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“Pagliacci” al Regio con un’appassionata direzione musicale firmata Nicola Luisotti

“Pagliacci” al Regio con un’appassionata direzione musicale firmata Nicola Luisotti

Dall’11 al 22 gennaio al Teatro Regio di Torino è stato proposto Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Un proscenio vuoto. Un bambino entra in scena con abiti di scena, pare Arlecchino o Pagliaccio, e dà l’ok al direttore che inizia così il preludio. Quindi entra Tonio nei panni del Prologo e piano piano si dischiude l’ambientazione. Le

02_pagliacciDall’11 al 22 gennaio al Teatro Regio di Torino è stato proposto Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. Un proscenio vuoto. Un bambino entra in scena con abiti di scena, pare Arlecchino o Pagliaccio, e dà l’ok al direttore che inizia così il preludio. Quindi entra Tonio nei panni del Prologo e piano piano si dischiude l’ambientazione. Le scene di Paolo Ventura prevedono un rudere a sinistra, mentre a destra se ne intravede un altro in lontananza, proprio dietro all’area per lo spettacolo. Un vecchio palco.  Tutti in scena sono immobili e piano piano saranno attivati dal Tonio/Prologo. Tante macerie. La scritta sul muro: Vincere. Il post guerra, il momento di ricostruzione, di ripresa e la cultura avvicina, unisce. Arlecchino è tra il pubblico, a voler portare in scena i presenti che si immedesimano in lui. Entrano gli artisti di strada. Un mulo e un carretto. La processione 06_pagliaccicon la Madonna. Un filo di luci colorate lega il palco dal rudere dove Arlecchino comunica con Nedda.
Quest’ultima è come la Lupa, aggressiva, arrabbiata: un personaggio rivisto da Gabriele Lavia che pare così citare il proprio film. La scena del tentato stupro passa quasi inosservata: è edulcorata, in linea con questa Nedda laviana sicuramente determinata e forte. Il secondo atto inizia come il primo: tutti sono immobili in scena, e piano piano prendono vita. Sono gli stessi attori a divenire plasticamente gli oggetti scenici dello spettacolo: essi diventano finestra, sedia e tutto ciò che serve. Non abbiamo apprezzato il gesto scenico di Vesti la giubba dove il tenore non segue con gli atti il libretto.
Il realismo verista dell’opera non viene ben reso dal regista più preoccupato di far emergere le contrapposizioni di colore, 12_pagliacciricorrendo agli artisti di strada, in particolare i quattro  sui trampoli, piuttosto che il dramma esistenziale che si sta consumando. Un modo per esasperare i contrasti, ma che a volte stempera troppo quella drammaticità propria dell’opera di Leoncavallo. Forse vuole ricreare l’atmosfera sospesa di quegli anni, ma la sua direzione si ancora alla tradizione, senza alcuna personale punta di innovazione se non l’Arlecchino di Peppe che sbuca dalla platea e richiama su di sé le luci di sala.
Il tutto risulta eccessivamente statico eccetto per la presenza dei due artisti di strada e per qualche loro ruota agita sul palco. Soprattutto il finale risente di tale immobilismo: i due omicidi di Canio/Pagliaccio non vengono tratteggiati a dovere e rimane alla musica il climax che colpisce e commuove. Un altro fermo immagine e Tonio che uscendo dall’istantanea esclama: La commedia è finita.
09_pagliacciConvince la direzione di Nicola Luisotti che interpreta sapientemente la ricca partitura. Appassionato istruisce la propria orchestra che colora con maestria i brani sinfonici e sostiene la parte vocale, dove la melodia serve a dare libero sfogo alle passioni e agli stati emotivi.
Buona la performance vocale del coro, preparato da Claudio Fenoglio, che in scena risulta un po’ ingessato.
Passando ai solisti invece, abbiamo molto apprezzato Roberto Frontali che ha reso straordinariamente il ruolo di Tonio. Grande personalità scenica e bella vocalità  sono gli ingredienti vincenti del baritono che il regista valorizza lungamente.
Nel complesso molto buona la prova di Fabio Sartori che ha tratteggiato Canio/Pagliaccio con tinte sentimentali e malinconiche più che grette e maciste. La sua gelosia assoluta, che lo porterà all’insano gesto nel finale, appare infatti un po’ sbiadita. Una vocalità rotonda, un buon volume e una certa agilità nel registro acuto, caratteristiche che si esprimono 07_pagliaccipienamente nella celeberrima Vesti la giubba.
Erika Grimaldi veste correttamente, grazie ad una tecnica solida, i panni di Nedda/Colombina, anche se la sua vocalità non pare idonea al ruolo. Il suo fraseggio non sempre è perfetto.
Juan José de León rende in modo più che soddisfacente il ruolo di Peppe/Arlecchino, grazie alla sua vocalità luminosa e proiettiva, a una buona tecnica e un corretto fraseggio.
Decorosa la performance di Andrzej Filończyk (Silvio) e corretti Vladimir Jurlin (Primo contadino) e Sabino Gaita (Secondo contadino).
Il pubblico della prima (11 gennaio 2017), non molto numeroso, ha ben accolto l’allestimento, con fragorosi applausi.
Annunziato Gentiluomo

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