Il fenomeno dell’Homeschooling o educazione parentale è un vero e proprio moto che sta investendo la società. Sono ormai più di due milioni negli Stati Uniti, sessantamila in Canada, quasi tremila in Inghilterra e Francia e circa un migliaio in Italia gli studenti che frequentano la scuola fai da te. Il tutto in Italia è
Il fenomeno dell’Homeschooling o educazione parentale è un vero e proprio moto che sta investendo la società. Sono ormai più di due milioni negli Stati Uniti, sessantamila in Canada, quasi tremila in Inghilterra e Francia e circa un migliaio in Italia gli studenti che frequentano la scuola fai da te. Il tutto in Italia è perfettamente legale, infatti l’articolo 34 della Costituzione recita: L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. Tutto ciò ci fa intendere che per la legge non è obbligatoria un’istruzione scolastica, a patto che l’istruzione ci sia. A rafforzare la teoria vi è poi l’art.30 della Costituzione, che afferma: È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. In Italia una pioniera di questo movimento è Erika Di Martino, mamma di 4 figli e fondatrice del blog Controscuola in cui spiega tutti i dettagli e fornisce consigli utili. Troviamo sia molto chiaro questo passaggio: “Per educare i vostri figli a casa, dovete inviare una comunicazione scritta alla direzione didattica di vostra competenza ogni anno per l’anno successivo. Alla prima lettera dovrebbe essere allegata l’autocertificazione attestante le capacità tecniche e le possibilità economiche dei genitori. Questa è una autocertificazione e non implica che voi portiate al dirigente la dichiarazione delle tasse o il vostro diploma/laurea. È un diritto praticare la scuola familiare, ma è altrettanto vero che la scuola pubblica può fare dei controlli se ha forti dubbi sull’assolvimento dell’obbligo, o se la famiglia sfugge ad ogni contatto, quindi mantenetevi aperti al dialogo”. Ci sembra essenziale non travisare il messaggio e non pensare che fare homeschooling significhi fregarsene dell’istruzione dei propri figli. Molte persone si saranno chieste come ci si pone nei confronti degli esami ministeriali. Leggendo con attenzione quanto scrive Erika sul blog scopriamo che le Circolari Ministeriali che definiscono gli esami obbligatori non si basano su alcuna legge, pertanto non rappresentano un vincolo per i cittadini. Non si è obbligati ad accettare l’esame annuale come metodo di verifica dell’assolvimento dell’obbligo d’istruzione. Al contrario, un colloquio informale oppure una presentazione presso i Dirigenti Scolastici possono rappresentare le opportunità per attestare i progressi dei propri figli.
Va ricordato che uno degli obiettivi dell’Educazione Parentale è proprio quello di restare fuori dalla dinamica delle valutazioni, appunto perché è personalizzato in base al principio di libertà di istruzione. Il paragone tra scuola tradizionale e homeschooling non è semplicemente possibile poiché sono realtà differenti. Leggendo a fondo il blog di Erika si capisce che non vi è un modo standard per fare homeschooling, ma è molto personale e varia da famiglia a famiglia. Esistono realtà dove solo i genitori insegnano, con orari scolastici e non, altre in cui per alcune materie si fanno aiutare da laureati nel settore specifico. Erika ci fa notare che chi sceglie l’homeschooling lo fa per dare una formazione più personalizzata ai propri figli, cucita su misura sulle passioni e attitudini, per evitare episodi di bullismo e il clima “oppressivo” che una classe può dare.
Proseguendo nella lettura troviamo la testimonianza degli intenti delle famiglie che scelgono l’educazione parentale: amore, dedizione e un impegno non inferiore a quello di chi fa l’insegnante di mestiere. Un impegno che richiede rispetto e apprezzamento. Entrambe le realtà in fin dei conti stanno lavorando per lo stesso fine, ossia la crescita personale e formativa delle nuove generazioni.
Una domanda che può sorgere spontanea è: come fanno i bambini a socializzare se non interagiscono con una classe? La risposta, sempre sul blog Controscuola: Innanzitutto bisogna chiedersi che tipo di socializzazione sia quella che vivono i bambini a scuola.
Essere chiusi in un edificio, confinati in una classe di bambini che hanno tutti la stessa età, dove bisogna stare seduti per la maggior parte del tempo e dove si deve persino chiedere il permesso per andare in bagno, non rappresenta lo scenario ideale per socializzare. Molti genitori poi vogliono mettere i propri figli al riparo dagli ormai frequenti episodi di bullismo e dalla competitività eccessiva che caratterizza alcuni ambienti scolastici, così come dal confronto che si genera tra bambini su temi futili quali il possesso di un oggetto, un giocattolo o quant’altro. La socializzazione che si può sperimentare a scuola viene così considerata un po’ artificiale; per contro i bambini educati a casa vengono in contatto con la società intera e interagiscono con essa in prima persona. Viene valutata positivamente l’assenza di vincoli spaziali e temporali rigidi e la possibilità di relazionarsi in prima persona con l’ambiente esterno. Questo può avvenire con incontri sportivi, gite o visite a mostre e musei, spettacoli teatrali, ma anche semplicemente uscendo a fare la spesa o dedicandosi al volontariato, o vedendo gli amici. D’altra parte, viene proposta la riflessione sul fatto che un tempo fosse già la famiglia a occuparsi dell’educazione dei figli, e il cambiamento nel mondo occidentale è iniziato con la Rivoluzione Industriale. La scuola così come la intendiamo oggi è piuttosto recente.
Altro fattore da considerare è il rapporto numerico. Dove gli insegnanti si trovano con classi mediamente di 20 alunni per un docente, a casa i bambini per genitore/insegnante possono andare da 1 a 3 mediamente. Va da sé che cambia anche la qualità della relazione, che sarà facilmente più autentica e sincera a casa. Homeschooling in sintesi significa personalizzare il percorso educativo, rispettando le esigenze del singolo. Risulta di importanza fondamentale creare una rete, www.educazioneparentale.org è appunto un network dedicato a chi già pratica educazione parentale in Italia.
Possiamo dire che può essere condivisibile per alcuni aspetti cercare di creare un’educazione/istruzione che verta su un contatto più diretto tra lo studente e la persona che è li ad occuparsi di lui. Il fatto che sia più concentrato a sviluppare le sue abilità, rispetto che sgomitare per un voto più alto credo sia più vantaggioso per la sua crescita personale. Bisogna essere puliti e calcolare i rischi che uno strumento così può generare, il genitore deve essere molto presente e con costanza altrimenti si corre il rischio che non solo il bambino non impari nulla, ma che abbia perso ogni contatto con la realtà. Come ben spiega Erika Di Martino, occorre sempre che vi sia un interfacciamento con la didattica della scuola di riferimento e che ci si faccia aiutare laddove vi siano carenze negli argomenti.
Eticamente e moralmente un po’ ci commuove questo percorso, forse perché avremmo gradito incontrare più umanità e comprensione quando andavamo a scuola. Ciò non toglie che ci siano migliaia di ottimi insegnanti che ogni giorno storcono il naso per delle direttive ministeriali, ma con grande impegno si presentano alla loro cattedra e si concedono ai loro alunni.
La cosa importante è che il fine sia comune, che si studi a casa o a scuola si devono recuperare i valori morali, la passione per quello che si fa e la gioia di affrontare la giornata imparando qualcosa di nuovo.
Adriano Cirillo
[Fonte delle immagini: controscuola.it, ehabitat.it, promiseland.it, ecx.images-amazon.com, theproscons.com, psychologytoday.com]
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