E’ sempre un’emozione la finale tutta americana del Super Bowl, uno spettacolo come solo gli yankee sanno apparecchiare, fra sfarzo, allegria, sponsor roboanti, musica, hot dog e sport come se non ci fosse un domani. Spettacolo nello spettacolo, lo show di Katy Perry, arrivata a cavallo di un leone metallico con un abito in fiamme,
E’ sempre un’emozione la finale tutta americana del Super Bowl, uno spettacolo come solo gli yankee sanno apparecchiare, fra sfarzo, allegria, sponsor roboanti, musica, hot dog e sport come se non ci fosse un domani. Spettacolo nello spettacolo, lo show di Katy Perry, arrivata a cavallo di un leone metallico con un abito in fiamme, Hungher Games style, sulle note di “Roar”. Con lei sul palco Lenny Kravitz e Missy Helliott.
Quest’anno poi le squadre in campo si sono superate, offrendo un match al fulmicotone, capace di tenere le tifoserie col fiato sospeso fino agli ultimi secondi quando per la quarta volta i New England Patriots, dopo otto finali, hanno conquistato il quarto successo, tutti firmati dalla coppia Bill Belichick in panchina e Tom Brady alla regia. Sì è vero, Dallas, Pittsburgh e San Francisco hanno vinto di più in carriera, ma la premiata ditta coesa da quattro trofei fa storia e spodestare i Seattle Seahawks impedendogli il bis, ha un sapore unico: 28-24 il verdetto e Tom Brady per la terza volta Mvp (prima di lui solo Joe Montana), con quel personale stellare di 37/50 328 yard 4 touch down e 2 intercetti. Per dirla à l’Italienne:”Mamma mia”!
In breve, la partita ha visto i Patriots dominare nei primi due quarti, ma con poca concretezza, con Brady che fa e disfa, sempre raggiunto dall’avversario Wilson, più sciolto: 14 pari, tutti nello spogliatoio. Nel terzo periodo Wilson sembra un’anguilla che scivola via, aiutato da Matthews, pallido in tutta la stagione; dall’altra parte Brady si fa intercettare troppo, ma è un barbatrucco: sotto di 10 punti all’inizio del quarto tempo, i Patriots vengono trascinati proprio dal proprio quarterback e, a pochi secondi dalla fine una scelta scellerata di Wilson, che lancia, decreta la sconfitta di Seattle. Wilson, infatti, viene intercettato da Malcom Butler, altro eroe della finale; a sua discolpa l’affermazione di coach Pete Carrol che, a partita finita, si assume la responsabilità di aver ordinato quel lancio.
Per noi qui Otreoceano, rimane il piacere dello spettacolo dello sport a stelle e strisce, quello giocato da ragazzoni ipervitaminici, belli da morire, mariti di modelle da far girare la testa e che, fra il pubblico annovera spettatori del calibro di un certo Signor Barak Obama che, seppur divertito, ribadisce la sua preferenza per il basket.
Elena Miglietti
[Fonte Foto: repstatic.it, gazzetta.it, ansa.it]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *