Scorrono veloci le giornate in riva al Po dove, tra gli spazi di Municipale Teatro e il Cap 10100 il gruppo di “Sporting” serra i ranghi per arrivare alla stesura definitiva del copione, quindi alla messa in scena dello spettacolo. Va, infatti, spiegato che il testo emergerà dal lavoro svolto dagli attori, chiamati sotto la
Scorrono veloci le giornate in riva al Po dove, tra gli spazi di Municipale Teatro e il Cap 10100 il gruppo di “Sporting” serra i ranghi per arrivare alla stesura definitiva del copione, quindi alla messa in scena dello spettacolo. Va, infatti, spiegato che il testo emergerà dal lavoro svolto dagli attori, chiamati sotto la supervisione del regista e dell’autore, a scrivere ciò che poi reciteranno.
Si comincia dal libro. Tenuto in mano, piegato, sottolineato, stretto, arrotolato, strapazzato, pezzi interi vengono digeriti dagli attori che iniziano a far parlare i protagonisti in modo diverso, quasi come un pop up, sono loro, tutti e otto a emergere da quelle pagine. E’ un fenomeno affascinante cui assistere, perché ognuno prova a indossare i panni di un personaggio o di un altro e non appena si sente a suo agio con un ruolo, ecco arrivare il regista a strapparglielo di dosso, per farlo indossare a un altro: a volte sembrano toppe, altre sono ricami.
Si provano anche le attività in scena, è chiaro che “Sporting” sarà una continua azione dinamica, gli attori daranno vita alle scenografie ideate da Grazia Amendola e Sara Steardo, così come eseguiranno parte delle musiche composte da Maurizio Malano, anche lui sul palco a suonare dal vivo.
Può succedere che io non sia il solo spettatore di quanto accade durante le prove. Ogni tanto si unisce al gruppo anche Mauro Berruto, l’autore di quel libro, Independiente Sporting, ora nelle mani degli attori. All’inizio la sua presenza gela un po’ gli animi: è difficile prendere la creatura di qualcun altro e farla propria. Fra timor reverenziale e punte di ardimento, quel testo bisogna pensarlo in altro modo, probabilmente stravolgerlo, farlo parlare in un’altra lingua: forse sta per nascere qualche personaggio che nel libro non c’era.
Succede anche di far emergere dalle pagine qualcosa di immenso, come il Rio delle Amazzoni che, in maniera del tutto naturale, il regista Enrico Gentina, tira fuori da un grosso sacco. Eccolo qui, 20 metri di telo bianco, un velo quasi impalpabile, con cui giocare, da far volare, in cui avvolgersi, da strapparsi dalle mani, in cui immergersi come se fossero proprio le acque di quel fiume. Forte e dirompente intorno a quel drappo si costruisce un’altra sessione di prove, in cui il telo assume tutte le forme che un fiume possa avere: stretto corso d’acqua su cui saltare, fiume in piena, acquario per i pesci, torrente in cui nuotare, pozza in cui specchiarsi e ancora in Rio in burrasca, avvolgente e pericoloso, vivificante e tentatore. I ragazzi, con l’accompagnamento della chitarra di Maurizio, corrono fra le onde create dal drappo che fluttua a mezz’aria, rotolano per terra, strisciano, non si risparmiano. Con quel telo si misureranno anche in scena, il Rio sarà parte di “Sporting” anche a teatro, lo capiamo in questo frangente. Come capiamo che il teatro può essere un posto pericolosissimo, quando schegge di legno del palco iniziano a infilarsi nelle mani e nei piedi delle attrici e ci improvvisiamo soccorritori, magari anche un po’ pulp, con cavatappi e spille da balia, usando come disinfettante whiskey e rum.
Schegge di teatro si infilano sotto pelle, vanno a fondo, alcune non escono più.
Elena Miglietti
[Fonte Immagini: ArtInMovimento Magazine]
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