Sicuramente pregevole il lavoro di promozione e sensibilizzazione della cultura alta e dell’opera in particolare, portato avanti da La Compagnia Amici del Piemonte, che ha messo in scena, domenica scorsa, presso il Teatro Salesiano della Crocetta a Torino, La vedova allegra. Uno spettacolo amatoriale, di cui, nonostante gli evidenti limiti, vi sono stati diversi aspetti
Sicuramente pregevole il lavoro di promozione e sensibilizzazione della cultura alta e dell’opera in particolare, portato avanti da La Compagnia Amici del Piemonte, che ha messo in scena, domenica scorsa, presso il Teatro Salesiano della Crocetta a Torino, La vedova allegra.
Uno spettacolo amatoriale, di cui, nonostante gli evidenti limiti, vi sono stati diversi aspetti positivi che riteniamo giusto segnalare.
Il primo si riferisce all’assetto musicale. La scelta di violino e pianoforte ha riscosso un buon successo, ed è comunque risultata soddisfacente a sostenere la pièce. Entrambi i musicisti, Stefania Visalli e Costantin Voicu, si sono espressi con estrema attenzione e precisione, muovendosi con leggiadria e pertinenza nella partitura di Franz Lehár.
Abbiamo apprezzato i costumi, colorati e vitali, il rimaneggiamento della sceneggiatura teatrale, attualizzata e resa ancora più ironica e diretta.
La regia di Anna Zamuner è stata nel complesso buona, anche se è parsa più curata quando sul palco c’erano pochi protagonisti. A volte è risultata invece un po’ dispersiva nei momenti corali. Semplici ma efficaci le coreografie di Laura Laforgia, dal buon valore energetico. Le scene essenziali hanno svolto la propria funzione come anche le luci, nell’occasione, curate da Marco Miletto.
I limiti più grandi si sono riscontrati nell’espressione vocale. Mentre scenicamente, tutti, nel complesso, hanno ben reso il proprio ruolo, vocalmente, a parte le due donne, il cast è parso realmente deficiente. Soprattutto all’inizio inoltre diversi sono stati gli attacchi poco precisi: o troppo precipitosi o in ritardo.
Passando in rassegna i protagonisti, possiamo ben tessere lodi per Laura Romo (Valancienne), dotata di buona tecnica, buon colore e buon timbro, di cui abbiamo apprezzato il suo mettersi in gioco anche in piccole coreografie. Riteniamo sia stata la migliore. È stata ben affiancata da Ilaria Lucille de Santis (Hanna Glawari) che si è mossa con buona energia e ha reso in modo pertinente, tanto scenicamente quanto vocalmente, il suo personaggio strappando il consenso del pubblico.
Ingessato, poco preciso e vocalmente non lirico Roberto Caccamese che non ha convinto nel ruolo del Conte Danilo. Privo di energia, di sensualità e anche delle contraddizioni vistose del suo personaggio, si è fatto trascinare dai suoi compagni, senza lasciare segno alcuno. Grandi limiti in termini di estensione, di appoggio e di emissione negli acuti del tenore Roberto Covatta (Camille de Rossillon), che è stato troppe volte molto impreciso. Chiaramente un ruolo poco adatto al suo registro, che lo ha costretto a sforzare e a perdere, di riflesso, il controllo del suo strumento. Scenicamente ha funzionato, anche se è parso poco virile. Fra tutti, ritenevamo fosse l’unico cantante professionista e per questo la delusione è stata ancora più marcata.
Buona invece l’interpretazione del Barone Zeta da parte di Raffaele Montagnoli che si è mosso in modo spigliato, ben tratteggiando le caratteristiche del proprio personaggio. Ricca e spiritosa la performance di Claudio Bertoni (Njegus) che ha retto magnificamente l’orchestrazione scenica con grande verve e simpatia. Ha saputo personalizzare il suo ruolo, arrivando al pubblico e risultando convincente in ogni suo ingresso. Frizzante e caricaturale la stessa regista nei panni di Silvana.
Rimaniamo in attesa della prossima produzione che sarà La bohème domenica 8 maggio.
Annunziato Gentiluomo
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