Per una situazione fortuita, si è avuta la possibilità di vedere sia il primo cast sia il secondo cast dell’allestimento de L’elisir d’amore al Teatro Regio di Torino, firmato da Daniele Menghini in coproduzione con il Teatro Regio di Parma. Ciò è stato un bene giacché, in tal modo, si è potuta osservare e poi apprezzare l’immensa struttura
Per una situazione fortuita, si è avuta la possibilità di vedere sia il primo cast sia il secondo cast dell’allestimento de L’elisir d’amore al Teatro Regio di Torino, firmato da Daniele Menghini in coproduzione con il Teatro Regio di Parma.


Ciò è stato un bene giacché, in tal modo, si è potuta osservare e poi apprezzare l’immensa struttura che ha caratterizzato tale versione del melodramma giocoso di Donizetti. Quella di Menghini si rivela un’intenzione registica chiara fin dalle prime battute, un’impostazione che dall’inizio alla fine ha offerto un’interpretazione dell’opera originale, con una fedeltà maniacale al libretto, espressione della quale si distinguono, a mo’ di esempio, la rappresentazione del fiume semplificata, ma efficace (in Chiedi al rio), al ricorso al notaio attraverso un burattino, la testa che si perde e si stacca durante la frantumazione del pinocchio al centro della scena. Un’apparente caos della moltitudine che porta all’ordine del lieto fine, si potrebbe sintetizzare. Dalla pressione dei condizionamenti sociali alla libertà di espressione. Sicuramente centrale risulta essere il personaggio di Nemorino e la sua evoluzione, con un l’affrancarsi da ogni possibile giogo, cinematograficamente presentato durante la celeberrima Una furtiva lagrima. Nemorino è un po’ Mangiafuoco, che muove la fila, e un po’ Pinocchio, vittima della sua condizione e soprattutto subalterno, in quanto innamorato non ricambiato, di Adina. Caratteristica di quest’allestimento è anche la fantasmagorica figura di Dulcamara che, a tratti, pare il deus ex-machina delle vicende: curatissimo il lavoro sul personaggio. Inoltre le magnifiche e mobili scene di Davide Signorini sono costellate da simboli, fra cui il cuore appesa a ricordarci che il motore di tutto è sempre l’amore, protagonista assoluta dell’opera, le nuvole che ricordano Magritte, e una stravagante Fata Turchina che ci riporta al celeberrimo romanzo di Collodi. Doveroso segnalare i pertinenti e accurati costumi di Nika Campisi, anche se forse si sarebbero dovuti scegliere dei colori più accesi e distintivi per Adina che, a volte, richiedeva uno sforzo visivo per essere vista; e una magnifica opera di disegno luci di Gianni Bertoli, capace di riempire, dare sfumature e creare sempre il mood più appropriato. Notevoli la direzione coreografica di Andrea Dionisi e la gestione da parte di Augusto Grilli di trenta burattini e marionette.


Il maestro Fabrizio Maria Carminati gestisce con vivacità e passione l’Orchestra del Teatro Regio, che grazie alla sua bacchetta offre il meglio di sé. La sua lettura della partitura è attenta, ricca di dinamismi, espressiva, elegante, e capace di valorizzare e sostenere i solisti e il Coro del Teatro Regio, istruito da Ulisse Trabacchin, che ha dato prova di coesione, compattezza, valida presenza scenica e assoluta dedizione. Ottima la prova al fortepiano, per i recitativi, di Paolo Grosa, che richiamano tanta la musica colta, quanto la colonna sonora de Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini.
Entrambi i cast assolutamente all’altezza del proprio ruolo e capaci di trascinare il pubblico nella storia di questo giorno pieno d’amore e speranza, tra equivoci e peripezie.


Plauso indiscusso agli uomini.
René Barbera interpreta, con un’intimismo particolarissimo, il personaggio di Nemorino, rendendolo sognante con dei filati delicatissimi. La sua è una lama luminosa, perfettamente idonea a questo ruolo, e lo stile esecutivo è aggraziato percepibile in toto in Adina, credimi, da cui emerge tutto il sentimentalismo del tenore, dotato di ottimo fraseggio e solida tecnica. Più strutturato e terreno è il Nemorino di Valerio Borgioni che vive la partitura con una pathos più marcato. La sua lama è argentea ed è dotato di un imponente squillo. Non sempre domina il suo strumento, ma la sua esecuzione di Una furtiva lagrima è stata vibrante, emozionante e piena della più corretta intenzione sentimentale. Davanti a un dono del genere, gli si perdona tutto.


Paolo Bordogna, veste magistralmente i panni di Dulcamara: è un ruolo che conosce, che domina, che caratterizza con un verve scenica e con un’espressività veramente impressionanti. Colpiscono la sua energia che riempie la scena e il suo fraseggio impeccabile. Non è da meno Simone Alberghini che veste i panni di Dulcamara in modo scenicamente più contenuto, ma comunque non privo di dinamismo. La sua vocalità, il suo timbro, la sua lama e il suo fraseggio gli permettono di risolvere brillantemente il personaggio e strappare al pubblico qualche sana risata.


Tanto Davide Luciano quanto Lodovico Filippo Ravizza caratterizzano alla perfezione il baldanzoso Belcore. Lo stile e la presenza vocale di entrambi sono assolutamente in linea col sergente che, nella sua cavatina si paragona a Paride. Entrambi rendono Come Paride vezzoso con maestria, dinamismo e luminosità, ricorrendo a una solida tecnica e un perfetto fraseggio.

Federica Guida non pare incarnare completamente il personaggio di Adina, dimostrandosi troppa dura negli acuti e non avvezza ai virtuosismi e dinamismi della partitura. La sua è un’esecuzione corretta, ma monotona, e il fraseggio è nel complesso corretto. Abbiamo trovato il suo stesso timbro, piuttosto scuro, non idoneo alla parte e ciò veniva esacerbato dalla linea morbida ed educata del suo partner scenico René Barbera. Un plauso doveroso va a Daniela Cappiello che ha cantato, nell’ultima recita, in sostituzione di Enkeleda Kamani, accettando il ruolo al volo. Capace di entrare in scena da grande artista, ha tratteggiato con sicurezza il ruolo di Adina, modulando, con cura e grazia, l’evoluzione del personaggio, facendo sfoggio di dinamismi tecnici interessanti, di un notevole squillo e di un buon fraseggio.

Sia Albina Tonkikh quanto Yuliia Tkachenko hanno ben tratteggiato il ruolo di Giannetta. Forse la seconda è stata a tratti più incisiva, ma entrambe sempre nel ruolo.
Quindi un allestimento da cui si è tornati a casa felici e contenti, e carichi di emozioni. Inoltre è stato il battesimo all’opera per una persona per me importante, un fratello ritrovato, e che ho avuto il piacere di introdurre nell’arte che è un vero made in Italy.
Annunziato Gentiluomo
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