Vi abbiamo parlato di Mauro Berruto e del suo nuovo libro qualche settimana fa, quando abbiamo avuto l’occasione di assistere alla presentazione a Ivrea, durante La Grande Invasione. Lo abbiamo letto, e possiamo dirvi che “Capolavori. Allenare, allenarsi, guardare altrove” non ha tradito le nostre, pur alte, aspettative. Per parlarvi di questo libro iniziamo però
Vi abbiamo parlato di Mauro Berruto e del suo nuovo libro qualche settimana fa, quando abbiamo avuto l’occasione di assistere alla presentazione a Ivrea, durante La Grande Invasione.
Lo abbiamo letto, e possiamo dirvi che “Capolavori. Allenare, allenarsi, guardare altrove” non ha tradito le nostre, pur alte, aspettative.
Per parlarvi di questo libro iniziamo però quasi dal fondo. Tra le tante immagini che Mauro Berruto sceglie per raccontare i capolavori, in ambito artistico e sportivo, ve ne sono due, due sculture in bronzo per l’esattezza, che ritraggono due atleti, l’uno vincente e l’alro sconfitto.
Il secondo ha a che fare con quel “guardare altrove” nel titolo, ed è da questo che si può iniziare. Entrambe le sculture sono dello stesso autore, Lisippo, che lavorò a lungo per Alessandro Magno. La statua del “pugile a riposo” ha il volto segnato dalle ferite, sembra essersi seduto, sfinito e sconfitto dopo un incontro, ma rivolge lo sguardo e il capo alla sua destra e verso l’alto. Come dice Berruto, si può immaginare che senta una voce chiamarlo. Guardare altrove è anche guardare già oltre la sconfitta, alla prossima sfida.
La capacità di guardare altrove e oltre è un tratto comune ai grandi campioni dello sport, e in generale a chi è stato capace di realizzare grandi risultati, appunto quei capolavori di cui il libro ci parla. Allargando il campo, la realizzazione di un capolavoro, dice Berruto “passa attraverso un essere umano capace di prendersi cura di un dettaglio, di un pezzetto di mondo, di amarlo a tal punto da farne una ragione di vita, pur avendo intorno altri umani che lo considerano inutile o, addirittura, ridicolo”. A molti grandi artisti è accaduto di non essere compresi, nella loro grandezza, dai propri contemporanei, perchè loro – appunto – erano già oltre. Nello sport, così come in altri campi del sapere e del fare, i grandi hanno saputo creare qualcosa di nuovo, “cambiare il paradigma” dice Berruto, cambiare le regole, fissare nuovi parametri di riferimento, rappresentare un punto di svolta storico.
Questo è un libro denso significato e significati, moltissimi i riferimenti storici e le citazioni, che tengono viva la curiosità, ma al tempo stesso è di una lettura piacevole, avvincente nella prima parte, autobiografica, in cui Berruto racconta la sua esperienza come allenatore. La pallavolo prima, dal CUS Torino alla Nazionale italiana, passando per Atene e la Nazionale finlandese, l’esperienza delle Olimpiadi, e il tiro con l’arco adesso (con altre Olimpiadi all’orizzonte). Gli allenamenti, il rapporto con la squadra e con i singoli, lo studio dei dettagli per prepararsi, il crescendo di emozioni durante le partite, tutto diventa vivo, tangibile, materiale. E tra le pieghe dei racconti dell’uomo pubblico, dell’allenatore, del Coach della Nazionale, ci sono le riflessioni dell’uomo, della persona che non si stanca di cercare il proprio capolavoro, anche quando di capolavori già ne ha realizzati, ma il desiderio (parola magica nella visione di Berruto) spinge a non fermarsi.
Mauro Berruto trae spunto dalle esperienze e dalle storie altrui, così come dalla propria, si interroga sul ruolo dell’allenatore, sul modo diverso di affronare le sfide sportive in differenti contesti culturali (Grecia e Finlandia), su quella che deve essere la capacità dell’allenatore di vedere il potenziale dell’atleta o di una squadra e di riuscire a farlo emergere (come Michelangelo vedeva le forme delle sue statue nel marmo grezzo, prima ancora di iniziare a lavorarlo). Muhammad Alì diceva che i campioni “devono avere abilità e volontà. Ma la volontà dev’essere più forte delle abilità“. Cosa significa? Significa che a parità di abilità, di capacità fisiche, di forza e di tecnica, l’atleta dotato di una maggiore forza di volontà sarà quello vincente. Allora è proprio la volontà ciò di cui si deve avere cura, ciò che si deve allenare, qualcosa che risiede della mente e non nel fisico, e che è una cosa diversa dalla semplice motivazione. Sono molte le chiavi per poter essere vincenti, ma una in particolare ha colpito la nostra attenzione. Si tratta dell’antifragilità, un concetto elaborato da Nassim Nicholas Taleb. Se la resilienza è la “capacità di superare grandi difficoltà restando sempre uguali a se stessi”, scrive ancora Berruto, l’antifragilità rappresenta la “capacità di trarre vantaggio dal superamento delle difficoltà”, che divengono allora occasioni di apprendimento e miglioramento.
Dalle storie raccontate in queste pagine, dalle grandi vittorie e dalle sconfitte, sono tanti gli spunti che ogni lettore può fare propri, per provare a realizzare il capolavoro che nasconde dentrò di sé, più o meno consapevolmente. E c’è un punto di partenza, un concetto semplice quanto fondamentale, che Berruto ripete due volte a distanza di poche pagine: non esistono sogni impossibili.
L’importante è continuare a guardare altrove.
Chiara Trompetto
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