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“Talento è vita” da poco nelle librerie. Intervista agli autori.

È uscito da poco un volumetto singolare che ha attirato la nostra curiosità. Si tratta di Talento è vita di Vita Livia Bradascio e Francesco Contento. Due autori per formazione abbastanza lontani fra loro. La prima una business woman, esperta di marketing e comunicazione, il secondo storico del pensiero, umanista e dottorando in Filosofia. In comune,

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È uscito da poco un volumetto singolare che ha attirato la nostra curiosità.
Si tratta di Talento è vita di Vita Livia Bradascio e Francesco Contento. Due autori per formazione abbastanza lontani fra loro. La prima una business woman, esperta di marketing e comunicazione, il secondo storico del pensiero, umanista e dottorando in Filosofia.
In comune, il volontariato, l’Associazione “Vita Volontari per Vocazione”, ed è proprio di questo aspetto che desideriamo discutere con loro.

Come nasce il progetto “Talento è vita”?
L’idea del libro è nata a latere di un’attività dell’Associazione, “La Rotta del Talento”. Nato da una conoscenza e da uno scambio di idee tra me e Gianni Errera nel contesto di un viaggio spirituale a Medjougorie, questo talent canoro – che apparentemente potrebbe ricadere negli schemi omologanti della nostra società dell’immagine – nasce, al contrario, ispirato dalla profondità di una convinzione: l’uomo deve conoscere se stesso come singolo unico e irripetibile che solo quando attinge alla sua vera natura riesce a vederla come carica di talenti altrettanto unici e irripetibili. Solo allora inizia l’espressione di quel talento come vera espressione di sé e solo in quel momento, nel talento, conoscenza ed espressione si riflettono. Nel caso de “La rotta del talento” l’espressione è il canto che, tuttavia, rimarrebbe puro virtuosismo se non nascesse da un individuo che, essendosi conosciuto, può “cantarsi”, cantare di sé e del mondo con profondità. Questa è la profondità del pensiero da cui nasce e a cui tende la preparazione di ognuno dei singoli eventi.
Un viaggio nautico virtuale, dunque, la cui rotta è stata tracciata secondo tappe via via nuove e ormeggiando in porti diversi con l’unica finalità di scovare quei talenti bisognosi di iniziare il loro personale cammino di formazione. Per questo “di più” di professionalità e competenza l’“Associazione Vita Volontari per Vocazione” collabora in stretto contatto con la scuola di formazione Multi Media Music.
È per via di questa ispirata analogia con il mondo della navigazione che la prima tappa de “La rotta del Talento” è iniziata su di un veliero: il 10 Maggio 2013, ospiti della “Signora del vento”, abbiamo ormeggiato per la prima volta a Civitavecchia tracciando da lì le rotte successive sino al Gran Galà Finale con il quale si è chiusa la prima edizione. Si è così delineata, sin da subito, quella fisionomia che vorremmo rimanesse invariata per ciascuna edizione della manifestazione.
Ho deciso di scegliere e incominciare l’esperienza del progetto “La Rotta del Talento” sul Veliero d’epoca “La Signora del Vento” perché voglio trasmettere ai giovani la concretezza e la qualità della vita partendo proprio dall’immensità e dalla libertà che trasmette il mare. Attraverso la vita in mare apprendiamo l’importanza della semplicità, la programmazione del nostro tempo e il senso morale del dovere per il rispetto di noi stessi e degli gli altri, valorizzando il lavoro di squadra e tutti quei valori in cui credo fortemente e lotto ogni giorno

Perché “Talento è vita”?
Il titolo “Talento è vita” è stato scelto perché connette queste due realtà – quella della vita e quella del talento – in due sensi ben precisi. Il primo: chi di noi potrebbe fare della propria vita una vita “riuscita” e – aggiungiamo – ben riuscita (dal punto di vista affettivo, professionale, culturale, sapienziale etc…) senza neppure un minimo di “talentuosità”? Chi potrà mai reggere un confronto anche minimo con l’esistenza così come si propone e propina al singolo senza gli strumenti del talento? È un fatto, questo, più originario della semplice constatazione della presenza di una qualità in una persona: per viver bene ci vuole talento, e precisamente quel “talento primo” che è l’arte di vivere. In questo primo e importantissimo senso “Talento è vita”. Ma “Vita è talento” anche per un altro motivo. In genere “vita”, nel linguaggio e nella mentalità corrente, è anche sinonimo di energia, di proattività, di forza sanguigna, di veracità e vivacità del gesto e del pensiero. E in effetti: cosa rendono energica, proattiva, forte, vera e vivace una vita se non i propri talenti? L’esistenza anonima e inautentica, esangue, spenta e senza vita è propria di coloro che vivono senza riconoscere e coltivare quei talenti che le renderebbero tutto il suo vigore. Anche in questo senso, dunque, “Vita è Talento”.

Qual è l’obiettivo che vi siete posti in termini di intento e di numeri?
Sugli obiettivi. Il nostro desiderio era quello di disporre di un testo capace di presentarci come Associazione descrivendone per il pubblico i motivi ispiratori e le finalità. Testi come questo hanno poi, certo, un valore ad intra per gli associati e per quanti vorranno farlo in futuro e il valore è proprio quello di esprimere un’autocomprensione, quello che vogliamo e dobbiamo essere. Il tema specifico del talento è legato ad una delle attività proposte dall’Associazione, ovvero la “Rotta del Talento”, ma è comunque sufficientemente comprensivo dei valori ispiratori dell’Associazione.
Per quanto riguarda i numeri. Anche a dispetto di ogni nostra rosea aspettativa il libro è in seconda ristampa avendo trovato già un certo – e positivo – riscontro.

Quanto ha inciso il filtro del messaggio cattolico nell’esposizione dei contenuti?
Più che di filtro cattolico parlerei di filtro cristiano: il cristianesimo non si esprime e rende presente nella sola forma del cattolicesimo romano. È un’ovvietà, me ne rendo conto, ma molto spesso sono proprio le cose più ovvie a sfuggirci rendendo parziali le nostre letture. Ovviamente la distinzione che faccio non è un giudizio: dietro di essa non c’è una critica alla forma romano-cattolica di declinazione del cristianesimo come forma inautentica, distorta o perversa. No! È solo igiene del linguaggio e della mente, se posso esprimermi così.
Detto questo, rispondo alla domanda. Sì, c’è un timbro cristiano molto forte nel modo in cui il libro è stato pensato e scritto. Anzitutto per un motivo che è in rebus ipsis: l’esperienza che raccontiamo nel libro è quella di una (ri)conversione al cristianesimo – quella di Vita Livia – che è l’esperienza da cui nasce l’idea dell’Associazione “Vita Volontari per Vocazione” e l’idea del libro che la vuole, per la prima volta, presentare al grande pubblico. Per questo scrivendo non potevo non parlare la lingua di quella esperienza fondativa e quella lingua è quella cristiana. Del resto nella prima parte Vita Livia racconta della sua esperienza proprio offrendo i termini-chiave del suo lessico interiore che sono termini sostanziati da una comprensione cristiana di sé e del mondo (Identità, Dolore “produttivo”, Conversione, Spiritualità del lavoro, Talento relazionale, Cura degli altri).
C’è, poi, un secondo motivo, anche questo in rebus ipsis per il quale è marcato il timbro cristiano: la semantica del termine “talento” è strettamente legata alla diffusione di una certa lettura della parabola dei talenti che leggiamo più organicamente nel Vangelo secondo Matteo (Mt 25, 14-30). Simili risemantizzazioni di termini del mondo antico sono figli del processo di cristianizzazione europea. Il libro, nella seconda parte, fa riferimento a questo processo e dedica molte pagine ad una lettura della parabola. Colgo l’occasione, per parlare dello stile di scrittura del libro. Il testo non è stato pensato come uno studio o una ricerca con finalità accademiche – genere al quale sarei peraltro più avvezzo – ma come un testo spirituale/sapienziale: una piccola fenomenologia della realtà del talento visto nella sua stretta connessione con l’identità personale e con una Lebensphilosophie che pone al centro l’esperienza interna del singolo. Temi abissali, dunque, assolutamente non sintetizzabili e che l’Associazione vorrebbe, nelle attività di incontri che propone, sviscerare più diffusamente. Intento del libro, accanto alla presentazione dell’Associazione, era proprio quello di imbastire una riflessione capace di suscitare altra e altre riflessioni nel lettore. Tutto qui, mi verrebbe da dire.
Infine, un ultimo aspetto riguardo al filtro cristiano. È noto il saggio del 1942 di Benedetto Croce dal titolo Perché non possiamo non dirci cristiani, testo nato dall’insonnia del Croce che, essendosi svegliato dopo mezzanotte e non riuscendo più a riaddormentarsi, non trovò di meglio da fare che riflettere su questo tema e imbastire le linee di uno scritto. Un saggio figlio dell’insonnia, dunque, in tempi nei quali il cristianesimo era ancora realtà oggetto di meditazioni e di meditazioni notturne [ride]. Un testo peraltro molto criticato perché accusato di ridurre il cristianesimo a mera religio civilis e incapace di cogliere, da un lato, la novitas della revelatio christiana e, dall’altro, la dimensione profetica tipica del cristianesimo vissuto. Non entro in questo. C’è però, a mio avviso, uno sviluppo di quel testo crociano del ’42 che conserva ancora tutto il suo valore. La faccio breve: per Croce la maggiore delle rivoluzioni compiutesi nell’Occidente europeo fu quella cristiana per il fatto che il cristianesimo aveva agito nel centro della coscienza risaltandone l’intimo e il proprio, aveva messo al centro dell’esperienza interna il fine morale, oltre ad aver unificato in un solo atto sentimento, azione e pensiero creando una visione organica della realtà. Si può discutere sul merito della proposta cristiana ma la tradizione che ci consegna quella rivoluzione non può non essere presa in seria considerazione. In questo sta l’attualità delle indicazioni di Croce. Il resto del saggio va tutto discusso. Resa per me il fatto che la lettura dei vangeli e i testi di personalità come Paolo, Agostino, Anselmo, Tommaso, Cusano etc… è una lettura a mio avviso assolutamente necessaria, una lettura non demandabile a sintesi o interpretazioni più o meno erudite o più o meno fedeli – la lettura è sempre un “corpo a corpo” –. Che dire poi della tradizione mistica? Anche queste sono cose evidenti in rebus ipsis.

Questo progetto editoriale ha potuto contare su qualche sponsor?
No nessuno. Il progetto è stato finanziato completamente dall’Associazione.

La prima presentazione pubblica per quando è prevista?
Abbiamo previsto una prima presentazione per il prossimo 04 aprile 2014 presso l’Auditorium “Santa Chiara” di Roma. Il contesto sarà quello del “Gran Galà Finale” della manifestazione canora “La Rotta del Talento”. Una prima occasione, certamente non l’unica. Ma ci stiamo ancora pensando.

L’associazione “Vita Volontari per Vocazione” in sintesi di cosa si occupa
L’idea dell’Associazione è nata da una convinzione che ho maturato in questi ultimi anni e che sento forte dentro di me: degna di essere vissuta è solo quella vita che doniamo volontariamente agli altri. Chi si sente “vocato” a questo ha una marcia in più, non sottrae tempo a se stesso, ma ne acquista, vincendo una partita importante, quella contro l’indifferenza e l’egoismo. “Vita Volontari per Vocazione” si prefigge questo scopo. La V è quella di Vittoria, di Volontariato, di Vocazione, è un simbolo che idealisticamente sale verso l’alto e ci distacca dalla contingenza per darci il senso vero di una vita pienamente condivisa. L’Associazione, dunque, rientra nella più generale categoria delle associazioni di volontariato.
Nello specifico si occupa di ricercare e curare persone di talento in molti settori del mondo dell’arte e delle professioni. Chi nasce con un dono e lo sviluppa, si accorge presto di riuscire a fare qualcosa in modo speciale, senza difficoltà e più velocemente di altri. Il “Talento” è un grande valore ed è un dono di Dio all’uomo, qualcosa che parte da un potenziale innato ma che, in qualche modo, ha anche bisogno di essere raffinato perché può presentarsi in modo grezzo e, pertanto, non completamente utilizzabile. C’è chi ha il talento della musica, chi delle lingue, chi della pittura, altri della scrittura e così via. Solitamente il talento si materializza attraverso qualsiasi forma d’ arte, si concretizza quando ci si esprime positivamente a vantaggio della comunità. Chiunque sia in possesso di talenti ha il dovere di coltivarli con passione, di “spenderli” per arricchire il tessuto sociale. Ha il dovere ma deve avere anche le possibilità, è questo il punto. Ed è questo il fine dell’Associazione: mettere in circolo quella solidarietà necessaria affinché quello economico non sia un problema per lo sviluppo del talento personale. Si vuole porre una particolare attenzione alla valorizzazione delle persone, impegnandosi nella promozione di una costante attività di formazione volta all’apprendimento di specifiche competenze e allo sviluppo di un’approfondita professionalità secondo il talento di ciascuno.

Quali sono oggi i numeri della vostra realtà associativa?
Gli iscritti, ad oggi, sono 400.

I ricavi delle vendite del volume come saranno ridistribuiti?
Il ricavato partim sarà utilizzato per coprire le spese di realizzazione e stampa del libro e partim diventeranno i finanziamenti delle nostre prossime attività.

Perché i nostri lettori dovrebbero acquistare il volume “Talento è vita”?
In genere è nelle prefazioni che gli autori di libri tentano quella captatio benevolentiae a cui, in fondo, questa domanda spingerebbe anche me. Franz Rosenzweig diceva delle “consuete prefazioni da filosofo” che sono veri “starnazzamenti dopo aver fatto l’uovo”, e l’uovo era proprio il libro scritto. Non vorrà mica farmi starnazzare?

Annunziato Gentiluomo

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