Molto coinvolgente e complesso l’allestimento dell’ottavo appuntamento della stagione artistica dell’Opera Carlo Felice di Genova, rappresentato da Die Liebe der Danae – L’amore di Danae, penultima opera di Richard Strauss. Assistiamo a un intreccio tra la narrazione che si consuma in scena, le vicende belliche che fanno da sfondo alla creazione della pièce avvenuta nel
Molto coinvolgente e complesso l’allestimento dell’ottavo appuntamento della stagione artistica dell’Opera Carlo Felice di Genova, rappresentato da Die Liebe der Danae – L’amore di Danae, penultima opera di Richard Strauss.
Assistiamo a un intreccio tra la narrazione che si consuma in scena, le vicende belliche che fanno da sfondo alla creazione della pièce avvenuta nel 1940 e la prospettiva esistenziale del compositore. In un processo che facilita l’immedesimazione, il pubblico si trova a godere dell’opera con gli occhi dello stesso Strauss che, sempre accompagnato dalla sua Pauline, assiste al primo atto da un palchetto, compiacendosene, entra in scena nel secondo, divenendo una sorta di regista e prendendo parte al valzer, e in conclusione quasi fosse un come una sorta di domestico norreno. Inoltre, per ribadire la presenza del compositore, il terzo si apre con un filmato d’epoca del vero Strauss alla bacchetta.

Nell’allestimento di Laurence Dale, con le curatissime scene, sempre aderenti al libretto, e i coerenti costumi di Gary McCann, il contesto bellico diviene uno dei protagonisti dell’opera. Dale riesce a trovare un chiave armoniosa attraverso la quale ripropone l’opera di Strauss, miscelando proiezioni e coreografie, ricorrendo alle strutture del Carlo Felice, muovendo saggiamente la masse e occupando intelligentemente gli spazi, senza mai ostacolare la comprensione della trama o rendere inintellegibile la psicologia dei personaggi. Abbiamo apprezzato la rappresentazione di Jupiter che, come gli altri componenti del Pantheon greco insegnano, si muove tra essenza sovrannaturale-divina e vezzo capriccioso delle umane genti. Le luci, curate da John Bishop, offrono profondità alla scena e accompagnano la vicenda nel suo dipanarsi, offrendo giochi di chiaro-scuri che sottolineano il muoversi della narrazione tra piano divino e piano ordinario. Valide anche le coreografie su cui ha danzato il Balletto Fondazione Formazione Danza e Spettacolo “For Dance” ETS, firmate da Carmine De Amicis.
Lucida e sicura è la direzione di Michael Zlabinger che accarezza, con estrema eleganza, tutte le pagine dell’opera, manifestando slanci imponenti soprattutto nell’appassionato finale del terzo atto. Guida con determinazione il Coro, istruito da Claudio Marino Moretti, e l’Orchestra del Teatro Carlo Felice: entrambe le compagini rispondono in modo encomiabile, confermando il proprio valore.
Sicuramente la gemma dell’allestimento è il soprano Angela Meade che tratteggia, con sicurezza, l’impervia partitura di Danae, destreggiandosi con naturalezza tanto nella parti centrali quanto in quelle acute. Con una voce adamantina e potente, accarezza il proprio personaggio dandogli gli opportuni colori, ricorrendo a dei pianissimi perfetti e manifestando una tecnica, un controllo vocale e una linea di canto veramente impressionanti. Intensa l’interpretazione dello struggente assolo Wie umgibst du mich mit Frieden, in cui esprime tutta la consapevolezza e lo slancio della propria scelta: l’amore per Midas in povertà in luogo dell’opulenza, dell’oro e dell’eternità divina offerti da Jupiter.

Matthew Myers indossa, con grande maestria e spigliatezza, i panni di Midas. Anche lui rende con intelligenza tutte le sfumature del proprio personaggio, potendosi appoggiare su una vocalità luminosa e ben proiettata, una valida tecnica e una grande musicalità, dribblando così le insidie straussiane.
Scott Hendricks, nel ruolo di Jupiter, risulta più convincente scenicamente che vocalmente. Colpisce come rincara la verve buffa del personaggio che, alla fine, è costretto a capitolare al rifiuto della mortale. Riempie con un certo stile la scena, portando a casa, nel complesso, un buon risultato. Probabilmente non è propriamente il suo registro vocale, in quanto personaggio che richiede una vocalità più possente.
Rispetto al resto del cast si distinguono Tuomas Katajala (Pollux) e Valentina Farcas (Xanthe): il primo dall’elegante linea di canto, la seconda impegnato un bel duettare con la Meade. Efficace risulta Timothy Oliver, il cui Merkur giunge in scena in paracadute. Sempre pertinenti, vocalmente aggraziate e simpatiche nel proprio incedere le quattro Regine (Anna Graf – Semele -, Agnieszka Adamczak – Europa -, Hagar Sharvit – Alkmene – e Valentina Stadler – Leda). Buone anche le performance di Albert Memeti (Erste König), Eamonn Mulhall (Zweite König), Nicolas Legoux (Dritte König) e John Paul Huckle (Vierte König). Completano il cast Domenico Apollonio, Bernardo Pellegrini, Davide Canepa, Luca Romano, Andrea Scannerini (Vier Wächter) e Valeria Saladino (Eine Stimme).
Dunque un allestimento notevole, intenso e pieno di pathos, caratterizzato da un’idea registica chiara, una notevole direzione e un bel cast, in cui spicca la grande Angela Meade, una messinscena apprezzata dal pubblico genovese, attento e capace di valorizzare i suoi interpreti.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Marcello Orselli]
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *