E siamo tutti trascinati all’interno di uno studio del mezzo di comunicazione di massa per eccellenza, la televisione. Il pubblico del Teatro Fraschini di Pavia si presta a diventare un insieme di telespettatori di uno dei medium che McLuhan colloca tra i più freddi della storia, la tv appunto. E vediamo ambientare con grande coerenza
E siamo tutti trascinati all’interno di uno studio del mezzo di comunicazione di massa per eccellenza, la televisione. Il pubblico del Teatro Fraschini di Pavia si presta a diventare un insieme di telespettatori di uno dei medium che McLuhan colloca tra i più freddi della storia, la tv appunto.
E vediamo ambientare con grande coerenza Così fan tutte di Mozart in un reality show, in una parodia della massificazione, del livellamento del senso critico. È proprio questo che ha dato fastidio e che ha imposto a diverse persone di andare via dopo il primo atto o criticare aspramente l’allestimento: vedevano innanzi ai loro occhi ciò che costella il proprio quotidiano, la miseria che scelgono ogni giorno.
Curatissima e fortemente coerente la regia di Francesco Micheli. Come ai tempi del compositore austriaco, vuole parlare ai giovani che chiaramente non si trovano più nelle piazze ma che devono essere raggiunti attraverso i media, e quale modo migliore se non dar vita, utilizzando il sottotitolo dell’opera, al talent-reality La scuola degli amanti? Una scelta che può risultare discutibile a chi pensa che l’opera debba essere classica, ma che, a nostro avviso, convince e attira.
Durante l’ouverture infatti nella scena tanti sono i giovani che si cercano, si abbracciano in un’istantanea di relazioni intense e di brevissima durata che costellano i giorni d’oggi. A un certo punto si dividono in due gruppi. Sono tutti rigorosamente grigi, colore che ritornerà in tutto lo spettacolo e che indica il livellamento culturale, l’annullamento del senso critico e di riflesso l’omologazione del gusto e il conformismo a cui ci spinge un certo modo di fare televisione. Sono dentro uno studio televisivo con due squadre contrapposte: gli uomini e le donne. Chi avrà la meglio? Una distanza volutamente segnalata dalla stessa uniforme: la tonalità grigia. E inizia così proprio un gioco delle coppie in cui Don Alfonso, il presentatore che si diletta anche a immortalare con foto quanto avviene in scena, e la sua velina Despina, sono maestri di cerimonie per selezionare la coppia vincitrice.
E quindi la seduzione, la trasformazione e l’amore presenti nell’opera mozartiana si vedono affiancati dal potere, dai soldi, dal gioco e dalla nudità, mai volgare ma che sicuramente è presente in tutto l’allestimento. E il dilagante gusto del stimolato dal rimanere in mutande dei protagonisti, dal movimento pelvico alla fine del primo atto quando da talent si passa a musical.
Nelle semplici scene di Nicolas Bovey, perfettamente funzionali, all’idea registica, spiccano i riflettori appesi e un fondale su cui in momenti diversi veniva proiettati video di una nave tra le onde, fondale dietro cui si coprono, durante l’aria Soave sia il vento, Fiordiligi e Dorabella. E poi entrano in scena un piano da bar molto kitsch, la stanza da letto con una consolle a specchio a sinistra e una vasca da bagno a sinistra – una sorta di stravagante camerino -, un letto verde con la testata dello stesso colore, sedie colorate, una poltroncina da Uomini e donne, ventagli enormi
Iniziano a prendere colore le due coppie quando si abbandonano ai sensi, quando sono in balia del presentatore: il giallo dopo il tradimento per Dorabella in contrapposizione di Dionigi ancora fedele al compagno; le vestaglie rosa per i due uomini nell’aria Donne mie, la fate a tanti; il travestimento super colorato per i due amanti, con parrucche improponibili.
Sicuramente un aspetto imponente è l’uso del colore, in particolare nei costumi di Giada Masi, che spicca contrapponendosi al grigio e identificando così i personaggi che hanno da dire qualcosa e che si differiscono dalla massa in quanto portatori di un messaggio. E in tal senso la presenza quasi ingombrante del microfono capace di amplificare la voce e quindi far raggiungere i contenuti a un numero più ampio di persone. Di nuovo si evidenza la critica all’indottrinamento mediatico da parte del regista, messa più volte in scena da Don Alfonso col suo copione, accompagnato da due valletti – un uomo e una donna – come ormai è di norma al Festival di Sanremo che all’inizio del secondo atto diventeranno due Drag Queen, a cui regala la propria stola bianca, con parrucche bianche e alte che ricordano lo stile settecentesco, e dalla scena dell’aria Una donna a quindici anni in cui Despina come un’insegnante molto accattivante, tiene lezioni a tutta l’assemblea di nuovo riunita, perché lei detiene la verità.
Tornando al colore, aspetto fondamentale di tutto l’allestimento, vediamo in scena giacche di Don Alfonso nero, bianco, rosso, grigio elettrico, e i vistosi cappelli di Despina: blu, verde, rosso e giallo, cariche della propria valenza simbolica, spiccano e fungono da forti identificatori in contrasto col grigio omogeneo e massificante, che ricorda anche le tenute carcerarie e per espansione semantica tutti coloro che sono privi di libertà.
Per quanto riguarda invece la direzione musicale, Gianluca Capuano ha, con freschezza e vivacità, ben interpretato la partitura mozartiana, motivando l’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano che ha ben risposto ai precisi accenti della sua bacchetta, e trovando importanti punti di incontro con la regia. Buono anche l’accompagnamento al clavicembalo e ben orchestrata la performance del coro. Compatto, puntuale e ben cadenzato sostiene i solisti e si mette in gioco in coreografie tutt’altro che semplici.
Passando poi al cast, abbiamo lodi per tutti tanto per le interpretazioni vocali quanto per quelle attoriali.
Fra tutti ci ha colpito Barbara Massaro che interpreta, a soli ventidue anni, il ruolo di Despina con consapevolezza, ironia e grandissima precisione. Dotata di una voce ben proiettata e luminosa, e caratterizzata da un valido fraseggio, si muove con determinazione nei sovracuti e si abbandona in delle variazioni veramente sorprendenti.
Accanto al soprano, sicuramente spicca Gioia Crepaldi che si misura con l’impervio ruolo di Fiordiligi, muovendosi, con estrema agilità, fra i salti impressionanti che la partitura prevede. Senza timore il soprano lirico si mostra sempre presente, ben saldo, con una linea di canto morbida e chiara e con eleganza espressiva da vendere.
Un plauso anche per Victoria Yarovaya che si amalgama perfettamente con la “sorella” di scena. Vocalità chiara e luminosa la sua, che unita a un eccellente la tecnica e una grande verve interpretativa, le ha permesso di onorare egregiamente il ruolo di Dorabella.
Affiancano le tre donne, Pablo Gàlvez che impersona Guglielmo ottimamente. Bella voce, buon timbro ed elegante fraseggio. Un ruolo che troviamo gli calzi a pennello e che interpreta fluidamente.
Matteo Mezzaro nei panni di Ferrando dà sfoggio di una buona linea di canto, anche se alcune imprecisioni nel registro più alto sporcano la sua performance e in quei momenti la voce appare ingoiata.
Concludiamo con Andrea Porta che è l’anchorman dello spettacolo (Don Alfonso) e che colpisce sicuramente di più per la verve attoriale, realmente impressionante, e per la sua espressività interpretativa che non per le doti vocali.
In sintesi uno spettacolo colorato, coerente, che mette alla prova gli accorsi e che stimola curiosità e riflessione.
Annunziato Gentiluomo
[Foto di Alessia Santambrogio]
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