Finalmente sono tornato domenica 27 ottobre al Tempio di Anima Universale di Leinì (TO), ma stavolta con i miei genitori. Ho pensato fosse per loro un modo per conoscermi di più, per sapere altro di me, per rendere ai loro occhi evidente la complessità della mia ricerca. Dopo la loro partecipazione al Convegno Andare Oltre. Uniti nella
Finalmente sono tornato domenica 27 ottobre al Tempio di Anima Universale di Leinì (TO), ma stavolta con i miei genitori. Ho pensato fosse per loro un modo per conoscermi di più, per sapere altro di me, per rendere ai loro occhi evidente la complessità della mia ricerca. Dopo la loro partecipazione al Convegno Andare Oltre. Uniti nella Luce, ho ritenuto fossero pronti a confrontarsi con una realtà autentica, vera, forse solo un po’ lontana dal loro modo tradizionale di percepire la funzione eucaristica, una realtà che nutre il Nuovo Umanesimo, creando ponti e accogliendo senza giudizio. Con mia grande gioia, si sono subito adattati, hanno vissuto pienamente l’esperienza con un’apertura di mente e di cuore che mi ha colpito. I loro feedback sono stati molto positivi: Perché non inviti uno di loro come relatore al tuo convegno? […] È proprio una realtà positiva, dove si sta bene! (mio padre) e Come mai il Maestro ti conosce così bene? (mia madre). Quest’ultima non se ne faceva proprio una ragione al riguardo. Io sorridevo perché ci sono relazioni che non sono spiegabili considerando solo gli assi cartesiani che caratterizzano questa esistenza specifica: bisogna andare lontano nel tempo per avere una vaga idea di ciò che realmente unisce delle anime che si riconoscono in modo così chiaro ed evidente. A facilitare questa percezione hanno contribuito anche la straordinaria umanità dei Ramia, in particolare di Ramia Rosvaldo, Ramia Riccardo e Ramia Roberto che li hanno fatti sentire a casa, riservando loro una super accoglienza, e poi le benedizioni di Swami che si è avvicinato a loro, abbracciandoli e colmandoli di tutto il suo amore. Che grande dono! E mentre scrivo sono stato inebriato dal Suo odore: come se mi fosse vicino. Avverto l’odore di rosa che mi trasmette ogni volta entro in contatto con lui.
Ma andiamo per ordine per raccontarvi questa magnifica domenica. Dopo l’invocazione a Dio, a Gesù e soprattutto a Maria, la Signora della Vittoria, di purificazione, di protezione e di sostegno, inizia il Darshan. Grazie a Davide e a Lucia, ero seduto con i miei in seconda fila a destra. Scende dall’altare e si dirige quasi subito da me. Non ho mancato l’appuntamento che ci eravamo dati in chissà quale dimensione. Mi stava aspettando. I nostri sguardi si incrociano e mi abbraccia per un tempo che ha teso all’infinito. Mi ha chiesto: Amore mio! Come stai? Come va il lavoro? Ed io Sono stanco, molto. Non permettere al lavoro di occuparti così. Sei per aria. Hai bisogno di occupare il tuo spazio qui e di vivere. Come sempre un monito preciso, puntuale che come un dardo d’oro ha superato lo strato dell’epidermide e si è andato a rifugiare nel mio cuore, risuonando come una perfetta melodia, agendo alla stregua del valoroso suono delle conchiglie di Krishna e Arjuna sul campo di battaglia di Kuruksetra, attivando un risveglio dolce e fiero al contempo.
E poi il Maestro ha inizio la lectio magistralis che ho percepito più delle altre diretta a me. Forse pecco di presunzione nel dire questo, ma ben due volte mi ha chiamato in causa – Nunzio, da giornalista, è meglio dalla o della? e Mr è chiaro? – e i contenuti veicolati erano fortemente legati alla sua domanda riguardante il mio lavoro. È ovvio che sono stati insegnamenti per tutti, che hanno nutrito e fatto riflettere i presenti: a me hanno risuonato moltissimo.
Al centro della dissertazione i seguenti due versi del Vangelo di Luca (12, 32-33) letti da Ramia Osvaldo che esprimono un’importante, anche se poco conosciuta e a volte fraintesa Verità espressa da Gesù.
Non temete (…) perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il Suo regno. Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina: procuratevi ricchezze che non si consumano, un tesoro sicuro in cielo. Là i ladri non possono arrivare e la ruggine non lo può distruggere.
Il tutto inizia con un imperativo tranquillizzante: l’invito a non avere paura. Non bisogna assolutamente trascurare questo aspetto in quanto la paura è il deterrente di ogni azione e quindi di ogni realizzazione pratica e spirituale. Bisogna rimanere sempre nell’assoluta e più cieca fiducia in Dio padre in quanto il Suo progetto è sempre l’espressione del nostro più alto bene. In seguito si parla di un dono che Dio, con enorme piacere, ha fatto ai suoi figli, noi uomini. Il regno allegoricamente rimanda al potere di Dio, un potere che va amministrato e che necessita di un lavoro interiore per essere ben gestito. Non si tratta di vivere in povertà, in quanto essere poveri non è un valore o non è certo una discriminante che determina se un uomo è giusto o buono. Non significa nemmeno mantenere una condotta coerente per ricevere una ricompensa nell’aldilà, in quanto a quel punto non si parlerebbe di un regalo. Il Maestro sottolinea che per vivere pienamente questo regalo, bisogna spogliarsi dell’avidità, che è altro ancora rispetto all’egoismo, liberarsi dalla sete di possesso. Solo alleggeriti da questo “parassita” potremmo ritrovare la ricchezza che c’è dentro ciascuno di noi, diventare così generosi da essere capaci di amministrare, con leggerezza, il dono del Padre nostro che è nei cieli. Nel possesso, secondo Swami, vi sono non soltanto l’attaccamento, il controllo e anche la voglia di possesso, aspetti che partono da noi direttamente e si dirigono verso persone, animali o cose, ma anche ganci che arrivano dall’esterno o sono una proiezione esteriore di noi e delle nostre necessità più basse, zavorre che non ci consentono di volare e ci tengono ancorati a terra, ci rendono immobili, a volte, senza che ce ne accorgiamo. Tra questi ultimi Swami annovera il bisogno di apparire per piacere agli altri o per essere “adottati” da un gruppo; il sentirsi incastrati dal proprio lavoro; l’essere condotti dal soddisfacimento dei propri desideri. Dietro questi c’è sempre il bisogno di possesso che ci rende dipendenti, schiavi di qualcuno o qualcosa. Perdiamo la nostra leggerezza e la nostra libertà in quanto la nostra mente è focalizzata solo al fare e perde di vista l’essere, la nostra crescita, la nostra evoluzione. Perdiamo di vista così ciò che conta di più: riuscire a dare a noi stessi e a questo piano il miglior contributo possibile, il meglio di noi. Se invece siamo attanagliati dai progetti, dalle ansie che ne concernano e dal preoccuparci che tutto sia sempre perfetto, ci paralizziamo, ci dimentichiamo di vivere pienamente il Suo dono, quel potere di Dio che si manifesta nella vita e nel servizio che all’Esistenza in quanto discepoli in cammino abbiamo da dare.
Swami precisa: Fai attenzione a non farti possedere da nulla perché altrimenti rischi di perdere più tempo a costruire la tua vita anziché viverla. Lascia andare tutto ciò che ti possiede. Smetti di esserne dipendente mentalmente. Solo così sarai libero di seguire ciò che non arrugginisce mai.
I ladri non possono rubarci ciò che sta dentro i cieli del nostro essere in tutte le sue dimensioni, non possono sottrarci la nostra natura divina. Ecco che Swami ci mostra una singolare interpretazione delle parole di Cristo, ci offre un altro punto di vista per essere il meglio di noi. Il regno ci appartiene già adesso e con queste istruzioni sapremo gestirlo con maggiore consapevolezza, prestando attenzione al hinc e al nunc, al qui e ora. È nel presente che si manifesta il potere che Dio ci regala.
Il regno di Dio, il dono che ci fa con amore, non è un dove o un quando, ma è il come vivere: ecco il suo potere. Nel come vivere c’è tutto il potere, l’autorità di Dio, nel come vivere secondo la logica di Dio per essere uno con Lui, per non avere paura, per non essere corrotti dalle cose del mondo, dalla cattiveria, dal narcisismo, dalla spasmodica voglia di primeggiare e affossare gli altri. Il regno di Dio non è qualcosa che viene dopo la morte, ma inizia già dentro ciascuno di noi dal momento in cui iniziamo a scartare il regalo e prendiamo coscienza di come utilizzarlo.
Una lectio che risponde a dei miei interrogativi, a una stanchezza forte e a una gabbia che mi sono costruito: è lì la chiave per aprire la prigione che mi stava iniziando a schiacciare. Oggi Swami mi ha fornito una chiave di lettura importante. Al di là delle magnifiche cose che faccio, qual è lo spazio che mi sto prendendo per me, per nutrirmi e per meglio gestire il potere di Dio? Lo stesso costruire situazioni, creare eventi, tenere corsi, pubblicare libri diventano alibi dietro cui si cela l’illusione dello spirito del possesso che è una trappola, che mi fa disperdere energie e che, a volte, fa emergere una parte non edificante di me. Nel servire non posso dimenticare di nutrire la parte divina che c’è in me, non posso farmi fagocitare dalle mille cose che ho da fare, dopo aver aperto decine di porte. Fabrizio sapientemente mi ha paragonato a un maratoneta che dopo la mezza maratona, si prepara subito per la maratona, poi per i 20 km… Questo maratoneta sceglie adesso di rallentare anche per sostenere chi gli è accanto, per prestare maggiore attenzione alle piccole cose, per liberarsi da tutti gli impedimenti e i freni del suo percorso spirituale che può individuare soltanto con un sincero ascolto interiore, con momenti di silenzio e di introspezione dove non sono gli altri o gli impegni presi a limitare o circoscrivere il tempo necessario.
E Swami ci lascia col seguente mantra Ra ma da sa sa sey so ham per liberarci dalla sete di possesso.
Come se non bastasse, durante la benedizione col fuoco e con l’incenso, mi ha invitato a prendere dalle sue mani l’incenso in polvere e metterlo sui miei reni e poi un dolce saluto dall’auto durante il quale velocemente sono riuscito a regalargli il primo libro della trilogia Dialoghi con un Arconte con una dedica lunghissima. Mi dirà qualcosa? Non importa se lo farà o meno. Ciò che conta è che sia con me, che preghi per me e che io, come libero battitore sempre in movimento, come sapientemente mi ha appellato Ramia Riccardo, sia sotto la Sua delicata e potente protezione.
Annunziato Gentiluomo
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