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L2TOR, quando a insegnare le lingue è un robot

L2TOR, quando a insegnare le lingue è un robot

Un robot fra le classi, con l’obiettivo di aiutare i bambini a sviluppare un secondo idioma. Si tratta del progetto L2TOR, che si pronuncia “El Tutor”: inglese per bambini di madre lingua olandese, tedesca e turca; olandese e tedesco per i turchi. L’incremento costante di migranti arrivati nel Vecchio Continente ha raggiunto la cifra ragguardevole

L2TORUn robot fra le classi, con l’obiettivo di aiutare i bambini a sviluppare un secondo idioma. Si tratta del progetto L2TOR, che si pronuncia “El Tutor”: inglese per bambini di madre lingua olandese, tedesca e turca; olandese e tedesco per i turchi.

L’incremento costante di migranti arrivati nel Vecchio Continente ha raggiunto la cifra ragguardevole di oltre un milione di individui e la conoscenza delle lingue è diventate sempre più indispensabile. Inoltre, il periodo in cui la mente apprende più velocemente, perché più flessibile, è prima dei 7 anni: ogni cosa che viene appresa la si impara attraverso il linguaggio, che è uno strumento fondamentale sia per il futuro di ogni individuo che per la propria integrazione. Da questi due fattori, la necessità di implementare dei sistemi di apprendimento su più larga scala, facendo in modo che a coadiuvare un insegnante reale ci fosse un automa.

Lo studio del progetto L2TOR è stato finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma di ricerca Horizon 2020. Tre anni di durata e scienziati di 4 paesi: Germania, Turchia, Paesi Bassi e Regno Unito. Ma l’origine del progetto è italiana, come racconta Tony Belpaeme, professore di Sistemi Cognitivi e di Robotica all’Università di Plymouth, più precisamente all’Ospedale San Raffaele di Milano, in cui hanno potuto vedere l’apporto all’insegnamento a bambini diabetici da parte di automi. Da qui l’idea di sfruttarli in ambito didattico.

L2TORIl corpo dell’umanoide c’è già, sviluppato dalla società francese Aldebaran Robotics. L’anima è ancora in sviluppo: un software con I.A. (intelligenza artificiale) che non dovrà intimidire, ma essere amichevole e programmato per “fare errori”, in modo tale che gli studenti possano apprendere “correggendolo” e imparare quindi direttamente loro. L’intelligenza artificiale servirà a questo maestro umanoide per capire il linguaggio del corpo del suo alunno: se sta guardando, se è interessato, se si annoia, se è felice o addirittura confuso.

Paolo Ernesto Sussi

[Fonte immagini: l2tor.eu]

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