Martedì 12 marzo 2019, alle ore 20, il Regio di Torino mette in scena il nuovo allestimento dell’opera Agnese di Ferdinando Paer (1771-1839), che catalizzerà la curiosità del pubblico e l’attenzione della critica attorno a questo titolo, proposto in prima rappresentazione moderna. L’Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino, diretti da Diego Fasolis, riporteranno
Martedì 12 marzo 2019, alle ore 20, il Regio di Torino mette in scena il nuovo allestimento dell’opera Agnese di Ferdinando Paer (1771-1839), che catalizzerà la curiosità del pubblico e l’attenzione della critica attorno a questo titolo, proposto in prima rappresentazione moderna.
L’Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino, diretti da Diego Fasolis, riporteranno alla luce una gemma dimenticata del melodramma italiano di primo Ottocento: l’opera semiseria Agnese, del parmense di origini austriache Ferdinando Paër. Il nuovo allestimento del Regio vede Leo Muscato alla regia e come interpreti María Rey-Joly (Agnese), Markus Werba (Uberto), Edgardo Rocha (Ernesto), Filippo Morace (Don Pasquale), Andrea Giovannini (Don Girolamo), Lucia Cirillo (Carlotta), Giulia Della Peruta (Vespina) e Federico Benetti (il custode). Istruisce il coro Andrea Secchi.
La riscoperta di Agnese nasce nel 2008 con una registrazione in forma di concerto diretta proprio da Diego Fasolis (che torna sul podio del Regio dopo il Così fan tutte della Stagione 2017-2018), che ci ha raccontato: Agnese è solo una delle opere straordinarie che giacciono in archivi più o meno noti e prestigiosi. Molti Teatri iniziano a voler e dover proporre novità al proprio pubblico. Funziona bene con il Barocco, spesso con strumenti originali, e piano piano si avanza con curiosità ed entusiasmo verso epoche più vicine e altrettanto ricche. Sono stimolato da qualsiasi repertorio che permetta di costruire con i musicisti un’intesa a beneficio della qualità del lavoro e della vita che passa poi al pubblico, che ci auguriamo di incantare con Agnese. Sognare, commuoversi, sorridere e piangere in un bel sogno a lieto fine. Questo è Agnese di Paer.
Nella sua carriera, Diego Fasolis si è distinto per l’attenzione alle interpretazioni storiche e ai titoli di repertorio barocco e classico meno eseguiti. Le sue letture scrupolose ma mai dogmatiche gli sono valse prestigiosissime collaborazioni e decine di incisioni discografiche, tra cui due premiate con l’ECHO Klassik 2013 nelle sezioni Prima registrazione mondiale (per l’album Mission con Cecilia Bartoli) e Opera dell’anno (per l’Artaserse di Vinci, alla guida dell’orchestra Concerto Köln).
Leo Muscato, che ha vinto nel 2013 il Premio Abbiati come miglior regista d’opera e nel 2016 l’International Opera Award assegnato dalla Fondazione Verona per l’Arena, è alla sua seconda prova sul palcoscenico del Regio, dopo L’Incoronazione di Dario (Stagione 2016-2017); il titolo, non di repertorio e in bilico tra registro drammatico e interventi buffi dell’opera semiseria, ben si presta alla lettura di un regista che da qualche anno si occupa di ricerca sulle diverse possibilità espressive dei quattro principali registri interpretativi: Tragico, Drammatico, Commedia e Comicità.
Un’occasione unica per riscoprire il capolavoro di uno dei massimi esponenti internazionali della musica italiana del suo tempo: tra il 1792, anno del primo vero successo, e i primi decenni dell’Ottocento, le opere di Paer raccolsero grandi consensi nei principali teatri europei. Paer lavorò a Vienna, alla corte di Dresda per Federico Augusto III di Sassonia, fu compositore imperiale di Napoleone Bonaparte, dal 1813 direttore del Théâtre Italien di Parigi, ruolo mantenuto tra alterne vicende fino al 1827, quando gli successe Gioachino Rossini, e infine insegnante di composizione al Conservatorio parigino. Una carriera di tutto rispetto, dunque, e arricchita da moltissimi successi di pubblico e di critica. Nella sua ricchissima produzione, che conta più di 50 opere, oltre a brani di musica sacra, orchestrale e da camera, Agnese (1809) spiccò da subito per l’audacia del tema, che divise il pubblico tra lo scandalo per le scene di follia e la commozione per l’espressività della musica, ma seppe conquistare anche l’ammirazione di grandi autori quali Berlioz e Chopin; il grande successo le valse decine e decine di repliche nei teatri di tutto il mondo, dalla Scala di Milano alla lontana Città del Messico, fino agli anni ’50 dell’Ottocento. L’oblio nel quale è scivolata l’opera da allora in poi, oscurata da più celebre repertorio, nasconde in realtà un titolo assolutamente moderno e vivace, in costante equilibrio tra dramma e leggerezza, dal raro lieto fine in cui trionfano i temi, umanissimi, della fiducia e del perdono.
Agnese è fuggita con l’amante Ernesto, da cui ha avuto una figlia; tradita e abbandonata, torna per chiedere perdono e riabbracciare il padre Uberto. Lo trova però rinchiuso in manicomio, in preda alla follia per averla creduta morta. Saranno una geniale intuizione del medico Don Girolamo e il potere del ricordo e della musica a restituire la ragione a Uberto e ad Agnese l’amore di suo padre e di Ernesto, in un commovente e raro lieto fine.
Come in un dramma contemporaneo, il libretto di Luigi Buonavoglia mette in scena rapporti e legami che vanno ricuciti e sentimenti feriti che possono essere sanati, e modernamente descrive la follia non come condizione “romantica”, orribile e fatale, ma come una malattia, che può essere curata e finanche guarita.
Tutto questo fa di Agnese una pagina di teatro originale e di grande interesse, dove Paer dispiega, oltre a una grande modernità compositiva, anche una capacità drammaturgica fuori dal comune, che impiega la musica a favore della scena con magistrale equilibrio tra momenti espressivi, comicità e azione.
Agnese sarà il soprano spagnolo María Rey-Joly: formatasi con grandi nomi della lirica quali Brigitte Fassbaender, Raina Kabaiwanska e Plácido Domingo, ha vinto il primo premio nell’VIII Concorso internazionale “Francisco Alonso” di Madrid, ed è interprete versatile e dall’ampio repertorio, che va dalla zarzuela alle principali figure femminili mozartiane. Il baritono austriaco Markus Werba (Uberto) torna sul palcoscenico del Regio dopo il brillante Papageno interpretato nel 2017; dopo il debutto a soli 25 anni al Piccolo di Milano in Così fan tutte, ultima regia di Strehler, ha calcato i principali palcoscenici mondiali, come quelli della Royal Opera House Covent Garden, del Metropolitan Opera New York e della Wiener Staatsoper. Nei panni di Ernesto troviamo il tenore Edgardo Rocha, che abbiamo già ascoltato al Regio in Così fan tutte (Stagione 2011/12) e Il turco in Italia (Stagione 2014/15). Dopo una formazione musicale completa ed eclettica -è diplomato in pianoforte e ha studiato direzione corale e d’orchestra- si è specializzato nel repertorio belcantistico; ha avuto la definitiva consacrazione di pubblico come interprete di Don Ramiro nel film La Cenerentola, una favola in diretta con la regia di Carlo Verdone e la direzione di Gianluigi Gelmetti. Le pagine comiche dell’opera sono affidate agli interventi di Don Pasquale, basso, che avrà la voce di Filippo Morace, vincitore del concorso Belli di Spoleto nel 1999 e che ha al suo attivo numerose interpretazioni in titoli barocchi e di repertorio storico. Completano il cast Andrea Giovannini come Don Girolamo, avanguardistico protomedico dell’ospedale dei folli, Lucia Cirillo (Carlotta), Giulia Della Peruta (Vespina), Federico Benetti (il custode dei pazzi).
Le scene di questa nuova produzione sono firmate da Federica Parolini, i costumi da Silvia Aymonino, le luci da Alessandro Verazzi.
Giuliano Castellani, per le Conferenze del Regio, mercoledì 6 marzo alle 17.30 al Piccolo Regio, curerà l’incontro a ingresso libero dal titolo Follia e amor filiale nell’opera di Paer.
Leave a Comment
Your email address will not be published. Required fields are marked with *