Al Regio Opera Festival, martedì 26, giovedì 28 e sabato 30 luglio alle ore 21.00 al Cortile di Palazzo Arsenale va in scena Don Checco, opera buffa in due atti di Nicola De Giosa su libretto di Almerindo Spadetta, revisione musicale a cura di Lorenzo Fico. Sul podio il direttore Francesco Ommassini alla guida di
Al Regio Opera Festival, martedì 26, giovedì 28 e sabato 30 luglio alle ore 21.00 al Cortile di Palazzo Arsenale va in scena Don Checco, opera buffa in due atti di Nicola De Giosa su libretto di Almerindo Spadetta, revisione musicale a cura di Lorenzo Fico.
Sul podio il direttore Francesco Ommassini alla guida di Orchestra e Coro del Regio, quest’ultimo istruito dal maestro Andrea Secchi. La regia è di Mariano Bauduin, che lo scorso anno ci ha fatto scoprire e divertire con La serva padrona e Pimpinone; le scene sono di Claudia Boasso, i costumi di Laura Viglione, le luci di Lorenzo Maletto. Il nuovo allestimento è in coproduzione con la Provincia di Lecce. Tra i protagonisti: Domenico Colaianni, Carmine Monaco, Michela Antenucci, David Ferri Durà e Mario Brancaccio.
Debutto al Teatro Regio per il maestro Francesco Ommassini: nato a Venezia, ha compiuto gli studi musicali di violino e composizione nella sua città diplomandosi con il massimo dei voti e la lode. Dall’esordio nel 2012 nella direzione d’orchestra la sua carriera lo ha portato a esibirsi sia in campo lirico sia sinfonico in importanti teatri (San Carlo di Napoli, La Fenice di Venezia, Filarmonico di Verona e Bellini di Catania per citarne solo alcuni) e festival. Di particolare interesse si segnala la prima esecuzione in tempi moderni dell’opera Zenobia in Palmira di Paisiello a Napoli nell’ambito delle celebrazioni per i 200 anni dalla morte del compositore. Dal 2014 al 2019 è stato Direttore musicale dell’Orchestra Regionale del Veneto “Filarmonia Veneta”. Dal 2019 è direttore d’orchestra residente presso la Fondazione Arena di Verona.
Graditissimo ritorno al Regio Opera Festival di Mariano Bauduin, per 22 anni braccio destro di Roberto De Simone, fondatore del “The Beggars’ Theatre – Il Teatro dei Mendicanti” nella degradata periferia Est di Napoli, dove impegno civile e solidarietà si combinano con un altissimo livello artistico e professionale. Afferma il regista: Della passione di Re Ferdinando per Don Checco tutto si sa, così come della sua importante fortuna. Nell’800 gli autori più importanti del genere della farsa e della parodia sono Pasquale Altavilla e Antonio Petito, quest’ultimo Celebre Pulcinella, storico attore del Teatro San Carlino, maschera poi evolutasi in quella più borghese di Felice Sciosciammocca, alias Eduardo Scarpetta, padre dei tre fratelli De Filippo. Identità comune: trasmissione della tradizione teatrale, e qui non si tratta solo di mestiere di scrittura teatrale, ma di un’antichissima prassi esecutiva, dove improvvisazione, lazzi e battute erano ancora il retaggio di una Commedia dell’Arte pulsante e vivace.
Per la regia del Don Checco ho immaginato di riferirmi a questo mondo ormai quasi del tutto dimenticato. Partendo dalla rielaborazione totale dei dialoghi parlati, ho provato a mettere in evidenza tali prassi, ripristinando, evocando o inventando dialoghi e situazioni comiche; in più ho chiesto alla scenografa Claudia Boasso di elaborare un esterno più che un interno: una vicolo di Napoli in cui ho immaginato che, oltre alla taverna di Bartolaccio, facesse da dirimpettaio anche l’ingresso del Teatro San Carlino, quasi come se quel Teatro e la sua anima antica vivessero oltre che nella storia; il personaggio di Don Checco è diventato lo stesso Antonio Petito e il suo Pulcinella, e così tutti gli altri personaggi a cui ho restituito quel linguaggio scenico e poetico del teatro di parodia di metà Ottocento. Ho aggiunto, inoltre, il personaggio di Don Mario Luzi, storico impresario del Teatro San Carlino, anch’egli una parodia di sé stesso, come si trova in moltissime commedie di “teatro nel teatro”.
Tra la fine del Seicento e il primo Ottocento, Napoli fu la capitale musicale italiana, capace di esportare in tutta Europa i frutti della sua Scuola. Il Teatro Nuovo fu il “santuario” del teatro comico e qui nel 1850 debutta Don Checco, capolavoro di Nicola De Giosa compositore barese di scuola napoletana. Il titolo, nonostante le perplessità della critica, ebbe una fortuna di pubblico eccezionale: fu replicato per più di novanta sere tanto che l’opera l’anno seguente ebbe accesso al palcoscenico del San Carlo, dal quale questo tipo di repertorio era normalmente escluso. Sono stati contati almeno 72 allestimenti, in Italia e all’estero, tra il debutto e il 1887, ma le sue produzioni si protrassero fino all’inizio del XX secolo, e ancora nel 1919 Ricordi ne ristampò lo spartito.
La vicenda del Don Checco è quella tipica: l’amore di una coppia di giovani è contrastato dal padre di lei, ma l’arrivo del protagonista, inseguito dai creditori, che si esprime in dialetto ma è scambiato per un aristocratico travestito, condurrà al lieto fine attraverso l’immancabile smascheramento e il generoso intervento di un autentico nobile, osservatore marginale ma lui sì non riconosciuto, dell’intreccio.
Don Checco è il baritono Domenico Colaianni, già applauditissimo in questo ruolo nella produzione allestita dal Teatro San Carlo nel 2014 e l’anno successivo alla 41esima edizione del Festival della Valle d’Itria; al baritono Carmine Monaco è affidata la parte dell’oste Bartolaccio, che si oppone all’amore della figlia Fiorina, il soprano Michela Antenucci; il tenore David Ferri Durà è il garzone Carletto, innamorato della bella Fiorina. Completano il cast il basso Vladimir Sazdovski (il signor Roberto), il basso Francesco Auriemma (Succhiello Scorticone) e l’attore Mario Brancaccio che interpreta il ruolo comico di Don Mario Luzio.
Assolutamente da non perdere questo nuovo appuntamento del Regio Opera Festival…
Redazione di ArtInMovimento Magazine
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