Tra le location utilizzate per allestire spettacoli operistici en plein air nel periodo estivo la Fortezza del Priamar di Savona, e in particolare la suggestiva Piazza del Maschio, risalta come luogo ideale. Ideale per gli ampi spazi, che consentono di allestire opere anche di grande impatto scenografico (si ricordano, in un recente passato, “Aida” e
Tra le location utilizzate per allestire spettacoli operistici en plein air nel periodo estivo la Fortezza del Priamar di Savona, e in particolare la suggestiva Piazza del Maschio, risalta come luogo ideale. Ideale per gli ampi spazi, che consentono di allestire opere anche di grande impatto scenografico (si ricordano, in un recente passato, “Aida” e “Otello”, per citarne alcune); ideale per la perfetta acustica, agevolata dal fatto che il cortile è racchiuso tra imponenti pareti su ogni lato.


Savona ha tentato l’elezione a Capitale della Cultura 2027. Udine le ha strappato la vittoria, ma la città della “Torretta” pare non aver accusato più di tanto il colpo, e sta facendo della musica una delle colonne portanti della propria offerta culturale, grazie anche all’esistenza di numerosi associazioni e, nello specifico relativamente all’opera lirica, grazie all’opera meritoria dell’Opera Giocosa. È risaputo che in passato, e in particolare negli anni ’80 e primi anni ’90, l’Ente ha puntato sulla riscoperta di lavori poco noti della produzione operistica italiana di inizio Ottocento. In questi ultimi anni l’Opera Giocosa ha puntato, invece, sulla proposta di titoli popolari alternata a opere nuove appositamente commissionate.


Per la stagione estiva 2025 la scelta è ricaduta su un titolo di fortissimo richiamo, Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, che ha garantito il tutto esaurito in entrambe le rappresentazioni in programma, precedute dalla prova generale aperta al pubblico.
L’allestimento del capolavoro rossiniano si è mosso dal punto di vista della messinscena nel solco della tradizione. Nell’impianto scenografico e registico di Renato Bonajuto ci sono tutti gli ingredienti che ci si può aspettare in una ricetta che, in effetti, si presta davvero poco a sostanziali rivisitazioni. Eppure le spruzzatine di originalità si colgono, eccome, e creano nel pubblico reazioni di piacevole sorpresa. Singolare l’idea di considerare l’intera prima scena come sorta di “preludio” alla vicenda vera e propria. Quindi, il Conte di Almaviva sotto le mentite spoglie di Lindoro e il geniale Figaro si incontrano su una passerella collocata tra la fossa orchestrale e la platea. In questa visione registica la sinfonia, che in Rossini è una vera e propria ouverture, viene collocata prima della cavatina di Rosina, perché l’azione da quel momento in poi si sposta definitivamente in casa Bartolo. Arricchisce l’allestimento un enorme schermo su cui vengono proiettati gustosissimi filmati, per la cui realizzazione vengono utilizzati anche scorci savonesi. Particolarmente riuscita l’evocazione visiva della bottega di Figaro al “numero 15”, che viene collocata nella suggestiva Via Pia, cuore del centro storico cittadino.

Il cast è composto da giovani, ma affermati cantanti. Al di là della prova del singolo, su cui si dirà, si fa apprezzare innanzitutto il gioco di squadra, sia a livello scenico sia a livello musicale, come emerso nei tanti pezzi d’assieme e, soprattutto, nel sempre divertentissimo e stupefacente concertato di fine primo atto.
Emerge il Figaro di Paolo Ingrasciotta. Convincente fin dalla celeberrima cavatina dal punto di vista squisitamente vocale (voce baritonale chiara ma ben proiettata, facile all’acuto e di netta dizione), Ingrasciotta si è sciolto nel procedere dell’esecuzione nella resa scenica del personaggio. Applauditissimo a fine recita, e se ne comprende la ragione.

Manuel Amati ha voce di colore particolarmente adatto per il Conte D’Almaviva, o perlomeno come ci si aspetta debba essere da quando Luigi Alva, recentemente scomparso, ha creato un punto di riferimento ineludibile. Quindi, il modello vocale a cui si ispira Amati è senza dubbio il filone dei tre grandi tenori peruviani, Alva, Palacio e Florez. Certo, rispetto ai più illustri colleghi, gli manca la spavalderia e la fluidità nel canto di agilità, ma emerge un ottimo legato nei momenti più lirici (di pregevolissima esecuzione la serenata con accompagnamento di chitarra nel “preludio”) e una proiezione vocale in zona acuta di tutto rispetto. Sarebbe da approfondire la resa scenica nei momenti comici per rendere ancora più convincente la prova.

Ottima senza riserve la Rosina di Angela Schisano, per un bellissimo colore autenticamente mezzo-sopranile (azzeccatissima la scelta di affidare Rosina alla tipologia vocale per cui il ruolo è stato pensato), omogenea in tutta la gamma con note gravi sonore ma misurate e acuti sicuri e svettanti. Si aggiunga una perfetta resa scenica. Un’artista da riascoltare, perché no, in ruoli “en travesti” del Rossini “serio”.
Il personaggio di Don Bartolo spesso è affidato a bassi buffi che sopperiscono ad alcune carenze vocali con l’arte scenica e interpretativa. Non è il caso di Matteo D’Apolito, la cui vocalità lascia presagire una svolta verso un repertorio di ben altro impegno vocale. Si è ascoltato Don Bartolo, ma ogni volta che la voce scendeva con sicurezza nel registro grave o svettava in acuti rotondi e sonori si immaginava, per dire, un Filippo II, uno Zaccaria, perfino uno Scarpia. Tuttavia il cantante si è ben calato nei panni del personaggio del burbero tutore, complice anche l’attenzione dei truccatori e del costumista Artemio Cabassi.


Giovanni Battista Parodi (Don Basilio) si è fatto annunciare indisposto a inizio rappresentazione. A livello vocale, pertanto, è inevitabile che condizioni di salute non ottimali ne abbiano inficiato la prestazione, e non sarebbe onesto emettere un giudizio definitivo. Pur opacizzata, la voce è risultata comunque di ottima grana, morbida, di facile proiezione, di nitida dizione. Ci auguriamo di riascoltare Parodi in piena forma, perché si tratta di artista di grande levatura e sensibilità.
Al personaggio di Berta è affidata la canonica “aria del sorbetto”; per gli spettatori ottocenteschi era un’occasione per distrarsi un po’ (ammesso che non fossero comunque in altre faccende affaccendati nei palchi anche in altri momenti dell’esecuzione…) e gustarsi, appunto, un buon sorbetto. Impossibile, per gli spettatori della recita savonese, perdere la concentrazione durante l’esecuzione di un brillantissimo “Il vecchiotto cerca moglie” da parte di Claudia Belluomini, bravissima Berta che a fine concertato primo atto ruba la scena alla primadonna svettando con due sonorissimi “do acuti”, che Rossini regala ad un personaggio che poi così secondario non è.


Resta da dire della direzione di Giovanni Di Stefano, bacchetta quasi imprescindibile negli allestimenti dell’Opera Giocosa, nonché direttore artistico dell’Ente. Innanzitutto, Di Stefano sceglie del capolavoro rossiniano una versione integrale che più integrale non si può, ripristinando tutti i recitativi solitamente soggetti ai tagli “di tradizione” e che, se da un lato rendono lo spettacolo particolarmente lungo (ma con Rossini non ci si annoia mai!), dall’altro rendono più chiari e perfettamente intelligibili alcuni momenti dell’opera (vedi la scena della lettera o il presunto “tradimento” di Lindoro), spesso lasciati all’intuizione dello spettatore. Di Stefano si è avvalso di una formazione orchestrale di alto livello (la Voxonus Orchestra); ha tenuto tempi brillanti, sonorità ampie ma non prevaricanti e garantito un validissimo sostegno alle voci, anche nei difficili pezzi d’assieme. Un concertatore di sicuro mestiere capace di far funzionare tutto alla perfezione. Valore aggiunto Gianluca Ascheri al cembalo, con qualche simpatica divagazione, che ha anche curato l’esecuzione del corretto Coro del Teatro dell’Opera Giocosa, che ne “Il barbiere” si avvale delle sole voci maschili. Alla chitarra il maestro savonese Dario Caruso.


Mi si permetta una piccola chiosa da cittadino savonese: la speranza che si torni ad allestire nel suggestivo contesto del Priamar almeno una seconda opera, magari tratta dal repertorio barocco o classico, perché davvero, senza nulla contendere al prestigio, per dire, di una Martina Franca o di una Spoleto, Savona potrebbe davvero fregiarsi di un Festival estivo di grande interesse e richiamo internazionale.
Andrea Piccardi

















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