base di una qualsiasi carriera, un rispetto che deve mettere in luce un aspetto: ci vuole umiltà verso il proprio corpo. Generalmente pensiamo di poter dominare con la mente qualsiasi cosa, ma il nostro organismo ha regole e tempi tutti suoi e noi, come artisti, abbiamo il dovere di rispettare quello che si è e i tempi che il nostro strumento ci richiede. In termini personali, per rispondere alla sua domanda, non trovo difetti a quello che può essere oggi la mia voce: semplicemente devo rispettare il corso degli eventi della mia crescita vocale cercando di valorizzare al massimo le caratteristiche positive che in questo momento il mio corpo può fornirmi.

Quali sono i ruoli che non si stanca mai di interpretare e perché?
Tra i ruoli che amo cantare e di cui non potrei mai stancarmi ci sono sicuramente Il Conte d’Almaviva de Il barbiere di Siviglia di Rossini in ambito operistico e il Requiem di Mozart in ambito sacro. Almaviva è un ruolo camaleontico, in continua evoluzione nel corso dell’opera; lo stimolo a vestire nuovi travestimenti e quindi a mettere in scena una sorta di teatro nel teatro ante-litteram, in cui si perde la sottile linea tra finzione e realtà, è alla base del mio amore smisurato per questo ruolo. Rossini mette alla dura prova il tenore in questa parte perché sembra modificare la scrittura vocale in base ai vari travestimenti che il Conte adotta: uno stile fiorito per lo studente, uno più declamato per il soldato, uno più pleonastico e pedante per il maestro di musica per poi tornare a uno stile belcantista nel momento dell’anagnorisis come Conte d’Almaviva. Ogni adattamento vocale comporta una cura delle diverse sfaccettature del ruolo e questo comporta un’attenzione particolare e una continua ricerca verso un ideale di perfezione. Il Requiem di Mozart, invece, rappresenta per me la vicinanza con il Bello inteso come ideale massimo, e quindi poter prendere parte all’interpretazione di questo capolavoro è un piacere per lo spirito, come musicista e come umano.

Come si sviluppa la competenza scenica per un cantante lirico?
Relativamente a questo argomento, penso che siamo in un momento storico di grande cambiamento e riflessione. Personalmente penso che, a prescindere dagli allestimenti scenici moderni, che richiedono certamente un coinvolgimento fisico maggiore per gli interpreti, il cantante lirico odierno debba avere una formazione eterogenea a livello scenico, ovvero avere il più possibile contatto con il teatro di prosa, il musical e le varie forme d’arte in cui il coinvolgimento del corpo sia al centro dell’attenzione di questi campi di interesse. Deve avere una coscienza del proprio corpo, un’attitudine fisica al palcoscenico ed essere capace atleticamente di fare movimenti anche non consoni al canone della postura diritta. Sono sempre a favore di un canto che rispetti il controllo della propria fisicità e il giusto equilibrio fisiologico per poter cantare nella maniera più attenta, tuttavia questo non deve precludere una certa pigrizia all’atto scenico. Il canto e la recitazione sono due facce della stessa medaglia: bisogna imparare a dosare l’una e l’altra affinché il risultato finale sia nel rispetto sia del canto sia del teatro.

Ogni teatro trasuda di storia. Ce n’è uno in cui si sente a casa? E se sì, perché?
Il mio amore per il teatro mi ha portato, nel corso degli anni, a calcare teatri importanti, come il Teatro alla Scala o il Teatro Petruzzelli, e il piacere di venire a contatto, nelle ore di prove, col luccichio dei palchetti mi ha portato ad amare ogni tipo di teatro, perché ogni struttura, a modo suo, può essere casa per un artista. Tuttavia non ho l’ardire di sentire un qualsivoglia teatro come casa, piuttosto sento che ogni struttura teatrale abbia una sua dimensione sacrale e rituale da rispettare con reverenza, ma anche distanza, ed è per questo che mi piace associare il teatro più a un tempio o una chiesa che a una casa, perché il tempio è di tutti e non appartiene a nessuno. Il tempio della lirica che ha scolpito un ricordo indelebile in me è sicuramente il Teatro La Fenice di Venezia, l’odore del palco, i vari dipinti, ma anche la storia di morte e rinascita che contraddistingue questo luogo hanno esercitato su di me sempre un fascino particolare, perché alla fine il teatro è il non-luogo che nasce dal nulla e crea un mondo di immagini e suoni.

A Sua percezione, quanto è importante oggi la presenza e la cura della propria immagine sui social?
I social network sono lo specchio della nostra contemporaneità ed estraniarsi da essi sarebbe antistorico e controproducente. Il nostro è un mestiere di cui l’immagine è parte integrante, quindi l’uso delle varie piattaforme online rientra nelle mansioni da svolgere in funzione della nostra attività come professionisti e artisti. Personalmente penso che, come dicevano i latini in medio stat virtus: in tutte le cose serve moderazione, un uso corretto e mai ossessivo dei vari strumenti.

Può darci qualche anticipazioni rispetto ai Suoi impegni?
Tra gli impegni futuri sicuramente una delle sfide più interessanti è l’Anzilia di Pacini che dovrò interpretare il prossimo agosto per il Belcanto Ritrovato di Fano. Una partitura complessa e ardita. Ma sicuramente da ricordare è il ritorno al ruolo di Almaviva per il 2026 a Madgeburg e Antequera.

Annunziato Gentiluomo

Posts Carousel

Leave a Comment

Your email address will not be published. Required fields are marked with *

Latest Posts

Top Authors

Most Commented

Featured Videos