Andrea Chénier, dramma storico in quattro quadri di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica, composto tra il 1894 e il 1896 (prima rappresentazione il 28 marzo 1896 al Teatro alla Scala di Milano), debutta al Teatro Regio di Parma sabato 3 maggio 2025 alle ore 20.00 (recite martedì 6, venerdì 9 maggio ore 20.00, domenica 11 maggio ore 15.30) nell’allestimento
Andrea Chénier, dramma storico in quattro quadri di Umberto Giordano su libretto di Luigi Illica, composto tra il 1894 e il 1896 (prima rappresentazione il 28 marzo 1896 al Teatro alla Scala di Milano), debutta al Teatro Regio di Parma sabato 3 maggio 2025 alle ore 20.00 (recite martedì 6, venerdì 9 maggio ore 20.00, domenica 11 maggio ore 15.30) nell’allestimento di Teatro Regio di Parma, Teatro Comunale di Modena, Teatri di Piacenza, i Teatri di Reggio Emilia, Ravenna Manifestazioni, Opéra de Toulon, con la regia di Nicola Berloffa ripresa da Florence Bass, le scene di Justin Arienti, i costumi di Edoardo Russo, le luci di Valerio Tiberi riprese da Simone Bovis.

Francesco Lanzillotta dirige l’Orchestra Filarmonica Italiana e il Coro del Teatro Regio di Parma, maestro del coro Martino Faggiani. In scena Gregory Kunde (AndreaChénier), Luca Salsi (Carlo Gérard), Saioa Hernandez (Maddalena di Coigny), Arlene Miatto Albeldas (La mulatta Bersi), Natalia Gavrilan (La Contessa di Coigny), Manuela Custer (Madelon, per la prima volta al Regio), Andrea Pellegrini (Roucher), Lorenzo Barbieri (Pietro Fléville / Fouquier Tinville), Matteo Mancini (Mathieu), Enrico Casari (Un Incredibile, per la prima volta al Regio), Anzor Pilia* (L’Abate), Eugenio Maria Degiacomi (Schmidt / Il maestro di casa / Dumas). Arlene Miatto Albeldas e Anzor Pilia sono già allievi dell’Accademia Verdiana.
“Andrea Chénier” è l’anello di congiunzione tra il mondo di Verdi e il verismo – scrive il direttore artistico del Teatro Regio Alessio Vlad. Considerato sotto questo punto di vista è uno dei pochi capolavori che, pur avendo un ruolo nell’evoluzione del linguaggio, riesce ad essere a essere innovativo pur rispettando, e facendo sue, tutte le caratteristiche dei lavori che l’avevano preceduto. Da Verdi ha ereditato la capacità di costruire una drammaturgia basata sul confronto tra le vicende individuali e i grandi avvenimenti della Storia, riuscendo a organizzare una struttura drammaturgica multiforme che, animata da tanti ruoli, ognuno con il suo carattere definito, ha come evidente riferimento il grande romanzo ottocentesco. Amatissima dal pubblico, anche per il coinvolgimento emotivo che riesce sempre a ottenere, è un importante banco di prova per grandi interpreti che devono affrontare ruoli musicalmente impervi anche per la loro esasperata espressività.
“Andrea Chénier” è indubbiamente un’opera di grande impatto, potente e affascinante scrive il direttore Francesco Lanzillotta. Il ritmo di questa partitura è serrato, l’azione cambia repentinamente e così la musica che l’accompagna attraverso i quattro quadri. Proprio il tessuto orchestrale si rivela cangiante e molto diversificato; pensiamo alla leggerezza cameristica del primo quadro e alla grandiosità dell’inizio del secondo. Un’orchestra che ruggisce, come nella scena dell’accusa, ma che diventa meravigliosamente delicata quando Maddalena canta ‘La mamma morta’. Lo stile declamatorio, l’uso del parlato è riservato ai personaggi secondari, mentre le parti dei tre protagonisti sono ricolme di lirismo, dove la cantabilità racconta i sentimenti. Se Andrea Chénier si inserisce all’interno della corrente verista, allo stesso tempo, però, Giordano ricerca una propria strada personale, attraverso una complessa struttura drammaturgica, che si sviluppa tramite l’uso di materiale musicale estremamente elaborato.
“Andrea Chénier” ha una connotazione storica talmente forte che non può essere dimenticata, tralasciata o reinventata: tutto ruota intorno alla grande Rivoluzione francese – scrive il regista Nicola Berloffa. In tutta l’opera, praticamente in ogni frase del libretto, vengono ricordati luoghi, personaggi, date, città che rimandano al grande dramma che portò alla fine dell’aristocrazia francese; una cospirazione di dettagli che necessariamente rendono la documentazione storica e l’attenzione per la storicità una componente imprescindibile. Sarebbe divertente per molti registi ‘contemporanei’ ambientare l’opera di Giordano durante la rivoluzione cinese ma, vinto il divertimento iniziale, andrebbero a schiantarsi contro un muro di cemento. Per l’idea scenografica si è partitid unque dall’autocrazia francese, da Versailles con i suoi simboli e i suoi monarchi. Attraverso una serie di fotografie del XX secolo realizzate da Robert Polidori, dove protagonisti sono i lavori di restauro dei grandi appartamenti di Luigi XV, si è deciso di svolgere la storia in una serie di ambienti che ricordano la grande reggia, ma che vengono lentamente spogliati, svuotati e depredati dall’intervento sconvolgente della Rivoluzione, dal Terzo Stato che avanza. In un qualche modo la grande Rivoluzione del terrore e delle piazze, che fa da macro-cornice agli eventi narrati, lascia il posto a una più ingentilita e intimista rivoluzione borghese, maggiormente consona forse al periodo storico di Giordano. Da ciò deriva anche l’idea di svolgere l’intera vicenda in interni, mettendo in scena un grande dramma romantico da salotto, dove ancora una volta solo il dramma in quanto tale può misurarsi con l’imponente e monumentale presenza della Storia senza esserne sopraffatto.
Innescare un discorso su “Andrea Chénier” – scrive lo storico della musica Giuseppe Martini – comporta quasi automaticamente l’evocazione di un’Italia, o Italietta, tardo umbertina sulla quale svolazzano il Verismo, la ‘Giovane Scuola’, D’Annunzio, Carducci, Sonzogno contro Ricordi, i pasticci militari in Africa, il socialismo rampante, democrazia sempre più larga, ovviamente Puccini– La Bohème è dello stesso anno –, un via vai di compositori d’opera agitatissimi, e sopra tutti Verdi che li guarda silente, onusto della gloria falstaffiana e ormai dèdito a partiture sacre diafanissime. […] Giordano coglie gli spunti del libretto per intercettare lo spirito del tempo, che non è solo lo spirito musicale, ma anche quello dei vizi e delle ambizioni di quegli anni. […] “Andrea Chénier” è naturalmente un’opera politica. Nasce sui primi vagiti del partito socialista e intende dichiaratamente cavalcare il nuovo, non per moda ma per commentarlo. Annusa l’aria: i cannoni di Bava Beccaris arriveranno due anni dopo. Nessuno viene risparmiato da Luigi Illica. Nel primo atto, mentre il popolo ha fame, il ritratto dell’aristocrazia francese campagnola a inizio Rivoluzione riesce a dar nausea con fiotti di leziosaggini, futilità, stucchevoli incipriamenti, parrucche polverose, irritanti cicisbei, musici insulsi, ignobili pretini; dopo, è la solita storia dei vincitori che si comportano peggio dei vinti, borghesizzandone i difetti: autoritarismi, faziosità, privilegi, complotti, ipocrisie. […] Con Andrea Chénier Giordano reagì ai precoci segni di crisi del Verismo che del resto aveva provato sulla propria pelle con l’insuccesso di Mala vita, per cogliere l’esigenza di passioni forti e vicende intriganti che il pubblico di fine Ottocento sembrava manifestare con evidenza nell’interesse per la letteratura di consumo. Tiene perciò ferma la barra in direzione dell’intrigo, del romanzesco, della vicenda senza respiro, in modo da ottenere prima di ogni cosa l’attenzione dello spettatore: in questo modo la musica non occupa più il ruolo di approfondimento delle passioni, ma quello della loro amplificazione, sottolineando l’effetto scenico anziché condurre il gioco drammaturgico. Tecnicamente l’operazione non differisce molto da quella verista, in cui contano il turgore melodico, l’enfasi canora, l’espressione materica, a fianco dell’attrito fra amore passionale e geloso. Cambia però l’ambientazione, e soprattutto la musica viene del tutto guidata dal gesto scenico, anche con un’istintiva tendenza a cercare una propria scorrevolezza discorsiva, a costo di scardinare il rapporto fra pensiero musicale e testo poetico. Si è parlato per questo di ‘verismo sentimentale’ di “Andrea Chénier”, formula che appunto corregge le coordinate veriste in direzione della passionalità e della spontaneità musicale caratteristiche di Giordano. Pur con una flessione evidente nell’ultimo quarto di secolo, l’opera ha fin dal debutto un posto fisso nel repertorio, anche grazie al contributo di interpreti di primo piano come Beniamino Gigli, Mario Del Monaco, Plácido Domingo, Renata Tebaldi, Maria Caniglia, Gino Bechi e Piero Cappuccilli.
È spostato a martedì 29 aprile 2025 alle ore 17.00 al Ridotto del Teatro Regio di Parma l’appuntamento (originariamente annunciato sabato 26 aprile) dedicato ad Andrea Chénier di Prima che si alzi il sipario, il ciclo di incontri a ingresso libero a cura di Giuseppe Martini, che offrirà approfondimenti sul compositore, sulla genesi dell’opera, sulla trama e sul libretto, con l’esecuzione dal vivo dei brani più celebri interpretati dai cantanti del Conservatorio di Musica “Arrigo Boito” di Parma: il tenore Jun-MoKwon (Andrea Chénier), il baritono Lee Dongjun (Carlo Gérard),il soprano Sara Minieri (Maddalena di Coigny), il mezzosoprano Marta Miccoli (Madelon), accompagnati al pianoforte da Laura Soracco e coordinatida Donatella Saccardi.
Nei giorni che precedono il debutto, sono aperte al pubblico la prova riservata agli under 30 lunedì 28 aprile ore 20.00, al termine aftershow con aperitivo e dj set di Matteo Mussoni nelle sale del Ridotto, e la prova aperta al pubblico mercoledì 30 aprile ore 20.00.
Diverse le iniziative realizzate in occasione del debutto di Andrea Chénier per Regioinsieme, il progetto dedicato alle comunità sensibili del territorio, nato e sviluppato dal Regio per creare opportunità e rendere accessibili spettacoli, concerti, laboratori, percorsi ed esperienze formative, per fare ancora una volta del teatro e della musica occasioni concrete di inclusione, crescita, di benessere e di arricchimento.
La rinnovata e accresciuta collaborazione del Teatro Regio di Parma con UICI, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Parma, prosegue con le Conversazioni musicali con Laura Minto e il maestro Milo Martani, nella Sala Gandolfi al Teatro Regio di Parma lunedì 28aprile, ore 15.00: un incontro di carattere divulgativo per avvicinarsi ad Andrea Chénier prossimo al debutto, con la partecipazione degli artistiche hanno aderito al Manifesto etico del Teatro Regio di Parma.
Al Teatro Regio, lunedì 28 aprile prima del debutto della prova under 30, l’incontro dedicato ai giovani e alle giovani under 35 con Martino Dondi.
Nell’ambito del progetto L’Opera in Carcere, recentemente insignito del Premio Abbiati dall’Associazione Nazionale dei Critici Musicali, la registrazione di Andrea Chénier sarà trasmessa su maxi schermo negli Istituti Penitenziari di Parma (ingresso riservato, non aperto al pubblico), ove l’opera è stata approfondita nell’ambito del laboratorio corale a cura di Gabriella Corsaro.
Molto incuriositi da un imponente cast e dalla direzione del M. Lanzillotta, che abbiamo avuto il piacere di conoscere personalmente, andremo a godere dell’allestimento quanto prima.
Francesco Romeo
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *