L’altro ieri sera, 18 giugno, ho avuto il privilegio di assistere, ancora una volta, a uno spettacolo firmato Katina Genero, coreografa afro di straordinario talento. E come ogni volta, ne sono uscito profondamente colpito. Katina possiede una qualità rara: la capacità di superare se stessa ad ogni nuova creazione, reinventando l’immaginario della danza afro con
L’altro ieri sera, 18 giugno, ho avuto il privilegio di assistere, ancora una volta, a uno spettacolo firmato Katina Genero, coreografa afro di straordinario talento. E come ogni volta, ne sono uscito profondamente colpito. Katina possiede una qualità rara: la capacità di superare se stessa ad ogni nuova creazione, reinventando l’immaginario della danza afro con una visione unica e sorprendente.

Appena si apre il sipario, sei catapultato in un mondo che non ti aspetti. Le scenografie – pur essenziali – riescono a essere poetiche, suggestive, potenti. Richiamano la poetica del teatro povero di Grotowski: ogni elemento è al servizio dell’evocazione, della magia. Ma è proprio la forza immaginifica di Katina a fare la differenza: la sua danza trascende il ritmo etnico e lo trasforma in una nuova dimensione fatta di colore, immagine, simbolo.
Grande viaggiatrice, sensibile ed appassionata conoscitrice delle culture dell’Africa Occidentale, Katina ha condotto ricerche sul campo in Senegal, Gambia, Guinea, Costa d’Avorio, Togo, Burkina Faso e Mali. Il suo sguardo si è poi spinto oltre, verso le “Afriche del Nuovo Mondo”, approfondendo le tradizioni di Cuba, del Brasile e di Haiti. Tutto questo bagaglio umano e culturale si riflette nella sua arte: ogni passo, ogni gesto, racconta un incontro, un’esperienza, una memoria viva.
I ballerini e le ballerine della scuola Mamadanse di Torino danno corpo e anima a questa visione. I loro movimenti sono istintivi, primordiali, eppure incredibilmente precisi e raffinati. Il cuore dello spettatore accelera, il corpo vibra, nasce il desiderio irrefrenabile di unirsi a loro. Vista e udito sono completamente appagati: è un’esperienza sensoriale totale.
L’anno scorso il tema erano i libri, quest’anno l’acqua. In scena, i danzatori non solo rappresentavano l’acqua: erano acqua. Il fluire dei corpi, la trasparenza degli intenti, l’energia che attraversava la sala… Due esperienze che restano dentro. Indelebili.
A rendere ancora più intensa la serata, l’apertura affidata a Bruno Genero – percussionista di fama mondiale e anima ritmica dello spettacolo. I suoi ritmi afro, profondi e ancestrali, hanno immediatamente sintonizzato il pubblico sulla frequenza giusta, creando una vera e propria atmosfera da sogno. Bruno non suona: evoca. E lo fa con una maestria rara.

Insieme, Katina e Bruno Genero sono due perle preziose nel panorama artistico internazionale a Torino. Il loro lavoro ha una risonanza che meriterebbe sempre palcoscenici internazionali. E Mamadanse si conferma la scuola di danza più viva, autentica e innovativa della città.
Spero sinceramente che una nuova tournée sia il prossimo passo. Perché questo spettacolo non si può solo raccontare: va vissuto. Semplicemente geniale.
Marco Bellantuono.
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