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SPIRITO DI CARNE: l’indissolubile intreccio tra Eros e Sacro

SPIRITO DI CARNE: l’indissolubile intreccio tra Eros e Sacro

L’Eros, ad oggi, è uno dei pochi agenti rimasti, tra quelli accessibili senza intraprendere percorsi di inaudita difficoltà, in grado di operare una profonda trasformazione del soggetto, dal suo centro, e consentirne una parvenza di realizzazione. Per molti tra noi, l’Eros è la sola opportunità di sperimentare qualcosa di vicino al trascendente. Per entrare in

erosL’Eros, ad oggi, è uno dei pochi agenti rimasti, tra quelli accessibili senza intraprendere percorsi di inaudita difficoltà, in grado di operare una profonda trasformazione del soggetto, dal suo centro, e consentirne una parvenza di realizzazione. Per molti tra noi, l’Eros è la sola opportunità di sperimentare qualcosa di vicino al trascendente. Per entrare in contatto con questa istanza ancestrale e archetipica, si deve scavare a fondo nella fangosa materia dei propri desideri, perché Eros è l’anima del desiderio. Risulta evidente che il contatto con la propria dimensione erotica esiga una perdita di controllo, una disponibilità al lasciarsi travolgere, un temporaneo cortocircuito del percorso di osservazione-controllo-imposizione (da sostituire con ricezione-abbandono-contaminazione) tanto in voga sia nel sistema istituzionalizzato che in coloro che credono falsamente di violarlo. È necessario aprirsi, con-cedere, che il controllo si converta in resa, così anziché imporsi sulla realtà per trasformarla (vana illusione), sarà la realtà ad allearsi al sé per trasformare se stessi. In Eros la chiave è accogliere l’Altro, con-cedersi, farsi abitare temporaneamente dall’anima di un altro soggetto. Vi è qualcosa di intimamente vicino alle esperienze del Sacro nelle esperienze dell’Eros. Anche il Sacro, fascinans et tremendum, è apertura e disponibilità a farsi “rapire”, invadere dall’Altro, dove l’alterità è l’Assoluto in senso eminente.

Nell’ottica Junghiana, Eros si oppone a Logos, il desiderio (dai cammini imprevedibili) si oppone alla logica (dai percorsi preconfezionati). Dal Logos nascono l’ordine e le classificazioni, le definizioni e le gerarchie, le connessioni formali e i significati costruiti razionalmente. Dall’Eros provengono l’empatia e l’intuizione, i sentimenti e gli affetti, gli istinti e le spinte creative. Eros è come un bosco fitto e incolto, Logos è come un ordinato incrocio di strade asfaltate. Posso addentrarmi nel bosco solo se non temo di perdermi, se sono disposto ad avere paura, se l’ombra mi affascina e se amo i terreni impervi. Nell’oscurità delle fronde, che proteggono dalla schiacciante chiarezza della luce, l’immaginazione si attiva, per colmare e completare le forme appena abbozzate dai giochi di luci e ombre, dai chiaroscuri della coscienza. L’immaginazione crea bellezza, offerta come un dono dall’incompletezza, dall’incertezza, dall’imprevedibilità, dal timore, dal disagio, da tutto ciò che mette in moto la vitalità del soggetto, sottraendolo alla noia del saper ciò che lo attende, all’illusione del controllo, all’aridità di una vista che presume di conoscere ciò che vede. In tal senso risulterà evidente che il Logos è maschile, fallico, rigido e manifesto, mentre l’Eros è femminile, vulvare, malleabile e non manifesto. Logos, come padre, rappresenta l’aspetto conscio e razionale. Eros, come madre, è invece il lato inconscio e irrazionale. In Jung riecheggiano retaggi della simbologia taoista, del circolare e liquido rapporto tra Yin e Yang.

A questo proposito ecco un breve estratto dal mio ultimo libro, Erotismo e Spiritualità, edito da L’Età dell’Acquario:
eros.1Il sacro è sia la fonte, la sorgente cristallina da cui scaturisce l’eros, sia il delta che ne accoglie il vero senso e le più elevate sfumature, l’inevitabile approdo del suo pieno realizzarsi. È chiaro che  l’inizio e la fine si intrecciano, che il sacro e l’eros si rimandano e completano a vicenda. L’erotismo stringe alleanza eterna con il sacro nell’alfa e nell’omega del suo manifestarsi, i due punti opposti che si annodano, come la bocca e la coda del serpente/dragone Uroboro. L’amore più elevato sconfina nel sacro, ed il sacro si realizza nell’estasi d’amore. L’ingresso e l’uscita sono una sola porta nell’erotismo mistico, ed ogni porta segna una soglia da attraversare, l’immagine di un superamento.

Non dovrebbe sorprendere o destare scandalo l’accostamento tra la dimensione del sacro e la sessualità, per quanto culturalmente l’occidente sia abituato a vedere questi due mondi come in conflitto. La vita è la più pura manifestazione del sacro, sua diretta espressione, ed il fatto di poter trasmettere la vita è un “miracolo” che avvicina l’umano al divino. La trasmissione della vita avviene per mezzo dell’unione sessuale. Non è un caso che la natura abbia disposto le cose in modo tale che uno dei piaceri più intensi sperimentabili nella carne coincida con l’eiaculazione. Pare si tratti di un espediente per favorire l’evoluzione della specie, il suo perpetrarsi. A detta dei mistici di ogni tempo e di ogni luogo l’esperienza del divino corrisponde al liberarsi di un piacere così intenso che l’orgasmo carnale sparisce al confronto. Forse in tal caso la natura ha disposto le cose in modo tale da favorire l’evoluzione del soggetto?

marucchi“Sacro”, etimologicamente, è affine “segreto”. La dimensione del sacro è l’intimità, l’interiorità silente e notturna del soggetto. Il “segreto”, a sua volta, etimologicamente è identico a “secreto”. Il Sacro è segreto, il segreto è secreto. Le esperienze interiori sono come secrezioni di aspetti nascosti – e perciò segreti – della coscienza. Le secrezioni sono emissioni, implicano l’offerta, il darsi del sé dalla profondità del proprio centro. Il sacro è quindi un dono che il sé fa di se stesso a se stesso, per rendere consci e fruibili i più oscuri recessi della propria natura. Qualcosa di simile accade in sogno, dove il sé fa conoscere a se stesso parti, contenuti o momenti di se stesso. Sognare da svegli è l’origine della vera lucidità, l’interazione attiva tra conscio ed inconscio. L’essenzialmente nascosto si apre verso i cieli della coscienza, come un germoglio emerge dalle tenebre verso la luce, uscendo dalla clandestinità dell’incoscienza per affacciarsi alla dimensione della consapevolezza. Serve un’attitudine visionaria. Si deve coltivare il dormiveglia, porsi al limite tra due mondi, l’esterno e l’interno, per coglierne la continuità e la reciprocità.
La travolgente forza ispiratrice dell’amore è contemporaneamente in grado di elevare l’individuo o disperderlo nell’abisso della frammentazione. L’amore è alla base di ogni forma di illuminazione, come di ogni forma di autodistruzione. Per questo si dice “folle d’amore” o “innamorato follemente”. Il vero amore esige un grado di follia che lo avvicina all’esperienza mistica o magica. La via dell’amore è connaturata al desiderio di sé, ma si realizza nel desiderio della perdita di sé. Come stella polare interiore, orienta il soggetto a mettersi in cammino verso se stesso, per scoprire che ci si conquista abbandonandosi, ci si ritrova perdendosi, e così via, di paradosso in paradosso. [pp].
A questo punto risulterà chiaro che l’esperienza erotica consapevole, non schiava della dipendenza da un piacere effimero, scevra dai vincoli della gelosia, del possesso e di tutto ciò che rende l’uomo schiavo, può essere l’occasione di un contatto profondo con il sacro, con l’anima, e fornire un’opportunità di auto-conoscenza o addirittura di trascendenza.
Claudio Marucchi

[Fonte dell’immagine di copertina: hariel.it, artediessere.com]

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