Dal 23 al 25 febbraio siamo stati a Torino per la seconda edizione del Festival del Giornalismo alimentare. L’evento, che lo scorso anno si è svolto alla Cavallerizza Reale, si è spostato quest’anno alla Biblioteca Nazionale, con attività suddivise in due sale e un’area ristoro allestita per i break. Un format analogo alla prima edizione,
Dal 23 al 25 febbraio siamo stati a Torino per la seconda edizione del Festival del Giornalismo alimentare. L’evento, che lo scorso anno si è svolto alla Cavallerizza Reale, si è spostato quest’anno alla Biblioteca Nazionale, con attività suddivise in due sale e un’area ristoro allestita per i break. Un format analogo alla prima edizione, con panel tematici, alcuni dei quali rilasciavano crediti, sia per le professioni scientifiche che per giornalisti, eventi OFF nelle tre serate e poi, nella giornata di sabato, una ricca offerta di presstour alla scoperta delle eccellenze del territorio, in tutto il Piemonte.
Sono stati tre giorni intensi, che hanno registrato un incremento dei partecipanti, sia professionisti del settore che persone comuni interessate ai temi trattati, un pubblico eterogeneo anche per età e proveniente da tutta Italia. Il Festival, come sapete, è dedicato al giornalismo alimentare, cioè a chi fa comunicazione sul cibo e su ciò che si muove intorno ad esso. La rete del festival, composta di giornalisti e comunicatori, è cresciuta nel corso dell’anno e si è data appuntamento a Torino per riprendere il dialogo, per cercare nel confronto nuovi spunti e nuove idee. Si sono toccati argomenti di tipo diverso, sebbene a volte con tempi troppo contingentati, che non ne hanno permesso il pieno sviluppo. Tra i temi principali quello della sicurezza alimentare lungo tutta la filiera di produzione e distribuzione degli alimenti, ma anche i reati alimentari, le cosiddette agromafie, con un panel molto interessante in cui è intervenuto Giancarlo Caselli, presidente del Comitato scientifico dell’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, promosso da Coldiretti. Il mondo dell’informazione si è messo ancora una volta in discussione, in modo serio, critico, ma anche auto-ironico. La richiesta che viene fatta ai giornalisti e comunicatori, da parte di chi produce e distribuisce i prodotti agroalimentari, così come da coloro che si occupano delle food policies e dei controlli, è quella di essere sempre più attenti, puntuali, corretti e competenti, in una parola professionali. L’alimentazione è qualcosa che tocca la vita e l’interesse di tutti, interferisce con un bisogno primario nonché un diritto, quello al cibo, che le istituzioni nazionali e internazionali stanno cercando di tutelare sempre di più soprattutto dopo la spinta arrivata con Expo 2015 e la Carta di Milano. Uno dei propositi che accomuna la rete del festival è quello di creare una deontologia comune tra giornalisti e bloggers, là dove i secondi, non avendo un profilo professionale formalmente riconosciuto, non hanno un vero e proprio codice deontologico che ne delimiti l’operato, sebbene quello giornalistico sia il punto di riferimento per tutti coloro che si occupano di comunicazione. Fare un buon giornalismo in campo alimentare, per altro molto vasto, non è cosa facile, occorrono competenze e certamente passione per la materia, ed è esperienza comune a molti il fatto che gli editori non lo riconoscano a sufficienza.
Tra i protagonisti del variegato mondo della comunicazione in campo alimentare vi sono i critici enogastronomici, anche questo mestiere difficile, che soffre una diffusa condizione di precarietà, che richiede passione, dedizione, serietà e disciplina, come ha ricordato Federico Francesco Ferrero, firma de La Stampa, giornalista e nutrizionista, vincitore dell’edizione 2014 di MasterChef Italia. Dal panel in cui è intervenuto Ferrero, insieme a Anna Maria Pellegrino dell’Associazione Italiana Foodblogger, al food writer Carlo Spinelli, a Antonella De Santis del Gambero Rosso e a Eugenio Signoroni di Slow Food Planet, moderati magistralmente da Luca Iaccarino (giornalista di Repubblica), sono emerse in modo nitido le criticità di questo settore della comunicazione, ma anche un aspetto di rilancio e proposta per la prossima edizione. La domanda intorno alla quale si è acceso il dibattito era a chi debba rivolgersi la critica gastronomica. La risposta a tale quesito cambia, e non di poco, la direzione e il modo stesso di lavorare di un critico, sia nella forma che nei contenuti. A beneficiare di una critica di alto livello, preparata e competente, potrebbero essere non solo e non tanto i clienti/consumatori, ma prima ancora gli chef, e nel suo complesso l’arte stessa della gastronomia. Sarà interessante potersi confrontare anche con chef e ristoratori, ma per questo dovremo aspettare la prossima edizione. Gli spunti e gli stimoli raccolti nella tre giorni torinese sono stati molti e questo appuntamento si conferma una tappa che può diventare davvero un punto di riferimento per tutti i professionisti del settore. Ne siamo convinti fin dall’inizio, così come siamo convinti che lo strumento della Rete del festival abbia un grande potenziale aggregativo, propulsivo di idee, formativo per coloro che ne fanno parte, un potenziale ancora non pienamente espresso ma che potrà crescere edizione dopo edizione.
Presto vi racconteremo anche ciò che abbiamo scoperto nel nostro presstour di sabato, vi diamo solo due indizi per ora: Musei Reali e social eating con Gnammo.
Chiara Trompetto
[Fonte immagine di Federico Francesco Ferrero: festivalgiornalismoalimentare.it]
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