Dal 5 maggio al 3 giugno 2018 alla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino è presentata la retrospettiva di Bartolomeo Boggio (Castellamonte 1875 – San Giorgio Canavese 1950), a cura di Francesco De Caria, che conclude il ciclo di mostre “Dalla Scuola di Grosso”. Alcune delle opere esposte risalgono agli anni della sua frequentazione dell’Accademia Albertina
Dal 5 maggio al 3 giugno 2018 alla Pinacoteca dell’Accademia Albertina di Torino è presentata la retrospettiva di Bartolomeo Boggio (Castellamonte 1875 – San Giorgio Canavese 1950), a cura di Francesco De Caria, che conclude il ciclo di mostre “Dalla Scuola di Grosso”. Alcune delle opere esposte risalgono agli anni della sua frequentazione dell’Accademia Albertina (1893-1900). I carboncini e le pitture richiamano la rigorosa formazione con maestri come il Gamba e il Grosso nella realizzazione di temi biblici, come Il sacrificio di Isacco, ora donato dalla famiglia Boggio all’Accademia. Altrettanto interessanti i soggetti di Nudo, maschile e femminile. Con libertà creativa il Boggio prosegue il suo percorso dedicandosi al ritratto, dove vecchi contadini, ragazze di paese, farmacisti e prelati trovano precise identità, insieme al figlio Giorgio, più volte ritratto dall’adolescenza alla maturità. Un ampio spazio il pittore riserva a soggetti sacri, dai quadri ispirati a particolari devozioni – la Santa Barbara voluta dai minatori emigrati in America, il Don Bosco attorniato dai giovani del paese, il Cottolengo al centro di una moltitudine di derelitti, pitture ancora presenti nelle navate di Cuceglio e San Giorgio – agli affreschi che in chiese del Canavese realizzerà nei primi decenni del Novecento. Sulla devozione religiosa si incentrerà il suo lavoro nelle Americhe, fra New York, Filadelfia – in cui dipinge la cupola della cattedrale -, Canada e Argentina dove, dal 1913 al 1920, lavorerà a quella simbolica ricostruzione della comunità degli emigranti attraverso le immagini della tradizione cattolica. Lavorerà, dopo il suo rientro, a cappelle e santuari piemontesi, fino alla sua morte, avvenuta nel 1950. Durante il fascismo Bartolomeo Boggio si chiuderà nel suo privato in totale contrasto con il regime, rinunciando a partecipare a rassegne che in gioventù gli avevano tributato premi e riconoscimenti, a partire dalla Esposizione della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino, del 1899. Oltre alla donazione all’Accademia, da parte della famiglia Boggio, di numerose opere, a olio e in carboncino, che documentato una pittura fedele alla figuratività dell’epoca, va segnalata la donazione di un cospicuo insieme di documenti relativi alle lezioni tenute dai maestri dell’Accademia sul finire dell’Ottocento. Tale insieme si compone di appunti rigorosamente annotati dal Boggio durante le lezioni, di disegni anatomici, di architettoniche riproduzioni di opere da musei e di monumenti, e di pubblicazioni di temi geometrici e anatomici in manuali di sostegno ai principianti, materiali utili a fornire una documentazione sul tipo di formazione adottato in quegli anni dall’Accademia.
Redazione ArtInMovimento Magazine
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