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La vie bohème di Alice Fiasconaro: la storia-intervista di una diciannovenne diversa dalle altre

La vie bohème di Alice Fiasconaro: la storia-intervista di una diciannovenne diversa dalle altre

Questa è la storia di un uomo qualunque, è la storia di nessuno, o forse quella di qualcuno che si guarda allo specchio. […] La storia di un ragazzo che era come tanti altri. Era solo diverso dagli altri. (L’infinita gioia di un bohémien, Prefazione al manoscritto) Alice Fiasconaro è una bohémien. Potrà non ammetterlo,

Questa è la storia di un uomo qualunque, è la storia di nessuno, o forse quella di qualcuno che si guarda allo specchio. […] La storia di un ragazzo che era come tanti altri. Era solo diverso dagli altri. (L’infinita gioia di un bohémien, Prefazione al manoscritto)

Alice Fiasconaro è una bohémien. Potrà non ammetterlo, ma lo è: eccome se lo è.

Lo è quando confusamente ci confida10453458_713510802078744_4887669040316022420_n: «vorrei, eppure non posso. Forse riesco solo a raccontare dei bohémien. Se tu vuoi esserlo – continua – forse non lo sarai mai. Forse Alice ha un debole per i bohémien, li adora. Racconterà, fotograferà i bohémien. Eppure non lo sarà mai».

La vie Bohéme di Alice inizia qualche anno fa, per caso. Sono ormai passati quasi due anni, infatti, da quando la bresciana dalla dolce penna partorì la sua opera prima, L’infinita gioia di un bohémien: visionaria short story che, resoconto delle metamorfosi di un individuo multiforme (un uomo che «forse io non ho mai conosciuto fino in fondo e un uomo che non conoscerò mai), è approdata in teatro, al Comunale di Palazzolo sull’Oglio, lo scorso 24 ottobre.

Un po’ timida, «un po’ pazza» – non ha paura di ammetterlo, nonostante il rischio di «farvi preoccupare» – Alice è da sempre in cerca di sé stessa: «ti direi che ancora non so bene chi è Alice, me lo chiedo un po’ tutte le mattine appena sveglia». O forse ha smesso di chiederselo. Come il multifacce protagonista del suo racconto, Alice è un’outsider, il baudelairiano flâneur: le piace guardare il mondo in modo diverso.

Quando le chiediamo della passione per la scrittura non cita libri né autori. Spiega che «10589851_714306611999163_1096576822_nti viene da scrivere quando trovi nella realtà un’ispirazione». Capiamo che non crede alla geniale reclusione della Dickinson, né al neoclassico “sopra pensieri nuovi facciamo versi antichi” di Chenier: non è al Leopardi chiuso nella prigione recanatese che pensa. «Sei uno scrittore» – lungi da ogni entusiasmo, furore o qualsivoglia invasamento divino – quando «qualcosa dall’esterno ti colpisce e nasce in te la voglia di esprimerlo»: sia esso un affetto, un pensiero, un clochard (come nel suo caso). Quanto a quest’ultimo, «potrei dire che i bohémien sono degli artisti di strada, famosi nella parigi dell’Ottocento; ma potresti già vederli uscendo da qui, Bologna ne è piena!». Cantori, musicisti, artisti dalle quotidiane epifanie, i bohémien di Alice sono gli stessi di Murger, Baudelaire o Puccini; ma sono anche «persone a cui piace fare arte per strada». Di questi piccoli-grandi uomini parla Alice, li adora. «Adoro fotografarli ovunque»: e L’infinita gioia di un bohémien è la più bella fotografia che potesse fargli.

Il testo, inizialmente non concepito per la messa in scena e il cui titolo è una suggestione da un pezzo dei Verdena (L’infinita gioia di Henry Bahus), parla di un bohémien poliforme. Tutto gli è possibile: può essere uno scrittore, un coltivatore di caffè, un guardiano del faro; così come un minatore o un alpinista. Un everyman moderno, un uomo senza nome. Un viaggio nel mondo delle maschere, la storia di un uomo qualunque «assente e sempre presente sulla carta ma anche nella vita vera».

Mettere in scena il testo non è stato facile. In questo la giovane Alice è stata aiutata (su tutti da Giulia Rossi, attrice ex damsiana, specializzatasi all’Accademia milanese Paolo Grassi; e dai tecnici Enrico Capoferri e Diego Ferrari). Risultato, pochi oggetti sulla scena, assenza di dialogo, tutto basato sul corpo: teatro povero.

È così che Alice, matricola damsiana con all’attivo la sola lettura di qualche 10822628_714306558665835_1251777612_npièce di teatro classico (da Sofocle a Shakespeare), si abbandona, senza saperlo, all’esperienza nuovo-teatrale: dal teatro povero al teatro narrazione. Anzitutto però, il suo è teatro libero, senza conoscenze pregresse, di improvvisazione: «l’abbiamo chiamato “a prova aperta”». Senza peli sulla lingua poi continua: «ho visto un palco e ho detto “cavolo, secondo me questo bohémien potrebbe starci sul palco! Proviamo a vedere cosa succede!” Così abbiamo suonato chitarre, percussioni: una prova aperta. Abbiamo proiettato lo spettacolo di strada sul palco».

«Guardandomi intorno ho scoperto: cavoli, a me questo mondo povero piace!» È l’apoteosi del mondo che tutti guardiamo dall’alto, magari avvicinandosi solo per depositare una monetina in un cartone o in un cappello. «C’è del bello a entrare in questo mondo». Risuona forte il motto del Living: the theater is in the street!

Theatrum mundi: Il teatro del mondo.

Monodramma, rivista o spettacolo da camera, la pièce della giovane bresciana è soprattutto uno spettacolo di strada: uno “spettacolo di strada in teatro”. Una coraggiosa opera che speriamo Alice riesca a portare in giro per la penisola, nell’ormai sua Bologna, magari restituendola alla strada.

«Coraggiosa» perchè i confini tra arte e vita si confondono. Si tratta di mettere in gioco se stessi: nessuno scherzo. Alice l’ha fatto, conscia che «per quanto pericoloso, spaventoso possa essere, solo in questo modo si è veramente efficaci». L’arte coincide con la vita. O forse la vita tende costantemente all’arte.Matisse - La danza

Ringraziamo Alice per la disponibilità, la gentilezza di offrirci la lettura del testo originale (che speriamo possa pubblicare al più presto!).

L’ennesima testimonianza di uno straordinario giovane talento, linfa vitale per un ambiente, quello teatrale, che è sempre più elitario.

L’infinita gioia di un bohémien. Dalla «malinconia serale di Bukowski» alla «frenesia di Kerouac» o alla «follia di Edgar Allan Poe»: Alice ci porta on the road. Un viaggio povero, essenziale, che non può che concludersi danzando, con Matisse, nei suoi quadri che non si proiettano sul pavimento e sulle pareti ma vivono unicamente di colore e di luce in un universo parallelo, dove non esistono ombre.

Giuseppe Parasporo

[Fonti delle immagini: facebook.com; sergiotomasi.it]

In corsivo le citazioni dal manoscritto: Alice Fiasconaro – L’infinita gioia di un bohémien. Tutti i diritti sono riservati. ©

 

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