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Della giustizia di una foglia gialla

Della giustizia di una foglia gialla

Erano i primi giorni del mese di novembre quando una foglia caduta su un prato decise di chiedere alla giustizia che le desse ragione su una faccenda che le stava molto a cuore. Si rivolse in prima istanza al Tribunale dei Colori della Terra: – Perdonatemi Egregi Signori ma vi par giusto che io sia

Erano i primi giorni del mese di novembre quando una foglia caduta su un prato decise di chiedere alla giustizia che le desse ragione su una faccenda che le stava molto a cuore. Si rivolse in prima istanza al Tribunale dei Colori della Terra:
– Perdonatemi Egregi Signori ma vi par giusto che io sia qui, su questo prato verde come un campo di speranza, ad appoggiarmi mesta e spenta, incapace di muovere una sola punta, colorata di un giallo pallido che neppure il sole osa toccare? Io che sono stata foglia sul ramo più alto, che ho raccontato al vento la nascita del giorno, che ho indicato al merlo il campo della sua felicità? Io, che verde di meraviglia ho respirato l’aria rarefatta della nebbia, là dove nessuno che non ha ali può arrivare, fermarmi qui su questo campo che non ha visto altro che briciole di terra e zampe di formiche? Perché non sto tra i miei simili proprio nel finire dei miei giorni più belli?
La risposta del Tribunale dei Colori della Terra arrivò a stretto giro:
– Gent.ma foglia caduta sul campo, su quanto da lei richiesto non possiamo legiferare. Il colore da lei indossato è la sintesi perfetta di un viaggio che il tempo stesso ha plasmato con le proprie mani. E il tempo, lei sa, non ha piacere nel tornare indietro. La invitiamo a rivolgersi ad altra sede qualora il suo quesito resti insoddisfatto.
La foglia non fu turbata dalla risposta. Comprendeva le ragioni del Tribunale dei Colori della Terra. Fu per questo che decise di seguirne il consiglio rivolgendosi al Tribunale della Dimensioni della Terra:
– Perdonatemi Egregi Signori ma vi par giusto che io sia qui, su quest’erbetta che è tenera avventura di un semino fragile, piccola come il soffio di un bimbo spensierato, io, che sono intreccio di saperi organizzati del più grande esperimento che la Terra abbia mai creato, che sono strade e porti di respiri innamorati, che sono punte, sei, del sublime disegno del nostro incredibile pianeta? Non meriterei l’avventura di una posa tra i miei pari proprio nel finire dei miei giorni più belli?
La risposta del Tribunale delle Dimensioni della Terra fu egualmente rapida:
– Gent.ma foglia caduta sul campo, su quanto da lei richiesto non possiamo legiferare. Anche ciò che ha misura e orientamento soggiace alle leggi capricciose del vento. E il vento, lei sa, ammira le contraddizioni. La invitiamo a rivolgersi ad altra sede qualora il suo quesito resti insoddisfatto.
La foglia accolse la risposta con disagio: cominciava ad essere stanca e avvertiva l’ingombro del suo corpo enorme su quell’erbetta che era cresciuta spontanea non per accoglierla ma per ammirare lo spettacolo del cielo autunnale. Non rinunciò così a seguire il consiglio del Tribunale delle Dimensioni della Terra e domandò giustizia al Tribunale delle Domande che non hanno Risposte.
– Perdonatemi Egregi Signori ma vi par giusto che io sia qui, fragile nella mia grandezza, sostenuta dalla delicatezza di un’erba che è già speranza di domani, che è curiosità per ogni cosa che un filo possa toccare, che è ricerca appassionata di un cielo velato, che è silenzioso abbraccio di un sole assai lontano? Quest’erba che mi ha accolto senza far voce e a cui mai vorrei essere di fastidio? Quanto durerà l’ingombro di questo mio insieme di tessuti che vanno a spegnersi in attesa della prossima brina che mi darà la gioia di far da tetto a un fiore?
La risposta da parte del Tribunale delle Domande che non hanno Risposte non arrivò, naturalmente, e questa fu la risposta che la foglia attendeva. La più preziosa. Nel suo silenzio diceva: quando non c’è una risposta porre domande è già intravedere soluzioni.
Col cuore in pace la foglia accolse dunque i giorni che seguirono e cercò d’essere un’amica leggera per il campo che l’ospitava, ammirandone la forza nella fragilità di ciò che è più minuscolo su questa terra e la speranza di ciò che brilla anche laddove gli occhi, spesso, non riescono a guardare. E narrò della vita felice che era stata; e ascoltò la vita infreddolita che passava; e si stupì nell’immaginare la vita inimmaginabile che l’attendeva.

@GianniMicheli

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