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Un giovanissimo cast per “Rigoletto” al Teatro Verdi di Busseto

Rigoletto, presentato al Festival Verdi 2015, fa capolino al Teatro Verdi di Busseto nell’ambito della Stagione Lirica del Teatro Regio di Parma. Al centro della regia di Alessio Pizzech, che ben cura la gestione dello spazio e della simmetrie sceniche ricorrendo, ad esempio, a triangolazioni, si impone la questione femminile che è sottesa evidentemente nel libretto dell’opera, ma in questa versione viene propria marcata. La donna è oggetto, e viene ostentata come se fosse una prostituta di strada in mezzo alle feste orgiastiche del Duca di Mantova e dei suoi invitati. La contrapposizione è chiara: la sciattezza dei costumi femminili e l’eleganza di…

0022rigolettoRigoletto, presentato al Festival Verdi 2015, fa capolino al Teatro Verdi di Busseto nell’ambito della Stagione Lirica del Teatro Regio di Parma.
Al centro della regia di Alessio Pizzech, che ben cura la gestione dello spazio e della simmetrie sceniche ricorrendo, ad esempio, a triangolazioni, si impone la questione femminile che è sottesa evidentemente nel libretto dell’opera, ma in questa versione viene propria marcata. La donna è oggetto, e viene ostentata come se fosse una prostituta di strada in mezzo alle feste orgiastiche del Duca di Mantova e dei suoi invitati. La contrapposizione è chiara: la sciattezza dei costumi femminili e l’eleganza di quelli degli uomini, a sottolinearne la differenza. La donna viene usata, insidiata, deflorata, addirittura defraudata dalla sua identità: indossa una maschera ed è praticamente svestita. Intensa la scena in cui Monterone richiede sua figlia e solo allora può togliere la maschera e riprendere, grazie al padre, la propria identità. Ma la buca dell’orchestra separa i due che protendono, in un moto pieno di pathos drammatico, l’uno verso l’altra. Inoltre in tale messa in scena è percepibile l’intento del regista di far dialogare passato e futuro, facendo sì che tutto avvenga nella dimensione del presente, che tutto accada nell’istante della scena. In questo senso si colloca l’idea di dare una verve cinematografica all’opera, che0040rigoletto già nell’ouverture si caratterizza per un video dove sono presenti i più importanti interpreti del titolo nella storia. Inoltre avvalorano questa scelta lo stesso struccarsi del protagonista in scena, l’ambientazione della casa di Gilda, come se fosse il camerino di una star che viene raffigurata anche con uno specchio in mano; e poi le luci che si abbassano creando proprio il set di un cinema. Un cinema che interagisce, un 2.0 per utilizzare il gergo informatico. Infatti, i due figuranti principali, prima dell’inizio dell’opera, invitavano i presenti a prendere posto, come se fossero delle maschere speciali, assolutamente silenti, e alla fine di ogni atto chiudevano il sipario; l’ingresso di Monterone dall’entrata della platea; l’ultima uscita del Duca che si è esibito da un loggione; il dialogo tra Rigoletto e Sparafucile nel proscenio a sipario abbassato; le scene riprendono, fin dall’incipit, la struttura del teatro con gli stessi affreschi come se tutti dovessimo partecipare allo scempio, come se fossimo obbligati a immergerci nell’opera. Ci ha pure colpito Rigoletto con la valigia, che sottende l’idea della trasformazione e del viaggio, contribuisce a rendere evidente la dicotomia verità (padre) vs apparenza (buffone di corte), e che forse rimanda alla canzone di Francesco De Gregori La valigia dell’attore.  Tanto le semplici scene firmate da Davide Amadei, basate su pannelli che si compongono e si scompongono e su un piano inclinato, tanto le luci di Claudio Schmid contribuiscono a dare spessore drammatico all’opera e a volte addirittura partecipano a quanto avviene. Ad esempio, nella notte di tempesta, quasi alla fine dell’opera, lo stesso sipario si abbassa in modo irregolare a rappresentare l’iniquità di quanto stava succedendo e il dramma che di lì a poco si sarebbe consumato, ben lontano da quanto deterministicamente aveva progettato Rigoletto.

0574rigolettoLa direzione musicale di Fabrizio Cassi, sul podio dell’Orchestra dell’Opera Italiana, ha sostenuto la messa in scena e i cantanti, senza però caratterizzarsi specificatamente. Sembrava essere ancilla dello spettacolo, non interessata a offrire altro contributo se non quello legato al sostegno di quanto stava avvenendo sul palco.

Rispetto al cast, è doveroso dire che, nonostante la giovane età e la relativa poca esperienza, nel complesso tutti hanno onorato il proprio ruolo, venendo fuori maggiormente nel secondo atto, eccetto Luis Choi (Rigoletto). Il baritono coreano, fin da subito, ha dato prova di notevole espressività vocale, di maturità professionale, di grande energia e di un’interessante vocalità. Buona la sua emissione di voce, l’estensione e la tenuta. Magnifica la sua mimica facciale capace di rendere tutte le sfumature di un personaggio complesso come quello di Rigoletto e capace di accentrare su di sé l’attenzione del pubblico. Forse è necessario un lavoro più profondo sulla dizione: nonostante non ci siano deficienze nel fraseggio, si avverte un accento straniero che poco si addice alla parte.

Il giovane Raffaele Abete ha saputo ben confrontarsi con una delle più impervie partiture da tenore del repertorio verdiano. La sua anima partenopea, da scugnizzo napoletano, la buona tecnica e la vocalità pulita e robusta gli hanno 0965rigolettoconsentito di ben destreggiarsi nel ruolo, adattandolo alle sue peculiarità.

Veronica Marini (Gilda), fra tutti, è quello che maggiormente ha rappresentato un diesel. Poco convincente e non nel ruolo nella prima parte, non essendo capace di interpretare l’anima narcisistica e da diva data al suo personaggio dal regista. Si è, invece, espressa con convinzione nel secondo atto rendendo pienamente tutta la drammaticità del ruolo.

Fra i comprimari si distinguono Michele Patti che ha ben reso la figura di Marullo, caratterizzandosi oltre per un voce luminosa, anche per un’impressionante verve scenica. Lara Rotili ha ben reso la sensualità di Maddalena sia vocalmente sia fisicamente. Buona la vocalità di Marianna Mennitti che indossa i panni de La contessa di Ceprano e di Un paggio, interessante la performance di Manuel Amati (Matteo Borsa) dotato di una bella energia, e piena e rotonda la voce di Cristian Saitta (Sparafucile).

Nel complesso un buono spettacolo, molto apprezzato dai presenti e proposto in un teatro che è proprio un piccolo gioiello della provincia di Parma. Per chi fosse interessato, si ricorda che le recite continuano oggi, venerdì 29, sabato 30 aprile, sabato 7, domenica 8 maggio 2016.
Annunziato Gentiluomo

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