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Il 15 dicembre la prima de “La traviata” al Carlo Felice

Il 15 dicembre la prima de “La traviata” al Carlo Felice

Da giovedì 15 dicembre alle ore 20.30, al Teatro Carlo Felice, per praticamente tutto il mese, andrà in scena La traviata, melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave, capolavoro drammaturgico tratto dal dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, a dirigerla sarà la bacchetta di Massimo Zanetti

carlo felice genova pintarestDa giovedì 15 dicembre alle ore 20.30, al Teatro Carlo Felice, per praticamente tutto il mese, andrà in scena La traviata, melodramma in tre atti di Giuseppe Verdi, su libretto di Francesco Maria Piave, capolavoro drammaturgico tratto dal dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, a dirigerla sarà la bacchetta di Massimo Zanetti che si alternerà con Alvise Casellati. Le altre recite saranno sabato 17 dicembre alle ore 15.30, domenica 18 alle ore 15.30, martedì 20 alle ore 15.30, mercoledì 21 alle ore 20.30, martedì 27 alle ore 20.30, Mercoledì 28 alle ore 20.30 e giovedì 29 alle ore 15.30.
Il Carlo Felice propone un proprio nuovo allestimento con la regia di Giorgio Gallione, che, parallelamente alla sua trentennale attività di direttore artistico del Teatro dell’Archivolto di Genova, ha realizzato numerose regie di opere liriche, spaziando dai titoli di repertorio a quelli contemporanei. Le scene e i costumi sono firmate da Guido Fiorato, le luci di Luciano Novelli e le coreografie di Giovanni Di Cicco.
È proprio con Fiorato, spiega Gallione che abbiamo pensato di ambientare l’opera in un luogo stilizzato, antirealistico, simbolico, sterile, dove dominano vetro e ghiaccio, virato in un bianco e nero “ferito”, solo talvolta, dal rosso del sangue e della vita che, comunque, pulsa.
attoi-4Forse Violetta muore già nel preludio e l’opera è tutto un allucinato flash back visionario e spettrale. Siamo, anche nei momenti di gioia, imprigionati in una sorta di perenne moritat dove, grazie alla musica di Verdi, il dolore è trasfigurato in modo sublime, ma dove la speranza è assente e la vita rischia di essere nient’altro che una tragica carnevalata.
Nel cast spiccano i nomi di Desirée Rancatore, nel ruolo di Violetta Valéry; Marta Leung sarà Flora Daniela Mazzucato Annina. Il ruolo di Alfredo Germont sarà affidato a Giuseppe Filianoti, mentre Giorgio Germont sarà interpretato da Vladimir Stoyanov. Completano il cast Didier Pieri (Gastone), Paolo Orecchia (Barone), Stefano Marchisio (Marchese) e Manrico Signorini (Dottor Grenvil).
Ne La traviata di Verdi e Piave non ci sono re, regine, intrighi di corte o monumentali scenografie pseudostoriche. La protagonista, Violetta Valery, non è una figura nobile, è una donna di facili costumi. Il coro è un’incarnazione di quella stessa società a cui apparteneva il pubblico che il 6 marzo del 1853 andò al Teatro La Fenice di Venezia per assistere alla prima. E la vicenda non è un’invenzione letteraria, ma è ispirata a fatti realmente accaduti nella Parigi di una decina d’anni prima, così come li aveva raccontati Alexandre Dumas figlio nel romanzo La signora delle camelie. Portare la contemporaneità in scena non è mai stato facile, oggi come ai tempi di Giuseppe Verdi. La censura si attoiiiscandalizzò già a partire dal titolo, che propose di sostituire con Amore e morte, imponendo, in più, una retrodatazione settecentesca, in modo che il pubblico non si sentisse chiamato in causa in prima persona. Le precauzioni censorie, però, non servirono a granché: la prima di Traviata fu un diluvio di fischi e proteste e rimarrà una della “cadute” più clamorose nella storia del teatro d’opera.
Se il soggetto era troppo scabroso per i melomani di allora, la musica non era meno spiazzante. L’audacia della trama mise in moto la creatività di Verdi che, sull’onda di quanto appena sperimentato con Rigoletto, si lanciò in un’altra avventura musicalmente innovativa. Il Preludio a sipario chiuso, ad esempio, non è solo una sintesi dei temi conduttori che si ascolteranno in seguito (quello della morte di Violetta e quello del suo amore per Alfredo). A questa prassi consolidata Verdi dà un significato emotivo nuovo, come se rappresentare fin dall’inizio l’umanità della protagonista, prima ancora che entri in scena, fosse più importante che rispettare i canoni operistici. Le tante anime della personalità di Violetta – spensierata cocotte nel primo atto, compagna fedele di Alfredo nel secondo, capro espiatorio del perbenismo borghese nel terzo – hanno inoltre ispirato Verdi a tre trattamenti vocali differenti, per i quali, come è noto, occorre una interprete di grande elasticità. E poi, il vero miracolo dell’opera: da un libretto in cui i personaggi si esprimono più in prosa che in poesia, Verdi estrae le sue melodie più cantabili, come nel lungo dialogo in cui il padre di Alfredo, Giorgio Germont, costringe Violetta a rinunciare all’amore per il figlio in nome dell’onore della famiglia. La musica, in questa scena memorabile, porta a galla le emozioni nascoste dietro le parole. E così Verdi dimostra una volta per tutte, modernissimo, che una situazione prosaica può essere fonte di poesia non meno di un mito.
Redazione di ArtInMovimento Magazine

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